The Devil all the time: Uno dei film più bizzarri che abbia visto di recente, ambientato negli anni ‘50/60’/’70 in quell’America in cui è tutto merito/colpa/voluto dal Signore, dalla trama non facilmente riassumibile, che si dipana nell’arco di trent’anni, intrecciando le storie di vari personaggi borderline, tra cui un predicatore perverso, una coppia di serial killer e uno sceriffo corrotto. E’ troppo dilatato, lento e appesantito da un voice over continuo, ultradidascalico e alla lunga molesto, ma il ricco cast (tutti in ruoli atipici, a cominciare da Tom Holland) spinge ad arrivare alla fine. Sufficienza stiracchiata.
Mignonnes/Cuties: E’ davvero un peccato che per colpa di quei cerebrolesi di Netflix, che lo hanno “lanciato” con un poster che definire sciatto, squallido e idiota è dir poco (e infatti i social justice warriors ritardati americani (e non solo) hanno cominciato subito a latrare cazzate come loro solito, ovviamente senza aver visto il film), questo gioiellino rischi di passare inosservato o, peggio, con lo stigma di film “pedofilo” (LOL) perché è davvero ben fatto e ha un messaggio totalmente e incontestabilmente positivo. In sintesi: alcune ragazzine (una in particolare, oppressa dall’entourage “integralista” musulmano) che vivono in un quartiere malfamato e hanno storie familiari disastrose, trovano il proprio riscatto grazie ad un gruppo di danza moderna (nella danza moderna ovviamente c’è anche il twerking…che poi voglio dire, ai tempi miei c’era la lambada, capirai che scandalo). Il film è assolutamente valido, un coming-of-age piuttosto coraggioso per le tematiche trattate e ben girato, ben scritto e ottimamente interpretato (la protagonista è eccezionale), quindi non si capisce il senso di questa indegna caciara.
Se il problema è la “sessualizzazione delle adolescenti” allora iniziate ad abolire Instagram…
I'm thinking of ending things: Una coppia formatasi da poco (lei è quella con pensieri suicidi, da cui il titolo) va a fare visita in campagna ai genitori di lui: la cena è a base di cibo e convenevoli e tutto sembra normale, fino a quando non iniziano ad accadere eventi sempre più bizzarri e surreali…
Un Charlie Kaufman in grande spolvero, che sfrutta il genere del thriller psicologico (si fa per dire), per raccontare il suo punto di vista sulle relazioni interpersonali, la morte, la vita e la sua assoluta mancanza di senso. Un film ovviamente verbosissimo (i dialoghi tra la coppia in macchina sono eccezionali, anche se il credito va a Ian Reid, autore del romanzo da cui il film è tratto), complesso, senza senso (o dai tanti sensi…) con un cast meraviglioso, una fotografia sublime e tante idee, citazioni e spunti di riflessione. Con Kaufman, come al solito, è prendere o lasciare: se vi piace, lo adorerete, se non vi piace, non vi farà cambiare idea.
Amulet: Uno degli horror più assurdi e allucinati che abbia visto di recente. Già il cast tecnico è, come dire, bizzarro: regia di Romola Garai, che di solito fa l' attrice caratterista, due semisconosciuti (Carla Juri e Alec Secareanu, entrambi bravissimi) e la luciferina Imelda Staunton a completare il quadro. Per un'ora si apparecchia la storia (un ex soldato che fa il muratore finisce "per caso" in un casa fatiscente abitata da una ragazza e una "cosa") e poi partono le sequenze horror, una più folle dell'altra. Alla fine la quadra si trova (più o meno), ma oggettivamente è di una lunghezza e lentezza quasi insostenibile, anche se sinistramente affascinante.
Lupin III - The First: Che dire? 2D, 3D, in animazione tradizionale, computerizzata...funziona sempre. Ovviamente non tocca i vertici poetico/stilistici dell'ineguagliabile e inarrivabile Castello di Cagliostro, ma sono comunque 90 minuti di puro spasso.
The Tunnel: La principale differenza tra un disaster movie americano e uno norvegese è che il secondo è tutto sommato credibile e il primo quasi sempre no. The Tunnel lo conferma: nulla per cui strapparsi i capelli ma la tensione è ben gestita ed è apprezzabile che l'eroe del caso non esca al rallenty dalla galleria dove si è sviluppato un incendio, portando in braccio i superstiti.
Alive: Toh, c'è un'apocalisse zombie, stavolta in Corea del Sud: un ragazzo si salva barricandosi nel suo appartamento ma presto acqua e cibo finiscono. Proprio mentre decide di farla finita, scopre che nell'edificio di fronte c'è una ragazza nella sua identica situazione... Un po' convenzionale ma girato benissimo, con un bel ritmo e due interpreti simpatici. Innovare nel sottogenere zombesco è sempre più difficile, ma, pur senza picchi, questo Alive si lascia guardare con un certo piacere.
Ava: Ammazza che zozzeria. Uno dei più clamorosi sprechi di cast da un bel po’ di tempo a questa parte. Storia prevedibile (agente segreta letalissima con infanzia difficile blablabla mentre è in azione qualcosa va storto e viene tradita blablabla da killer diventa obiettivo e deve difendersi e contrattaccare blablabla), scene action oscene (pat pat sulla spalla al povero montatore che deve tagliare ogni due secondi per nascondere il viso della stunt, cazzo non pretendo i film con Jackie Chan degli anni ’70/’80 con le sequenze che venivano girate senza stacchi, ma almeno fate finta di provarci…) e attori annoiatissimi (lei in primis). Spiacente, ma in questo sottogenere specifico il punto di riferimento resta ancora (e di gran lunga) Nikita (ovviamente quello di Besson, non il pallido remake yankee, che comunque era molto meglio di questo).
Sputnik: Anni '80: un cosmonauta viene contaminato da un parassita spaziale che ha attaccato la sua navicella, una scienziata anticonformista viene assunta da un reparto supersegretissimo dell'esercito per svelare il mistero. Discreto sci-fi russo, nettamente migliore di tanta sciorda americana (Life/Invasion/Venom/La quinta onda) fatto con pochi soldi ma le facce giuste e uno script che mantiene quasi sempre alta la tensione. Bel finale (di matrice decisamente non yankee...).
Project Power: Avete presente la performer nuda che si benda la testa, prende la rincorsa e va a schiantarsi scientemente contro un muro ne La Grande Bellezza? Ecco, dopo aver visto sta cazzata avrei voluto fare la stessa cosa. Ok, magari non nudo.