Io sul voto la vedo così.
Il voto è FONDAMENTALE, soprattutto ora che ci sono indici come Metacritic. Se non metti il voto non esisti, punto. Al tempo stesso, se non metti il voto, della tua testata si parla molto meno. Senza i voti gliene fotterebbe a qualcuno, in rete, delle recensioni di Edge? Sono un gancio da link a cui nessuno può rinunciare.
E i voti devono essere tendenzialmente alti, sempre. I voti bassi non servono a niente perché, per due lettori che guadagni dimostrando il tuo rigore, perdi 100 quindicenni infuriati, che sono il motore dell'industria. Fai contenti i publisher, i lettori, tutti quanti. I lettori più esigenti, si suppone, leggeranno la recensione, e lì il gioco lo puoi anche massacrare, tanto a publisher e giovini interessa il voto. In questo modo rendi il voto inutile senza doverlo togliere. Distruggi il sistema dall'interno e sono tutti felici. Questo ovviamente vale per le produzioni circondate da un certo interesse. I giochi Atlus puoi anche farli recensire a Mosconi e dargli 02/100 che non se ne accorge nessuno.
Son d’accordo Max, però penso che, in riferimento all’approccio di
EDGE, il discorso diventi più controverso e in qualche modo esuli dalla tua lettura generale della situazione.
Secondo me, da almeno un lustro a questa parte, il problema di
EDGE è il suo ostinarsi a tenere una linea editoriale che conservi (soprattutto nei confronti delle recensioni) quella parvenza da esegeta algido, professionale e intransigente del videogioco, caratteristica della rivista. Si tratta di un atteggiamento obsoleto, che non si apparenta con l’attuale panorama videoludico e risulta quasi ridicolo se portato avanti da una testata che ha l’ambizione di fare informazione seria e professionale sull’intrattenimento elettronico.
Nel corso degli ultimi anni questo trend di
EDGE è diventato così asfissiante da farmi smettere totalmente di acquistare la rivista cartacea e di rimanere assai perplesso davanti alla maggior parte delle recensioni online. Dai in mano un gioco ‘medio di qualità’ a un recensore di
EDGE e stai sicuro che questi gli affibbierà sistematicamente un voto che va dal 4 al 6, dicendo “sì, a tratti, bellino… però la grafica è così così, però l’innovazione manca (ed
EDGE ha un’idea del concetto d’innovazione nel videogioco ferma agli anni Novanta), però se confrontato al titolo AAA ci rimette (ma dai? Ma non mi dire… Il maresciallo de La Palice è morto nel 1.525, per la cronaca)”.
A mio avviso, il problema di
EDGE sta TUTTO qui, ma non è da poco. Oggi, chi vuole fare informazione seria sui videogiochi, come millanta
EDGE, penso che debba giocoforza tenere una linea morbida e appassionata, dove esperienza ed entusiasmo siano il propellente per una critica poliedrica e sensata ai prodotti. E questo si vede proprio sui giochi medi, che spesso restano tutti coagulati in una gelatina polimorfa, compressa tra i titoli di alta qualità e quelli commerciali mainstream. All’interno di questa magmatica ‘terra di mezzo’, si muovono prodotti effettivamente di merda, ma anche titoli che offrono un crogiuolo di buone idee, di design alternativo, di efficace immediatezza ludica senza pretese e, talvolta, di sperimentazione (quest’ultima sempre meno arrischiata dalle grandi produzioni, che si limitano troppo spesso a riassemblare quelle quattro idee ‘vincenti’).
Saper distinguere e valorizzare opportunamente i ‘giochi medi di qualità’ è la RAGION D’ESSERE della moderna rivista di videogiochi che pretende di risultare SERIA. Metterli tutti sullo stesso piano, annulla l’utilità stessa di una testata di settore, perché non discerne, non titilla il lettore, non lo spinge a sperimentare e ad apprezzare certi aspetti del videogioco (aspetti anche minori, ma non per questo meno interessanti). Non crea, soprattutto, una voce che orienti diversamente un mercato videoludico sempre più convoluto. Inutile poi lamentarsi che i videogiocatori sono per lo più quindicenni anestetizzati da
Call of Duty. Inutile dire che “
EDGE non avrà capito
ZOE 2, però a quasi tutti i giochi veramente belli ha dato un buon giudizio”. Un buon giudizio ai “giochi veramente belli” oggi te lo da pure
RollingStone,
Repubblica XL o la rivistina del MediaWorld. Certo lo fanno con meno classe, ma il dissertare dei titoli AAA in maniera forbita, quando al contempo non si fa praticamente distinzione tra uno
Shadows of the Damned e un
Conduit 2, diventa uno sterile esercizio di stile.
Sebbene non abbia avuto tra le mani un solo numero di
EDGE da circa un anno, sono convinto che la rivista sia rimasta stilosa, ben presentata, con qualche speciale interessante e formalmente ben scritta, quindi, tutto sommato, penso rimanga un prodotto di qualità. Ciononostante, a livello di critica, mi sembra che ormai debba scendere dal piedistallo, riacquistare un po’ di sano incanto verso la fruizione del videogioco e guardarsi un po’ meglio intorno, perché le review sono talmente vecchie dentro a livello d’approccio da risultare ridicolamente pedanti, come se Natalino Sapegno recensisse oggi l’ultimo libro d’Irvine Welsh
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