E niente, ci sono ricascato. Stesso motivo.
La neuropatia periferica che mi affligge le mani da quando sono iniziate le terapie, questa volta non accenna a diminuire a distanza di quasi quattro giorni. Le altre volte al quarto giorno è sopportabilissima, dopo sei diventa lieve. Dopo dieci è quasi sparita anche se poi, il giorno dopo, tutto ricomincia.
Nonostante un farmaco nuovo che dovrebbe ridurne l’impatto, oggi non mi ha dato pace.
Mille cose da fare coi guanti un po’ spessi, e mille cose fatte sempre con un po’ di fatica.
Si accumula un granello di frustrazione ogni volta, ma fa niente ti dici, dai poi tutto passa pensi.
Gianni deve fare tutto, anche apparecchiare, che di solito lo faccio io.
I piatti, le posate, il porta tovaglioli, i bicchieri. Tutto off-limits, tutto che mi appare come un ostacolo.
Oggi a pranzo mi ha fatto trovare il manico della forchetta con lo scotch di carta perché potessi usarla senza guanti e senza inventarmi origami coi tovaglioli di carta.
Sono giorni che mi dico che dovrei comprare quelle col manico di plastica su amazon, ma intanto ho comprato il mio primo smalto, quello trasparente, per rafforzare le unghie ed alimentare il mio assicurato futuro da Drag Queen.
E poi arriva la sera.
Gianni spadella, improvvisa una grigliata di carne mista perché ne mangiamo ormai pochissima ed ogni tanto ci viene proprio voglia. Ed a pasquetta la grigliata non stona mai come invece farebbe un congiuntivo usato al posto giusto sui social.
Decido di apparecchiare, cosa può esser mai. Libero il tavolo, lo pulisco, metto la tovaglia.
L’unico bicchiere che posso prendere facilmente è il mio, in simil-plastica trasparente, quello dell’esselunga che se lo metti in lavastoviglie si rovina subito e poi un bel giorno esplode.
Ne abbiamo fatti fuori quattro, ce li aveva regalati Ammar.
Continuerà essere lavato in lavastoviglie ovviamente. Ed ovviamente esploderà.
Provo a prendere le posate e con fatica e frustrazione le porto a tavola. Gianni spadella ed io di nascosto ingoio un singhiozzo. Alla fine prepara i piatti finisce di apparecchiare e serve in tavola, sempre col sorriso di chi non ti fa pesare mai nulla.
Ma il peso io lo sento, si è accumulato in questi giorni, granello dopo granello come in una clessidra ostruita.
Se gli dai un colpetto prima o poi un granello passa.
Cominciamo a mangiare, Gianni mi versa la birra perché la Corona arriva dal frigo e non posso toccare la bottiglia. Sale, pepe ed un piccolo colpetto alla clessidra.
Prendo la forchetta con lo scotch che però scivola via perché il vapore lo ha un po’ staccato.
Rammendo con un tovagliolo di carta ed intanto do inavvertitamente un altro colpo alla clessidra. Si dovrei proprio comprarle su amazon quanto prima, ma intanto ho comprato anche una piantina di plastica che dicono che sulla scrivania un tocco di verde faccia bene alla produttività. Ed ho comprato anche un levapelucchi che magari può servire.
La carne è buonissima, forse ho esagerato col sale ma la precisione in questo periodo non è il mio forte. Mangiamo, parliamo, ridiamo ed io sono felice perché le cose che contano sono queste. Sul più bello la forchetta mi scivola dalle mani, si stacca gran parte dello scotch e l’ultimo colpetto alla clessidra libera l’ostruzione.
E niente, alla fine scoppio a piangere lacrimoni giganteschi che provo inutilmente ad ingoiare e soffocare. E Gianni mi guarda mi sorride, si alza e mi abbraccia forte mentre seduto gli singhiozzo come un bambino sulla pancia.
Dai se vuoi ti imbocco io se vuoi, o almeno ti taglio la carne, mi dice.
Un moto d’orgoglio mi pervade, ingoio i miei lacrimoni e penso che va bene tutto ma la dignità, se mai ne ho più avuta una da quando in ospedale ho dovuto accettare il lavaggio intimo delle infermiere, la devo difendere.
Con dubbia grazia, metto da parte posate, clessidre e tovaglioli: si mangia con le mani.
Ancora con gli occhi e la gola un po’ ingolfati mangio di gusto leccandomi le dita.
Mangiare con le mani è bello, il rapporto col cibo sembra diventare significativamente più profondo.
Se l’avessi fatto in passato, quando lavarsi le mani significava passarle 7 secondi sotto il rubinetto, mi sarei preso il tetano. Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato ultimamente è che bisogna cantare due volte “happy birthday” prima di potersi ritenere soddisfatti. Io canto un giorno all'improvviso, perché ho nostalgia.
Il sale. Avevo salato troppo. Entra lateralmente e sotto le unghie. Anche una micro lesione al dito che non sapevo nemmeno di avere, mi canta sapore di sale sapore di male.
Guardo Gianni scoppio a ridere come uno scemo, il sale mi sta uccidendo dico e ridiamo di nuovo come due scemi
E sono di nuovo felice.