Il Pensionante (Alfred Hitchcock, 1927)
Assolutamente un classico del cinema, anche solo per vedere cosa era in quegli anni in quanto perfettamente costruito con i mezzi che avevano all'epoca: montaggio, inquadrature ed idee.
Anche l'uso delle didascalie è ridotto ai minimi termini per dare più ritmo.
Quindi è veramente la purezza del cinema, il far parlare il più possibile le immagini e spremere i mezzi il più possibile.
Detto questo, naturalmente questo approccio a volte risulta grossolano (certe scene sono didascaliche al giorno d'oggi), a volte stupisce tutt'oggi (la camminata sul pavimento con il lampadario..).
Non saprei se consigliarlo, sembra tanto un film per gli addetti ai lavori, anche per via della storia semplice che regala qualche bei momenti verso il finale e all'inizio ma poco più. Stessa cosa per
M, Il Mostro Dusseldorf (1931, Fritz Lang). Questo è anche sonoro (uno dei primi) e presenta una "caccia all'uomo" nella parte centrale anche coinvolgente (e comunque fino alla fine il film rimane bello) ma la prima parte l'ho trovata lenta, o per lo meno che oggi non ci possiamo permettere.
Il Grande Dittatore (1940, Chaplin)
Mi è piaciuto, anche tanto, ma con qualche riserva.
Il problema è che quando fu prodotto il film mancava tutta la consapevolezza storica della tragedia che fu in verità il nazismo e l'olocausto.
Quindi disturba questa parodia di qualcosa che non bisognerebbe parodizzare o tutte quelle scene che non rientrano nella critica verso il nazismo (il taglio della barba al ritmo di Bramhs, scena tra l'altro perfetta).
E' una considerazione che fece anche Chaplin anni dopo l'uscita e, vedendolo, capisco che lo spettatore deve avere questa consapevolezza per giudicarlo.
Detto questo, non è sicuramente colpa del film se troppo spesso la realtà supera in brutalità la fantasia, che rimane divertente e anche molto significativo.
Personalmente ci sono film di Chaplin che preferisco di più (Tempi Moderni, Il Monello e La Febbre dell'oro) ma questo rimane una pellicola immortale del cinema, con la sua critica feroce ad ogni totalitarismo e intolleranza con un sacco di scene comiche ben costruite (tutta la parte iniziale, in guerra, è magistrale).
E poi c'è il discorso finale, forse il monologo più importante del cinema.
Incredibile che chi si oppose tanto alla sonorizzazione del cinema, scrisse e recitò uno dei discorsi più importanti del cinema.
Una lezione importantissima, in toto.
Che se uno deve proprio parlare, allora che dica cose importanti, sennò farebbe meglio a rimanere muto come i primi 20 anni di cinema.
Non Essere Cattivo (Caligari, 2015)
E' uno di quei tipici film che mostrano cosa sappiamo fare se "restiamo nel nostro" o se non produciamo l'ennesima commedia romantica (coon tanto di omaggio a Fellini).
E' neorealismo dei giorni nostri, quindi con attori veri e non presi per strada.
E per veri intendo Alessandro Borghi e Marinelli, ovvero tra i più quotati oggi.
Storia di un'amicizia tenera quanto disperata nel contesto della borgata romana a metà degli anni '90 (magari per far ricordare che anche gli anni '90 non erano stò lusso), vite allo sbando con la solita ardua scelta tra rubare e vivere o lavorare e tirare a campare. Che quando vedi una persona farsi il culo tutti i giorni per avere una manciata di grano, non è proprio invitante la vita onesta, e dio mio quanto questo film lancia bene questo messaggio.
Naturalmente senza giudicare nessuno ma guardando in faccia i protagonisti.
E' anche una storia di redenzione e la redenzione non è per tutti e non serve a tutti.
Magari Calgari ci voleva solo dire che, purtroppo nella vita serve equilibrio, come funambolo su un filo sopra un mare di merda.
Spettacolare. Magari non simpatico (però affezionarsi a Cesare è pericolosamente facile) ma se vi interessa il cinema italiano vedetelo, che è imprescindibile.
Un Sogno Chiamato Florida (2017, Sean Baker)
Copio da wiki:
Moonee, una bimba di sei anni, vive con la sua giovane mamma, Halley, nel Magic Castle, un dozzinale motel viola confetto in Florida, ai margini del Walt Disney World. La vita delle 2 è scandita da tv ed espedienti per pagare l'affitto ogni mese e sfuggire agli assistenti sociali e praticamente la trama finisce qui. Cioè, in verità no, ma è comunque il tipico film che non vive di trama e neanche di chissà che tecnicismo ma di sensazioni, di emozioni, di quanto riesci ad immedesimarti nel contesto che racconta.
La telecamera segue sempre Moone con i suoi amichetti in una infanzia disperata quanto felice (in una Florida post-crisi immobiliare del 2008), di chi quel poco che ha riesce ad apprezzarlo fino al limite, anche perché è tutto quello che ha.
Tra l'altro funziona troppo i colori accecanti delle costruzioni in netto contrasto con la fotografia, molto sul bianco, a me una fotografia così mi dà troppo da Sundance, anche se capisco funzioni allo scopo che voleva trasmette, invece bello come la telecamera sia sempre al livello dei bambini, per farci capire come è quel mondo da quell'altezza.
Anche grazie al fatto che è recitato alla stragrande dalla bambina che è di un naturale che non so come sia possibile. L'idea che mi sono fatto è che spesso nessuno abbia scritto i dialoghi ma decisi via via o presi direttamente dai bambini sul momento (non credo che capiti spesso nel film ma un paio di volte si vede che è palesemente così).
E comunque rimane il fatto che la bimba recita divinamente, ma vi giuro che è perfetta.
Bravi anche la madre (la figura più disperata del lotto) e il responsabile del Motel, un William DaFoe che palesemente ci tiene tantissimo a questo film.
Non è un film perfetto (ma non lo deve essere) ma lo consiglio tantissimo.
L'unico problema magari è che serve un cuore per apprezzarlo veramente.