Da "L'Amaca" di Michele Serra, La Repubblica di domenica 21 marzo.
Il governo più liberista della storia repubblicana si appresta (non è la prima volta) a varare misure tappabuchi nei confronti del calcio. La giustificazione è che il calcio, pur essendo un settore privato e a scopo di lucro, è un pezzo del costume nazionale e dunque va soccorso con il denaro dello Stato.
Benissimo? Si potrebbe anche ingoiare il rospo. A un patto: che questo governo, santificatore del mercato e del profitto, riconosca di aver adottato un principio tipicamente anti-liberista, statalista, protezionistico e assistenzialistico. Che dica a chiare lettere che lo "scopo di lucro" in sé e per sé, non garantisce e non tutela un fico secco. Che ci sono cose "di interesse pubblico" ben più grandi del calcio (vedi la sanità, la scuola, la cultura, i servizi, la ricerca) che vivono e crescono solo se la mano pubblica interviene con tutto il peso del denaro della collettività.
Troppo facile essere statalisti solo alla domenica quando gioca il Milan, e dal lunedì in poi tornare a fare il tifo per il libero mercato.