Muy bièn.
Alla vigilia di quarti e semifinali speravo fortemente che la Coppa andasse al Chelsea, ma viste poi le finaliste diventava d'obbligo il tifo per il Barcellona sfidante, piuttosto che per il Manchester più titolato e già campione in carica.
La discriminante tra la perfetta performance blaugrana e gli irriconoscibili Red Devils di ieri sera si sussume essenzialmente in un concetto: fame. Se, da quando la massima competizione continentale s'intitola Champions' League (con l'innalzamento del grado di difficoltà che ciò ha comportato), nessuno è mai riuscito a vincerla due volte consecutive, la ragione precipua è questa.
Partito meno contratto e più autoritario del Barça (perché meglio abituato al clima finalistico), il Man U, una volta gelato dalla terrificante combinazione fra Iniesta (centrocampista che ormai vale Gerrard) ed Eto'O (Il Centravanti per eccellenza del calcio mondiale), non era in grado di trovare dentro di sé quella rabbia necessaria per covare chances di rimonta. Persino l'hairdryer, negli spogliatoi, ha potuto ben poco, visto che dopo una ventina di minuti dall'intervallo Rio Ferdinand, difensore di esemplar concentrazione sulle palle alte, consegnava a Messi un regalo che non impacchettava da 4 anni (il beneficiario nell'occasione era stato Hernan Crespo
).
Il Barcellona, col suo calcio fuoriuscito direttamente dal mondo dei videogiochi, e l'implacabile fame di vittoria che lo ha consentito, vince con merito la sua terza Coppa dei Campioni. Torneo durante il quale soltanto una squadra gli si è dimostrata superiore.
E adesso: toscani vari di sport diversi, preparatevi a far la fine del Manchester.