Stimolato da Lost, mi sono preso un po' di tempo per rivederlo.
Non so, credo che un giorno Tarantino smetterà di girare film e finalmente potremo consegnarlo allo studio e alla critica per santificarlo come merita. La sua cinematografia è un vero e proprio ipertesto visivo (ma sì!) verso una generazione infinita di suggestioni, sensazioni e riferimenti culturali. Molto è stato già detto di questo film e non mi ripeto, quello che mi ha colpito stavolta è la dimensione "materica" dei soggetti, con cui affronta e illustra l'ultima era prima dell'informatica di massa. Uomini, donne, maschi, femmine, colori, tessuti, cuoio, denim, legno, sigarette, fumo, alcol, fisicità, corpi, bellezza, macchine (e relativa inquadratura), confronti, schiaffi, pugni, sangue, violenza e tanto altro. Tutto vero, nulla di sintetico, nulla di virtuale, un'era in cui la realtà indeclinabile può essere solo raccontata dalla finzione e viceversa.
Ma quello che mi sorprende di Tarantino è davvero il ricorso a registri contestuali, comunicativi e di genere che padroneggia magistralmente, portando lo spettatore in mondi in cui si rende necessario l'approfondimento.
Che cazzo di genio.