Il 23 giugno del 1996 fu una data storica: dopo anni di attesa finalmente arriva nei negozi nipponici il Nintendo 64. Cinquecentomila console vengono vendute in meno di una settimana nella sola terra del Sol Levante. Tutti ne parlano, tutti lo vogliono ma la maggiorparte è ancora costretta a giocare col caro e vecchio SNES. La loro forzata astinenza dalle nuove tecnologie sarà però ben ripagata: oltre ad una serie di JRPG non meno che eccezionali, il piccolo 16bit offre su un piatto d'argento una manciata scarsa di capolavori che per qualche mese ne terrà a galla in maniera sorprendente le vendite. Tra questi spicca il terzo Donkey Kong Country, ovvero l'epilogo della saga che, due anni prima, aveva dato il là alla rinascita del SNES.
Dixie Kong's Double Trouble prosegue felicemente la via dell'ibridazione tra platform e adventure, già imboccata da Diddy Kong's Quest (ed ispirata a quanto è avvenuto, qualche anno prima, in Giappone con i lavori dello staff EAD). Pur rimanendo saldamente ancorato agli stilemi dettati da Mario&Co., rappresenta quindi un passo importante per l'evoluzione del genere.
La prima novità è sicuramente l'ennesimo cambio di protagonista: accanto alla gorillina Dixie stavolta c'è il piccolo (ma solo di età) cugino Kiddy. Se le abilità della prima rimangono immutate rispetto al precedente capitolo, il secondo è decisamente più lento di Diddy, ma in grado, con il suo peso, di rompere parti di pavimento danneggiate se lanciato dalle spalle del partner.
I cambiamenti più consistenti riguardano però la mappa che forma gli otto mondi in cui è suddiviso il titolo. Quella che nei due predecessori era un semplice collegamento tra un livello e l'altro, in Dixie Kong's Double Trouble diventa parte integrante della risoluzione del gioco. La libertà di movimento del giocatore al suo interno è ora decisamente meno limitata, e la sua esplorazione è addirittura incoraggiata dal fatto che esistono due vere e proprie sotto-quest in perfetto stile gioco di ruolo. Aguzzando gli occhi e usando l'ingegno è possibile scoprire alcune grotte nascoste al cui interno si affronta un sottogioco simile al classico "Simon Says", vinto il quale si entra in possesso di un curioso uccello-banana, con conseguente sorpresa finale per chi li trova tutti e tredici. Inoltre gli altri parenti primati non saranno gli unici personaggi con cui interagire: sparsi qua e la per i mondi abitano degli orsi, tutti con una particolare richiesta: soddisfacendole (in genere tramite oggetti da scambiare) si avranno vantaggi che vanno dal verificarsi di determinate situazioni che consentono il proseguimento nel gioco, alla cattura di altri uccelli banana, in una sorta di citazione/preveggenza da Link's Awakening/Ocarina of Time. Ancora: l'accesso a tutti mondi e il ritrovamento di tutti i segreti passa per la modifica dei mezzi di trasporto con i quali spostarsi sulla mappa, da acquisire a suon di monete dal tamarrissimo Funky Kong. In Dixie Kong's Double Trouble il tempo necessario all'esplorazione dei livelli va quindi sommato a quello dell'esplorazione della mappa, rendendo il gioco molto più equilibrato, vasto e appagante.
Ma, elementi adventure a parte, l'opera Rare è soprattutto un platform, ed anche dannatamente convincente. L'importanza degli animali comprimari è ulteriormente cresciuta rispetto a Diddy Kong's Quest, tanto che ora sono più i livelli in cui si ha il loro esclusivo controllo rispetto a quelli dove vanno cavalcati. Le nuove entrate (Ellie l'elefante e Parrott l'uccello) garantiscono una discreta ventata d'aria fresca e le vecchie glorie sono state ulteriormente perfezionate.
Il level design pareggia le (alte) vette raggiunte dal secondo capitolo e offre un'elevata varietà di trovate brillanti, con diverse chicche (gli stage a comandi invertiti, quelli dove ci si deve arrampicare su una corda che lentamente prende fuoco o quelli dove si cerca di sfuggire a ignoti cecchini, con tanto di mirino su schermo). Il ritmo è più tranquillo e ragionato rispetto agli altri episodi. La ricerca dei barili bonus è più raffinata e meno dispersiva, oltre che ancora più importante, visto che è l'unico modo per raggiungere il mondo segreto di Krematoa e guadagnarsi il finale vero.
Nonostante ciò, a Dixie Kong's Double Trouble sembra mancare qualcosa. La presenza di una grafica eccezionale, dettagliatissima, fluida e ricca di effetti speciali ha purtroppo dovuto fare i conti con la limitata capacità delle cartucce. Il risultato è una esasperante ripetizione di fondali, nemici e trabocchetti. La colonna sonora, pur essendo di alto profilo, non è incisiva come quella di Diddy Kong's Quest. Ma è soprattutto la fastidiosa sensazione di già visto che si prova percorrendo i livelli ad impedire al gioco di raggiungere l'eccellenza del predecessore. I difetti tuttavia non impediscono alla terza iterazione belluina Made in England di posizionarsi tra i migliori esponenti del genere su SNES. Un gioco moderno, profondo, splendidamente divertente che rappresenta un degno addio ad una console che non ha mai smesso di stupire, nemmeno quando si trovava con tutti e due i piedi nella fossa.
Hail to the Chimp!
VOTO: 8