Entriamo qui nel discorso annoso sull'ingerenza del sistema scolastico in opposizione a quello familiare. Eppure la scuola a quello dovrebbe servire; dare alle nuove generazioni mezzi che la famiglia per enne ragioni non è in grado di fornire, possibilmente nel modo più plurale possibile.
Parti da un assunto molto soggettivo e che non mi sembra sia generalizzabile: l'opposizione tra sistema scolastico ed educazione familiare.
Semmai, invece, ciascuno integra l'altro, lo estende, lo contestualizza.
Stiamo parlando di educazione
all'altro, non di educazione
dell'altro.
Che verso questi temi ci sia una generale deriva verso la deresponsabilizzazione familiare lo vedo spesso; che la scuola abbia attualmente le capacità di sopperire in tal senso la vedo non dura, ma impraticabile.
Attualmente.
Anche il più maldestro dei docenti con il meno strutturato degli approcci non può fare danni paragonabili a quelli che produce la violenza di genere ogni giorno nelle scuole.
Ho avuto a che fare con docenti molto competenti e tuttavia, così insensibili e privi di qualsiasi forma di empatia che quanto trasmettevano non erano le loro competenze ma: indifferenza verso la materia, quando andava bene, e odio verso l'autorità, quando andava male. Come fai a
strutturare un approccio quando ti muovi nella nebbia?
Non puoi. Educativamente parlando, devi avere dei riferimenti; ma quel che fai, in pratica, è agire lentamente. Improvvisare. Nell'accezione nobile, non 'provarci finché qualcosa funziona'. Non come sinonimo di spontaneità ma come azione sapiente. Improvvisare avendo chiari i limiti del tuo intervento come educatore.
Un esempio.
Tempo fa ho collaborato con un asilo. Una bambina aveva la tendenza ad assaggiare gli altri bambini. A volte gli assaggi erano un po' veementi e dalla leccata passava al morso.
Correzione del problema: bambina allontanata dal gruppo e seduta a riflettere.
Risposta della bambina: dopo svariati allontanamenti, capisce che non deve assaggiare. Non smette solo di mordere, cambia proprio interazione coi compagni. Non assaggia più. Si tiene a distanza.
Nel mio mondo ideale, un educatore dovrebbe avere il tempo e le capacità per capire di volta in volta cosa porti la bambina ad assaggiare e cosa la spinga a mordere. E adattare la correzione al caso. Anzi, meglio: superando il concetto di correzione e lavorando sulla consapevolezza dell'atto.
Ma questo è il mio mondo ideale.
Nella realtà quella è la bambina più dolce dell'asilo. In media, gli altri si percuotono urlando furiosamente mentre tu hai una creatura in braccio, due creature piangenti avvinghiate alle tue gambe che si sgolano per essere prese in braccio pure loro, e il bambino silenzioso che è fuori dalla tua portata visiva. Ergo, sta tramando qualcosa, l'ha già fatta o la sta facendo.
All'epoca scherzavo.
"Alla fine l'importante è riconsegnarli ai genitori così come sono arrivati, con entrambi gli occhi e tutte le dita."
Poi ho capito che non è uno scherzo: è la realtà della quotidianità.
Chiudo la tiritera.
Ero partito da
anche il più maldestro dei docenti con il meno strutturato degli approcci non può fare danni [...]. Ebbene, i danni li fa anche il più capace degli insegnanti. E li fa non per
colpa sua ma proprio perché deve rispettare regole e programmi di un sistema scolastico inadatto a educare su questi temi. Figuriamoci cosa può fare
il più maldestro dei docenti.
Come facciamo ad aspettare, Eugenio, per paura del danno, se nell'attesa è prescritto un danno ancora maggiore?
E chi ti dice che intervenire adesso, in maniera brusca, con un sistema scolastico inadatto e insegnanti non preparati non crei maggiori danni?
Personalmente non vedo alcuna urgenza. Non esiste 'il problema del gender'. O meglio, esiste solo per chi ha bisogno di scagliarsi contro qualcosa. Bisogna formare una sensibilità trasversale, a diversi livelli sociali. Non ha alcun senso educativo stravolgere programmi scolastici da un anno all'altro senza aver misurato le capacità di assorbimento del sistema.
I bambini non sono vasi vuoti da riempire.
Gli insegnanti non sono enciclopedie ambulanti.
I genitori non sono quelli che pagano la mensa.
La scuola non sono quattro mura.