Sonic (uno qualunque, il verdetto non cambia)
La sopravvalutazione universale per eccellenza.
Mentre Super Mario edificava la sua fama su un equilibrio sopraffino tra abilità di esecuzione immediata ed esplorazione accorta degli spazi, permettendo di scegliere in modo autonomo l’approccio più adatto a seconda dei casi e dei gusti - ma sempre senza perdere un colpo su nessuno dei due fronti - questo giocattolaccio sbarluccicoso, piena incarnazione della vacuità anni novanta, ti costringeva a rivivere ancora e ancora un eterno incubo di vorrei-ma-non-posso.
Se provavi a procedere con calma, saggiando spazi ed ostacoli, dovevi lottare contro un’inerzia da peperonata a mezzanotte, compromettendo ogni scelta di level design che si potesse chiamare tale; al contrario, se ne assecondavi le velleità acceleratorie, andavi a sbattere costantemente e irrimediabilmente contro la qualunque, precipitando da 100 a 0 in un secondo netto, con quell’irritante animazione a rinculo e gli anelli sparsi ovunque a ulteriore sberleffo, in un saggio orribile e in anticipo sui tempi della pratica del coito interrotto.
E tutto questo per tacere della sua “estetica” Giochi Preziosi (poi scimmiottata da tanti altri prodotti Sega, va detto), una sorta di retrofuturismo plastificato il cui più prossimo referente culturale erano gli interni in finto legno della familiare del nonno.
God of War (Quello più brutto)Un diorama finto come Giuda, pretenzioso a vuoto, inutilmente complicato, scritto male e disegnato peggio. Forma (brutta) vs. Sostanza (noiosa) ai suoi massimi.
Non sono un fan della trilogia originale, che rimane una cafonata auanagana senza appello; ma perlomeno si faceva giocare con un po’ di sano button mashing e giusto due neuroni accesi, non si prendeva mai troppo sul serio, faceva ridere col suo gusto eccessivo e il gore ingiustificato, e insomma stava talmente sopra le righe che tutto sommato arrivavi in fondo con la pancia piena e il sorriso sulla faccia.
Questa roba qui, invece, non è né carne né pesce. Cerca di essere un po’ tutto, in un chiaro esempio di cerchiobottismo che è il male del medium in genere, risultando alla fine in un bel grosso grasso niente.
Personaggi macchiettistici che si prendono terribilmente sul serio; ambientazioni kitsch ricolme di effettacci visivi che mascherano un mondo immobile di cartongesso; design di personaggi e bestiario da carte Magic quelle venute male; esplorazione farlocca, che riesce a riassumere il peggio delle avventure a corridoio con la dispersione degli open world, ma senza i pregi né dell’uno né dell’altro; e ultimo ma non ultimo, un core design che consiste, per amor di verità, in infinite ore trascorse nei menù cercando di capire cosa cambi se Kratos indossa la giarrettiera di pitone piuttosto che il piercing allo scroto.
Ho retto fino agli elfi du cirque du soleil in mezzo ai fiorelloni lucciconi, poi ha vinto l’amor proprio. Non conoscerò mai questa incredibile svolta drammatica che ha fatto gridare al miracolo le groupie di Topolinia. Esticazzi?
Devil May Cry (Vanquish)Dove il Male ebbe inizio: la mitologica trasposizione tridimensionale dei Beat’em’Up, che già mi stavano discretamente sui coglioni in forma dueddì, segna l’inizio di un lungo periodo buio nella storia dei videogame, di cui forse solo ora, grazie al videogioco-come-esperienza e alle contaminazioni col cinema, intravediamo la fine (all puns intended
).
La frenesia isterica da sala giochi portata ai suoi estremi, resa ulteriormente ingestibile dalla profondità del poligono, e per di più nel salotto di casa. Come se nella vita reale non ci fosse già abbastanza stress, da doverlo amplificare nel tempo libero.
In parentesi, l’esponente più odioso del genere.
NintendoSì, tutta la videografia della Grande Matrigna.
Perché sprecare così tante idee, intuizioni, risorse materiali e intellettuali, per trasformarsi nella Disney del videogioco, un produttore a ciclo continuo di giocattoli di consumo che non lasciano niente a esperienza finita, con un immaginario fossilizzato da decenni e ormai schiavo di sé stesso, è un peccato mortale.
Tutto ciò che di buono produce l’industria, sta là dove chiunque altro faccia tesoro dell’esperienza Nintendo, edificandoci sopra un senso altro.
Lunga vita al re, ma dategli dei vestiti per l’amor diddio.
Pes-FifaUn saggio prima di me ha scritto: il videogioco che odio sul gioco che odio.
Negli anni duri e difficili dell’inadeguatezza, non bastava che tutti praticassero, e guardassero, e parlassero di quel fenomeno di rincoglionimento di massa che è il calcio; no, doveva anche contaminare la mia piccola alcova protetta di diversità nerd.
Morissero male.