La famiglia ha imposto a Silvio di vendere, ma lui vuole assicurarsi che il club non finisca nel portafoglio del solito affarista giunto da Marte (o dall'Indonesia) speranzoso di segnare il goal della carriera, bensì in mani capaci di spolverare e lucidare quell'eredità che Berlusconi lascia in dote: il Milan non è più la grande squadra "qualsiasi" degli anni '60, ma uno dei marchi più pregiati e riconoscibili dello sport mondiale. Come la Ferrari, può pure non vincere per anni, ma nei quattro angoli del pianeta permangono godzilioni di calciofili pronti a risventolarne il vessillo, covati e allattati durante un'epoca egemonica in cui le razioni di caviale e champagne non avevano nulla a che vedere con le briciole portate in tavola dal 99% dei miliardari che vincono oggi.
Detto questo, salto a pie' pari il restante pour parler sulla benedetta cessione societaria, onde evitarmi quel deludente vapor acqueo in cui si dissolse la montagna di chiacchiere sull'affaire-Mr. Bee. Col cavolo che mi faccio fregare di nuovo
Parlando quindi di calcio, IMHO la finale ha dimostrato una volta in più alcune cose:
1) Allegri non sarà un genio tattico, ma lo è sul piano strategico. Sa quando attaccare e quando difendere, quando evitare rischi e quando è il momento di spingere. Non a caso, molti Milan-Juve si svolgono oggi in fotocopia: rossoneri più aggressivi, bianconeri in modalità Fort Knox. Appena vede il Milan calare d'intensità, Max fa alzare i funamboli dalla panchina e buonanotte suonatori.
2) Psicologicamente il Diavolo è davvero ai minimi storici. Se ti arriva il match di gala contro Juve o Inter all'indomani di una striscia negativa, anche mia nonna sarebbe capace di tirar fuori l'orgoglio e dare l'anima per 60/75 minuti, sapendo che ha puntati addosso gli occhi di mezzo mondo. Ma giocassimo domani contro una squadra qualsiasi (qualsiasi), piglieremmo il solito golletto distratto al primo calcio d'angolo/contropiede/azione manovrata. Matematico.
3) Molto, molto, molto più della plateale deficienza tecnica da cui il Milan è afflitto (penso pure Pellegatti capisca ormai l'obbligatorietà di una robusta iniezione di palleggiatori freschi), la mia preoccupazione in chiave futura risiede nella cronica incapacità di sfiancare l'avversario con corsa e dinamismo. Ogni santissimo anno, in Italia e in Europa, ammiro formazioni capaci di ridurre il gap qualitativo fracassando i polmoni dell'avversario, grazie al pressing asfissiante e ad una superiorità atletica che si dipana per tutti i 90 minuti. Quando metti sotto i rivali un'ora è solo grinta, niente di più. Perché il Milan non riesce mai, contro nessuno, da vent'anni a questa parte (ossia dall'era Capello), a venir fuori più fresco e pimpante anche alla distanza?
4) Per organizzazione tattica, brillantezza fisica, solidità difensiva e maturità offensiva, la Juventus in questo momento è la formazione più possente d'Europa. E lo scandaloso arbitraggio di Bayern-Juve pesa come un macigno: questo era davvero l'anno buono.
Altro che Milan, in una finale secca i gobbi avrebbero sconfitto qualunque avversario, oggi come oggi.