In riferimento all'ironia sui cattolici mi permetto di esprimere un'idea.
Io non sono cattolico, non posso definirmi "credente" nel senso confessionale del termine ma sin dal principio ho compreso come gli avversari della religioni, in certi casi, entrino in contraddizione con gli stessi principi che difendono e tutelano dall'oscurantismo religioso.
Uno di questi è il concetto di laicità.
Per cui occorre distinguere parole apparentemente simili che in realtà veicolano idee quasi opposte.
Laicalità: categoria religiosa, indica il popolo di Dio e quindi tutti i Christifideles, presbiteri, consacrati e laici. E’ un aspetto della ecclesialità.
Laicismo: è categoria secolare, usata per evidenziare una concezione antireligiosa. L’aggettivo laicista dovrebbe essere usato per chi sostiene il laicismo e non per chi sostiene la laicità. Pertanto laicalità e laicismo appartengono a due differenti vocabolari, il primo teologico, il secondo ideologico.
Laicità: si può applicare tanto ai credenti quanto ai non credenti per indicare una considerazione del mondo rispettosa sia del temporale sia del religioso.
Oh, ecco, focalizziamoci un po' su quest'ultimo.
La laicità ha due accezioni:
1) Tradizionale: la laicità = laicismo, sia per credenti che per non credenti, rifiutata dai primi ed esaltata dai secondi. Per questo a livello sia dottrinale che operativo in ambito cattolico la laicità ha poco spazio.
2) Moderna: la laicità è ben distinta dal laicismo, ed è considerata compatibile con la confessionalità a patto che non cada nel clericalismo. Si affaccia inoltre una visione della laicità molto più ampia e non più solo rapporto Stato-Chiesa. La laicità deve essere epistemologica, cioè è prima di ogni cosa una mentalità, rispettosa della persona, della natura, della società, colte nelle loro specificità (i principi propri di ciascun ambito hanno il primato sul principio di autorità). Il principio di laicità rivela la sua massima portata in riferimento alla persona, sul piano individuale e sul piano sociale.
La persona è caratterizzata dalla libertà, in primis quella religiosa, una delle più intime delle libertà di pensiero. La conquista della laicità ruota intorno all’asse della persona e il rispetto dei suoi diritti dà senso alla ricerca di relazioni valide tra Stato e Chiesa (rapporto triadico Persona-Stato –Chiesa), pertanto il rapporto tra le istituzioni non è in funzione di un loro equilibrio bensì a servizio dell’uomo e della sua vita, nel contesto statale ed ecclesiale.
Lo Stato è laico non se persegue la libertà DALLA religione ma se assicura la libertà DI religione (scelta della religione di ogni singolo) e la libertà DELLA religione (esercizio da parte di ogni religione) e libertà NELLA religione (formazione di un’opinione pubblica di stampo religioso)
Nel nostro contesto pluralistico la laicità accomuna e differenzia, è un vero e proprio esercizio di razionalità, uno spazio di confronto e un impegno di cambiamento. Che, se non si condivide, comunque deve essere rispettato. In un contesto multiculturale la laicità è luogo di comunicazione tra le religioni e garanzia di espressione delle diverse componenti della società. Non è il luogo che le contiene o le reprime.
Partendo da queste considerazioni emerge come anche nella Costituzione della Repubblica il termine “laicità” sia del tutto assente ma concettualmente presente, tanto che dopo circa 40 anni le elaborazioni giurisprudenziali la definisce come “principio supremo dell’assetto costituzionale italiano” che implica la non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale.
L’ordinamento giuridico accoglie questo principio nella sua accezione positiva di “libertà religiosa” che va a tutelare una libertà ben più ampia, ossia la libertà di coscienza che si esprime con l’autodeterminazione di ogni persona, non fine a se stessa ma strumentale alle libertà e ai diritti inviolabili dell’uomo.
Lo spirito della laicità è la logica dell’autonomia dei soggetti e delle strutture, implicitamente sottesi negli articoli 3,4,7,8 della Costituzione, da rileggere alla luce del Concordato e successive revisioni.
(Sentenze del 1990, 1993 e 1995)
Quindi, tutto questo per dire, non aderire alla religione è legittimo e del tutto contemplato ma la continua guerra contra la possibilità che essa si esprima è un decisivo autogol intellettuale.