Ho giocato un centinaio di ore a questo gioco e finalmente ne posso parlare. Ho visto pressoché tutto ciò che il gioco aveva da offrire eccetto che per il super boss opzionale che non ho voglia di provare a sconfiggere. In realtà sono stato un po’ combattuto al riguardo e infatti avevo iniziato anche un po’ di grinding di fine gioco per prepararmi, ma poi, documentandomi sul web, ho realizzato che le strategie per questo boss sono un pelo troppo articolate e particolari. Anziché provare il piacere di batterlo con i miei mezzi, si tratterebbe di replicare strategie “estreme” pensate da altri e non c’ho voglia. Insomma, se il combattimento col super boss del
primo Octopath era stato per me uno degli apici dell’esperienza, lo stesso non posso dire per il seguito. E, andando avanti nella lettura di questo post, scoprirete che la sensazione che questo seguito non mi abbia appagato come il capostipite è pervasiva.
Riconosco che non sia facile da spiegare: in fin dei conti
OT2 è un more of the same che eredita ciò che di buono il primo capitolo aveva portato sul piatto e al contempo risponde a molte delle critiche che gli erano state mosse. Tuttavia, ho come l’impressione che queste “risposte” scricchiolino e siano frutto più di quello che gli sviluppatori ritenevano di “dover” (più che “voler”) fare.
Insomma, chi si avvicina a questo gioco avendo già giocato il prequel sa esattamente a cosa va incontro e quali siano i punti di forza del brand:
-carismatico comprato audiovisivo*
-combat system profondo e immediatamente soddisfacente
-profondità di elementi ruolistici che il gioco di ruolo di matrice giapponese aveva scelto di respingere sin da metà anni ’90: dalla profondità dell’equipaggiamento, alla varietà e ricchezza di villaggi e npc, fino alle interazioni con gli npc date dalle abilità dei personaggi
-una struttura almeno parzialmente “non lineare” che si presta ad essere “rotta” (con grande soddisfazione di un certo tipo di videogiocatore), se lo si desidera.
*(Dico subito che
OT2 è visivamente bellissimo, frutto di ulteriore esperienza da parte del team con L’HD-2D, ma la colonna sonora, pur bella e dal riconoscibile stile "alla octopath", risulta meno memorabile di quella di
OT1)
Per quel che concerne le debolezze, il brand di Octopath, che vorrebbe rievocare l’epoca d’oro di jrpg che rimanevano nel cuore forse più per gli aspetti estetico-narrativi che per quelli meccanici, presenta una scrittura che ha sempre aperto il fianco a qualche critica (e più in generale, secondo me, ciò vale per tutti i giochi del Team Asano). Da una parte abbiamo tematiche dal taglio più adulto della media, personaggi che non rispondono necessariamente ad archetipi visti e rivisti e vicende strettamente personali anziché ad ampio respiro che rappresentano una ventata d’aria fresca nel panorama dei jrpg. Dall’altra abbiamo una scrittura estremamente ridondante e assolutamente non “economica”, unita alla rigida struttura dei capitoli che segue sempre lo stesso canovaccio.
Ed ecco che dovremmo arrivare ad uno dei punti di Forza di
OT2 rispetto a
OT1: il fatto che i capitoli di gioco non presentino sempre la stessa struttura “villaggio>dungeon>boss”. Ora i capitoli sono più vari e possono basarsi solo su aspetti da adventure (quindi esplorativi e narrativi) e non avere nemmeno il boss, oppure avere una sequenza brevissima di “dungeon” con incontri casuali, oppure più di una di queste sequenze all'interno dello stesso capitolo, ecc. ecc.
Sembrerebbe una buona cosa, ma c’è un problema. Ovvero che Octopath è divertente quando si combatte e meno divertente quando si leggono i lunghi dialoghi ridondanti. E quindi, almeno per me, la triste realtà è che la struttura rigida del primo Octopath offriva sempre una certa dose di dungeon e combattimenti e, quindi, di divertimento. Mentre in
OT2, soprattutto nei capitoli iniziali (o meglio, nei secondi capitoli), i dungeon ed i combattimenti latitano e perciò per me ha prevalso la noia. Avete presente quando si dice dei jrpg moderni “diventa bello dopo 10 ore”? Ecco. A me questo gioco è anche piaciuto, ma mi sono dovuto sforzare per arrivare apprezzarlo e non mi meraviglierei se altri giocatori lo cestinassero ben prima delle 10 ore da me sofferte.
E ci tengo a precisare che gli archi narrativi dei diversi personaggi alla fine offrono anche momenti importanti e memorabili, ma rimane la sensazione che il team Asano dovrebbe assoldare gente che sa scrivere meglio e, soprattutto, più ferrata nell’arte della narrazione tramite giocato e nella variazione di ritmo tra giocato e narrato.
E non finisce qui.
Il primo OT era stato tanto criticato perché i “personaggi non interagivano”. Che poi il problema non era nemmeno che non interagissero, piuttosto che le vicende fossero scritte, di volta in volta, come se il viandante protagonista fosse non accompagnato dal resto del party. Ecco, questo problema, anche se meno evidente, continua ad aleggiare anche nel secondo capitolo, che però aumenta i siparietti di interazione estemporanea tra i personaggi. A dimostrazione che forse la critica non è stata molto capita dagli sviluppatori.
E l’emblema ultimo di questa forzatura è rappresentato dalla quest finale che unisce le vicende degli otto viandanti. Se nel
primo Octopath il legame tra le storie era espresso tramite alcuni text-log finali che richiedevano al giocatore di unire qualche puntino con la propria immaginazione, nel seguito abbiamo una vera e propria mega-quest finale che proprio non brilla per scrittura o ritmo
(particolarmente demenziale che i mastermind del piano malvagio siano tutti npc importanti delle storie dei singoli viandanti, tra cui…la temibile bambina reporter!…(facepalm))
Insomma, mi sembrava più autentica la strada scelta col capostipite.
Se, tuttavia, devo spezzare una lancia a favore di
OT2, tengo a sottolineare che “l’Epilogo” mi è piaciuto e mi ha trasmesso qualcosa, in termini di emozioni.
Per finire, ai tempi, quando annunciarono il seguito di Octopath rimasi deluso. Mi piaceva l’idea che il Team Asano si producesse ogni volta in nuovi giochi-tributo - reinterpretazioni personali dell’epoca d’oro del jrpg - più che cercare di creare la propria formula reiterativa. Forse la penso così proprio perché in questo team vedo più dei bravi artigiani che non dei geni (è lo stesso motivo per cui non so se desidero il seguito di
Triangle Strategy). Be’, forse è il caso di una profezia autoavverantesi frutto delle proprie convinzioni preconcette, tuttavia questo
OT2 è stato proprio ciò che temevo: un gioco che mi è piaciuto ma che non mi ha affatto segnato come il capostipite, il quale era stato inevitabilmente più fresco e portatore novità, oltre che inauguratore di un clima di rivisitazione del passato da me tanto apprezzato.