Quello che segue non è il racconto in questione, ma leggendo la discussione e riallacciandomi alle sue ultime istanze, posto un altro aneddoto.
Conosco una collega con cui condivido qualche notte, persona brillante e mentalmente agile (nel senso che mi viene dietro a ragionamenti e battute senza che ci siano quei 10 secondi di screen saver in cui le devi spiegare cosa volessi dire), molto carina e preparata.
Decido di saltare completamente tutta la parte in cui mi innamoro perdutamente, e inizio a farle intendere in tutti i modi che il diporto non è morto.
Lei sta al gioco divertita, ma tiene le distanze, è fidanzata e si sta per trasferire dal ragazzo.
La invito a saggiare la gloria dell'impero abruzzese proponendo arrosticini e sbornia, accetta ma non si sa quando.
Passa il tempo, si avvicina il momento del trasferimento, dal nulla mi concede un aperitivo col tono (presunto) di chi mi stia facendo un favore.
Mi faccio la pipì addosso.
All'aperitivo ci presentiamo entrambi in tiro, io più di lei (niente screen saver, please), chiacchiere brillanti, lei, dal nulla, dice che in un rapporto a distanza è normale che si abbiano storie, le avrà avute il ragazzo, le ha avute lei, l'importante è che non si sappia e che non sfoci in qualcosa di più importante.
Cosa avrà mai voluto dirmi?
Non lo sapremo in vita, perchè il resto della serata scorrerà brillante e mentalmente agile, senza che io interrompa il flusso facendo l'unica cosa che Champollion avrebbe fatto al posto mio decifrando la stele di cui sopra, ordinare altro vino e andare al sodo.
Ma a me piace studiare molto prima di giungere a conclusioni, per questo sono vecchio prima del tempo, e così nel rush finale me la gioco del tutto: "Ho fatto già troppe cazzate, devo mettere la testa a posto, bla bla bla", e letteralmente fugge via senza voltarsi mai.
Nei giorni seguenti di masturbazione matta e disperatissima alla ricerca di cavilli legali per fare un ricorso al TAR, addiverrò alla consolante conclusione di averla perduta nell'istante in cui ella mi sottoponeva ad uno stress test, usando come scusa la condivisione di informazioni riservate sul mio futuro professionale, e chiedendomi se potesse confidarmele senza che io, da buon terrone amante del pettegolezzo, andassi in giro a spifferare la fonte.
Tale era il mio agio nel favellare con la fanciulla (non so perchè mi sia partita questa modalità discorsiva, ma seguo il flusso di coscienza per cui vi attaccate) che le aprii il mio cuore confessando la mia natura di spione infame e gaudente.
Le informazioni confidenziali alla fine giungeranno, la figa giammai.
Ricorso al TAR respinto, e una vocina sottile che da quel giorno mi si è appollaiata sulla spalla, e sussurra incessante: "La verità è che non le piacevi abbastanza".
Mai più la rividi.