Autore Topic: [SNES] Donkey Kong Country  (Letto 8251 volte)

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Offline NighTiger

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[SNES] Donkey Kong Country
« il: 18 Giu 2003, 09:06 »
Titolo: Donkey Kong Country
Sistema: SNES
Sviluppatore: Rare
Gamedesigner: Gregg Mayles
Editore: Nintendo
Genere: Platform
Giocatori: 1 - 2
Data: 1994
Versione: USA


Può uno scimmione compresso in 32 bit ed una console a 16 bit, rallentare l'avanzamento delle console di nuova generazione con i loro 32 bit di potenza, supporti a 650 Mb e la loro grafica tridimensionale?


Storia
Cosa c'è di meglio, dopo una bella dormita, se non andare a prendere e divorare una buona banana!
Questo è quello che avrà pensato il nostro scimmione prima di venir a sapere che King K. Rool gli ha rubato tutte le banane dal suo deposito.
Infuriato come un babbuino, Kong con l'aiuto di suo cugino Diddy si metterà in marcia per recuperare tutte le banane del suo reame.


La repubblica delle banane
Per recuperare tutte le banane, il buon game designer ci ha messo d'avanti a 7 paesi da visitare nell'isola, suddivisi in altrettanti sotto livelli (più o meno).
La nostra attraversata ci porterà dal punto più basso dell'isola, dove il paesaggio sarà prevalentemente marino (con alcuni stage totalmente sott'acqua), sino al punto più alto dell'isola, dove ghiaccio e neve la faranno da padrone.
A complicare di più la vita al nostro scimmione, verranno in aiuto a King K. Rool 4 suoi cattivissimi amici nonché boss di livello:

- Gnawty
- Necky
- Bumble B
- Dumb Drum

Una volta uccisi i 4 boss di livello e, quindi, arrivati in cima all'isola, dovremo vedercela con King K. Rool in pelle (verde) e ossa.
A conti fatti, 33 livelli normali, 67 bonus, 7 aree dei boss e 6 aree per gli amici.
Per un totale di 101%.


Amico mio!!!
Ma DKC è molto di più di quanto fin'ora ho scritto.
Completare il gioco non è per niente facile, e le cose si complicano di più se ci dovessimo mettere in testa di volerlo completare al 101%.
In questo caso dovremo trovare tutti i segreti che costellano il gioco.
Oserei dire che è impossibile.
Bisognerà sacrificare la vita al gioco... oppure avere tanta fortuna da riuscire a completarlo senza alcun problema alla prima partita.

Ed è quì che il team di sviluppo, c'è venuto incontro regalandoci 5 fidatissimi amici, nonché compagni di viaggio:

- Rhino
- Swordfish
- Frog
- Parrot
- Ostrich

Questi avranno dei compiti ben precisi, in quanto ognuno di essi ha delle capacità proprie.
Per poter scoprire delle locazioni nascoste dovremo utilizzare proprio questi nostri amichetti.
Per fare qualche esempio.
Rhino ha la capacità di distruggere dei muri, dietro ai quali, ci sono dei bonus.
Swordfish ci tornerà molto utile nelle sezioni subacquee.
Etc.


L'ultima frontiera della tecnologia
La Rare riuscì con questo gioco a far vendere a Nintendo un sacco di macchine in più.
Si inventò un nuovo modo di far grafica nei videogame.
Invece dei soliti sprites totalmente in 2d, iniziò a farli in 3d e farseli renderizzare.
In questo modo il gioco risultava graficamente molto allettante anche se tutto era il solito 2d.
Niente di più niente di meno.
Bisogna però ammettere che guardare DKC, risulta un'esperienza magnifica, sopratutto se poi ci si ricorda su che macchina sta girando il gioco.
Non bestemmio se ammetto che DKC avrebbe fatto la sua figura anche su un Saturn (non ho scritto Playstation perché non ci avrebbe mai potuto girare... hihihihi).

Ma DKC non è solamente una cartuccia di 32 bit rimpinzata da immagini prerenderizzate.
Ma è sopratutto ottimo gameplay.
Non potrete mai annoiarvi di questo gioco e durerà per molto se vorrete vedere scritto quel maledetto 101% accanto al vostro salvataggio.

DKC è anche musica.
Io non dimenticherò mai e poi mai la musica che si può sentire durante una sezione subacquea.
La prima volta che la sentii un mio amico iniziò subito a seguirla con il pianoforte fu un piacere per le mie orecchie!


Conclusione
Sì, vi riuscì.
Lo scimmione con l'aiuto della Rare, riuscì a tenere in vita ancora per qualche annetto lo SNES.
Beh, chiaramente non fece tutto lui da solo; ma lui diede inizio all'escalation di titoli cool di quell'epoca.
L'epoca in cui Super Console e Game Power non potevano fermarsi un attimo perché dovevano lavorare e giocare a DKC.




Grafica: 10/10
Sonoro: 10/10
Giocabilità: 10/10
Longevità: 10/10

Globale: 10/10

Offline Jello Biafra

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[SNES] Donkey Kong Country
« Risposta #1 il: 31 Dic 2004, 17:58 »
C’è stato un momento, nell’autunno del 1994, in cui il SNES sembrava la più potente, affascinante, e pericolosa console in città.
Potente perché i giochi che uscirono in quel periodo (e poi per tutto il 1995) non avrebbero sfigurato su hardware ben più costosi. Affascinante perché alla forza bruta si univa tutta la giocabilità ed il carisma di meccaniche e personaggi che le compagnie concorrenti avrebbero fatto carte false per avere. E pericolosa (per gli altri) perché grazie alla commistione di questi due elementi, resistette orgogliosamente all’assalto dei nuovi 32bit mangia-poligoni Sony e SEGA, ritardandone in maniera efficace la conquista del mercato.
Tutto iniziò pochi mesi prima, quando al CES di Las Vegas Nintendo tolse i veli da quello che sarebbe divenuto uno dei più importanti titoli della sua storia: Donkey Kong Country.
Narra la legenda che il numero di mascelle cadute in seguito alla visione è tutt’oggi sconosciuto e, osservando il gioco con il senno di poi, si può tranquillamente affermare che di rimanere allibiti i visitatori ne avevano ben donde…

La prima (ed unica) caratteristica rivoluzionaria di Donkey Kong Country è senza dubbio la sua strabiliante veste grafico-sonora. Per la prima volta nella storia videoludica, le costosissime workstations Silicon Graphics e i potenti tool di sviluppo Alias Power Animator (fino ad allora preclusi ai semplici sviluppatori di videogiochi), vennero munti a dovere e schizzarono su schermo uno spettacolo senza precedenti. Tutti i personaggi, sia nemici che amici, sono stati prima creati come modelli tridimensionali ed in seguito renderizzati e schiaffati, insieme a fondali creati con 3D Studio Max, dentro 32Mbit di cartuccia splendente. Tolto dalla naftalina in cui era stato messo dopo la trilogia di inizio anni ottanta, il celebre gorillone appare più in forma che mai, dall’alto dei suoi oltre 6000 frames d’animazione, che ne rendono i movimenti talmente fluidi e naturali da far invidia persino al lungometraggio Disney di turno (in quel periodo The Lion King).
La quantità di dettagli, gli effetti speciali (luci mobili che cambiano i colori degli oggetti che illuminano, trasparenze, deformazioni), la velocità e la fluidità del tutto, resero Donkey Kong Country un’esperienza che poteva mettere fortemente a rischio l’apparato cardio-vascolare del povero giocatore medio dell’epoca.
Ma l’opera Rare non è solo un’ostentazione di dirompente potenza tecnica, è anche un meraviglioso viaggio attorno all’estetica del platform occidentale. L’ambientazione, pur con accenti cartooneschi, è disegnata in maniera pseudo-realista, accarezzata da una scelta dei colori e da una coerenza stilistica magistrali, che elevano l’atmosfera a livelli superiori.
La colonna sonora è tra le migliori mai udite su 16bit e oltre che per qualità tecnica (musiche ed effetti hanno una pulizia ed una ricchezza tali da sembrare incise su CD-ROM) brilla anche per ispirazione artistica. Tutto in Donkey Kong Country lascia a bocca aperta, letteralmente, chi gioca.

Ma la sostanza? C’è, anche se non è eccezionale come la forma. L’opera Rare è un platform classico, lineare, quasi brutale nella sua semplicità. L’accompagnare Donkey e il fratellino Diddy alla ricerca delle banane rubate dai perfidi coccodrilli Kremlins, passa lungo una serie di livelli mediamente lunghi e dalla difficoltà ottimamente calibrata. Il level design è buono, pur non raggiungendo le vette delle produzioni EAD e la progressione è godibile e divertente.
Quello che manca, in Donkey Kong Country, è il lampo di genio.
I due protagonisti sono intercambiabili in qualsiasi istante, ma, nonostante abbiano abilità leggermente diverse, non c’è uno straccio di situazione in cui queste servano realmente.
Sparsi lungo il percorso si trovano casse contenenti cinque tipi di animali cavalcabili. Da Rambi il rinoceronte a Enguarde il pesce spada, passando per Turbi lo struzzo, Sqwak il pappagallo e Winkle la rana. Sulla carta sarebbe stata una possibilità eccellente per diversificare i livelli inserendo ostacoli o parti superabili impiegando esclusivamente la bestiola adatta. In realtà ciò non avviene e l’unica peculiarità che gli amici a quattro zampe hanno è quella di rendere leggermente meno difficili alcuni passaggi, risultando alla fine praticamente inutili quando non controproducenti (Winkle in alcuni casi può risultare addirittura un peso).
Tutto ciò porta ad una banalizzazione strutturale che, nelle fasi avanzate del gioco, provoca una certa ripetitività, quando non noia vera e propria.
La presenza di decine di aree segrete (molte delle quali nascoste diabolicamente bene) inizialmente  è uno stimolo all’esplorazione, ma quando ci si accorge che consistono tutte in tre o quattro sottogiochi e che la ricompensa è sempre scarsa, la voglia di scoprirle rotola metaforicamente a valle. Il tanto sbandierato 101% di completamento è quindi solo un metodo poco divertente di allungare il brodo.
Nonostante ciò, Donkey Kong Country è comunque un ottimo platform. La perfezione dei controlli e delle collisioni, il ritmo velocissimo e senza soste (ma mai confusionario) e le splendide sezioni in cui si avanza facendosi sparare da barili-cannone (o le adrenaliniche corse dentro carrelli minerari), garantiscono divertimento a profusione. Classico, lineare, quasi brutale nella sua semplicità, certo, ma sempre di divertimento si tratta.


VOTO: 7

Offline EGO

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[SNES] Donkey Kong Country
« Risposta #2 il: 06 Set 2005, 20:34 »
E' troppo facile, col senno di poi, attribuire il successo di Donkey Kong Country ad una folla di graphic whores abbagliate dalla sfavillante grafica portata da Rare sul Super NES. In effetti, una semplice occhiata allo schermo basta a capire come DKC possa essere apparso rivoluzionario agli occhi di gente abituata a sprite piatti, poco ispirati, poco colorati, tutti simili tra loro, e a fondali essenziali se non inesistenti. Tutto merito della tecnologia ACM, che permette di "appiattire" dei modelli poligonali, rendendoli di fatto 2D e permettendone l'uso sul SNES, ma conservandone il look and feel tridimensionale. Ecco allora che Donkey e Diddy Kong, i loro nemici e gli ambienti da essi esplorati sono tutti squisitamente caratteristici, solidi, colorati e animati alla perfezione, rifiniti da effetti di ombreggiatura clamorosi e dotati di rotondità quasi palpabili. La verve dei personaggi di DKC è paragonabile solo a quella degli abitanti del Regno dei Funghi, e questo vuol dire molto: Rare, al primo tentativo, è riuscita a creare un mondo coerente e definito, immediatamente riconoscibile, in cui nessun elemento è anonimo o riempitivo. Si potrebbe parlare per ore dei fondali lussureggianti, degli elementi in foreground, delle animazioni ed espressioni delle scimmie e dei loro amici e nemici, di chicche come la luce bluastra e fumosa delle lampade appese nelle miniere e l'orgiastica nevicata del primo livello artico, una vera pietra miliare. Se ci aggiungiamo effetti sonori potenti e azzeccatissimi e musiche di straordinaria ispirazione e qualità, possiamo capire perché DKC sia apparso allo stesso tempo come la resurrezione e la gloria definitiva del SNES, la nemesi di fronte alla quale qualsiasi fanboy Sega deve aver avuto profonde crisi religiose, e il vessillo della nuova generazione di lì a venire.

Ma DKC non è tutto qui. Perché Donkey Kong Country è il più fulgido esempio esistente di platform occidentale a 16-bit, un autentico manuale di game design, un meraviglioso modello di giocabilità. DKC usa le banane come Mario usa le monete, i barili in vece dei blocchi, e fornisce ai Kong quattro animali, tutti diversi, come ideali sostituti dei quattro Yoshi di Super Mario World. E, come Mario, Donkey e Diddy hanno poche mosse a disposizione, ma con queste poche mosse possono fare moltissime cose. Ma DKC non è un clone di Mario, anche se ne trae giusta ispirazione. DKCè un gioco molto lineare, ogni livello segue al precedente senza diramazioni e si snoda dritto dall'ingresso all'uscita. E il giocatore attento si accorgerà che ogni singolo livello di DKC riproduce, in se stesso, un intero platform dei tempi che furono. Ricordate come in Super Mario Bros e Adventure Island, avanzando nel gioco, gli stessi livelli si ripetevano aggiungendo più nemici e più ostacoli? Bene, in un livello di DKC si incontra tutta quella progressione, presentando inizialmente una situazione, poi rendendola via via più complessa man mano che si procede verso l'uscita, in una gradazione di difficoltà gentile ma non indifferente, che offre anzi momenti di genuina frustrazione. Inoltre, dovendo riproporre più volte le stesse ambientazioni, DKC si assicura di shakerare ogni volta la situazione introducendo sfide e trucchetti sempre nuovi, impossibili da citare senza rovinare la sorpresa, ma sempre sicuri di suscitare stupore e complimenti per la creatività di Rare.

Donkey Kong Country è un arcade di quelli più classici, la cui unica componente esplorativa è legata alla scoperta di un buon numero di stanze bonus che vanno ad aumentare la percentuale di completamento, ma perfino queste stanze sono dei "bonus" nel senso più tradizionale del termine, dato che il loro unico scopo pratico è quello di dispensare vite extra attraverso giochini vari. Paradossalmente, però, questo che dovrebbe essere il punto di forza della rigiocabilità è anche il punto più debole di DKC: le stanze segrete sono disposte senza particolare logica e spesso richiedono di distruggere dei muri il più delle volte insospettabili. Inoltre, entrare in una stanza bonus significa saltarsi una fetta di livello, finendo per non notare il mirabile lavoro di design e di accuratissima calibrazione della difficoltà offerto dal gioco.

Di difetti DKC ne ha ben pochi. Il gioco non è breve, ma la mancanza di elementi extra oltre alla ricerca delle stanze bonus può farlo sembrare tale e, alla fin fine, un po' insoddisfacente, anche per i boss facilini. Inoltre, certi punti sono eccessivamente punitivi e, in particolare, l'utilizzo a volte smodato dei calabroni Zinger ha dei parallelismi preoccupanti con gli spuntoni letali di Rockman, mentre altre situazioni sono superabili solo dopo un fastidioso trial and error che porta via chili e chili di vite. I controlli, purché ottimi, a volte sono un po' rigidi, specie quando si cavalca uno degli animali amici. Ma tutto questo impallidisce di fronte al risultato finale: nelle parole di Tiziano Toniutti, "DKC è una gabbia di cioccolata e starci chiusi dentro" è una dolce riscoperta delle radici dimenticate del platform più puro e più classico. DKC è a tutti gli effetti l'unico platform 2D con sufficiente carattere da poter competere testa a testa con Mario e da solo spazza via il resto della produzione a 16-bit in quanto a giocabilità pura e semplice, mollando il colpo di grazia con uno sfoggio di potere tecnologico impareggiabile, ottenuto tra l'altro senza doparsi con chip aggiuntivi. Pochissimi personaggi avrebbero potuto riemergere da un oblio decennale in modo così sfolgorante, e pochissime softco avrebbero potuto permetterglielo, ma Rare con Donkey Kong Country c'è riuscita. Giù il cappello.