Il punto, per quanto mi riguarda, è un altro. E riguarda non solo i videogiochi. Ovvero, che oggi può accadere che la rappresentazione di una figura femminile più "moderna" non sia onesta. Perché non c’è uno scrittore dietro, ma un PR. Non c'è una volontà narrativa, ma altro.
Il punto nodale secondo me è solo questo, il che, esplicitando, significa scegliere un tipo di rappresentazione per compiacere un target group e, allo stesso tempo, intellettualizzare all’apparenza il prodotto, al solo fine potenziarne la visibilità a livello social e, quindi, commerciale.
Il tutto senza che ciò che teoricamente dovrebbe essere associato al soggetto scelto, in termini di tematiche e contenuti, venga poi effettivamente sviluppato nel gioco o, per lo meno, declinato in maniera funzionale a esprimere un concetto.
Ma questo vale un po’ per tutto l’intrattenimento contemporaneo e per tutti i target group, basti pensare alla pianificazione da Gantt aziendale di Dinsey nella rappresentazione rigorosamente UNICEFsploitation dei soggetti, che, però, rimane lì come uno sfondo fatto di sagome di cartone, bidimensionali e inerti, stagliandosi su un nulla fatto di fischi&botti ed escapismo allo stato puro.
Del tipo: “mettiamoci l’afroamericano, l’asiatico, l’omosessuale, il socialmente svantaggiato… ci siamo scordati qualcuno? Ah, sì, manca la donna curvy-e-cessotta… va be’ ma, cazzo, non c’è veramente spazio per tutta sta roba inutile e BRUTTA, facciamo che l’asiatica è pure curvy-e-cessotta, si mette col nero, ma si veste come una minatrice del Sulcis e ha atteggiamenti un po’ ambigui, così accontentiamo pure le bi-lesbo-pervertite-quel-che-è, poi ‘sti due sfigati aiutano i bimbominchia svantaggiati e pure i fottuti animali del cazzo, così, oh, ci siamo levati dalle palle tutta la monnezza dell’umanità in colpo solo e possiamo concentrarci sui fischi&botti e sul romance tra i fighissimi CAUCASICI-master-race! SIEG-HEIL, ahem, volevo dire YEAH!”
Ogni riferimento a Episodio VIII è puramente casuale, chiaro.
Questa è la RISPOSTA commerciale, tra l'altro, ché a mio avviso, il problema reale nasce dalla DOMANDA, ed è qui che mi voglio soffermare, ché la cosa mi sta a cuore.
Il radicamento dei social nel lifestyle ha reso naturale pensare che QUALSIASI cosa sparata a cazzo sulla Rete da CHIUNQUE abbia un peso e una significanza per il mondo, anche postare su Instagram la foto del cremino che hai scaricato nella tazza del cesso #stamattinaprimadiandareallavoro.
La naturale conseguenza di questa linea di pensiero, nel medio-lungo termine, è stata la convinzione che ogni individualità (in quanto tale, indipendentemente dalla consapevolezza che ha di se stessa) ha di per sé ‘qualcosa da dire’, un peso e una significanza per la RAPPRESENTAZIONE del mondo. Pertanto, ogni individualità PRETENDE di essere compiaciuta attraverso la creazione formale di comfort zone ad hoc, altrimenti partono sommosse social che a confronto l’Intifada è ‘na chiaccherata tra amici.
L’associazione mentale è perversa ma immediata: se con due click il mio profilo è sotto gli occhi del mondo, perché con altrettanta facilità il mio ‘profilo’ non è anche in un telefilm, film, videogioco, fumetto? Perché il mondo non rispecchia ciò che sono? È un’ingiustizia, cazzo, #indignazione #gomplotto #governoladro!!!”. Non è che
magari a un Autore fotte sega di chi sei e
magari vuole esprimere lui, per una volta, qualcosa di SUO a te e
magari se lo stai a sentire potresti scoprire anche qualcosa di più su di TE?
No, Siamo arrivati alla visione dell’intrattenimento come selfie di gruppo, basta esserci, anche se sei sullo sfondo, immortalato mentre ti scaccoli, in un’istantanea che non racconta un cazzo, mostra solo della ‘gente’ per come ‘sta gente vuole/crede di essere. Ma il consenso c’è, ché, considerata la superficialità media con cui la #visionedelmondo viene percepita nella dimensione social, non importa che quanto rappresentato non abbia effettivamente alcun significato.
Come regola Zen insegna, il tutto è il niente, e questo pan-presenzialismo autoerotico può coesistere solamente in assenza di qualsiasi volontà autoriale, ché un’idea-che-è-una farebbe giocoforza emergere un soggetto dall’ORIZZONTALIZZAZIONE totale PRETESA come regola nazifascista dalla comunità di utenti. Così, ecco la risposta commerciale: ti assecondo, ti piglio per il culo e mi sforzo pure meno di essere creativo, visto che TU in primo luogo me lo richiedi. Siamo proprio alla conferma totale della teoria dei meme di Dawkins, altro che.
Pertanto, dato questo scenario, ma che vogliamo dire sulla donna e videogiochi, seriamente?
Che a Lara hanno ridimensionato le tette per rappresentare le donne in maniera più sana e de-sessualizzata?
No, è solo una presa per il culo per spacciare per politically correctness il fatto che le tette grosse sono un retaggio anni Novanta e non vanno più di moda. La cinica realtà è semplicemente che, in fatto di tette, il modello di bellezza oggi è shiftato da quello à la Pamela Anderson a quello à la Vikander, appunto, à la Gal Gadot, Ruth Negga, Melissa Benoist e svariate altre attrici dalla tettina di marmo cesellata con perfezione rinascimentale su una pancia piatta da istruttrice di fitness.
Si tratta di un trend, punto, e non è che questo generi MENO frustrazione nella ‘ragazza qualsiasi’. I numeri parlano da soli: nel 2015 il mercato della mastoplastica additiva segna un crollo verticale del 20% a cui segue un’impennata delle operazioni di mastoplastica riduttiva e di riduzioni dei capezzoli, queste ultime nel 2018 sono diventate le operazioni di chirurgia plastica più richieste dalle donne. Se i canoni estetici erano ancora pro bombshell, col cazzo che riducevano le tette a chiunque, avremmo ancora la Lara-Rhona-Mitra.
Che altro vogliamo dire, dei costumi succinti, davvero?
Cioè, in Street Fighter V abbiamo un Urien con un fisico da dio greco e due cleenex a corprigli il pacco e c’è gente che voleva censurare le chiappe di Mika #perchégliuomninineivideogiochisonovestitieledonneno? Ridicule. Di media la raffigurazione maschile è ‘sballata’ quanto quella femminile e altrettanto revealing, con fisici che per lo più spaziano dal modello di Dolce&Gabbana a Dave Bautista, six pack sempre in mostra e bicipiti che puoi avere solo se ti licenzi dal lavoro e metti le tende in palestra. Considerata la comunità gamer maschile, affollata di obesi e gracilini, modelli di questo tipo avrebbero dovuto scatenare la Nona Crociata via social o suicidi in massa in stile lemmings.
Vogliamo anche parlare di Ivy che è ancora tettona? Mavivaddio e lo dice uno a cui, per giunta, piacciono personalmente le sopracitate tettine. Il punto è che si guardano le tette e non le proporzioni d’insieme, ché Ivy ha anche un culotto e cosciotte formose proporzionate col seno, tanto da poter essere a pieno titolo un’icona positiva della bellezza curvy. A tal proposito, la sua trasposizione 1:1 in live action sarebbe Stefania Ferrario, la top model curvy per eccellenza, mica Kate Moss.
Ma se la Ferrario dice su YouTube che è contenta di aver visto una concorrente curvy in finale a Miss Italia, perché questo aiuta lo sviluppo di una percezione più ampia della bellezza femminile, diventa l’idolo delle donne, se invece Ivy si presenta maggiorata in Soul Calibur diventa l’icona di depravazione fatta a uso e consumo del NERD segaiolo. C’è il dito e la luna, basta unire i puntini, cazzo.
Alla fine tutto 'sto papirone per dire, che il problema non è come e quanto sono rappresentati donne, uomini, bianchi, neri, gialli, gay, eorotomani, chiunque. Il problema è che laggente dovrebbe smettere di volere un intrattenimento a sua immagine e somiglianza, dovrebbe smettere di pretendere tolleranza sotto forma di rappresentazione ad personam da parte dell’entertainment e pretenderlo con intolleranza. Dovrebbe tornare ad essere veramente TOLLERANTE quel minimo sindacale sufficiente da permettere a un AUTORE di esprimersi.
Io
sono stato James Sunderland, Travis Touchdown, Wanda, Bayonetta, Snake, Garcia Hotspur, Dante, il Re di Façade in Nier,
SOL – FOTTUTO – BADGUY e mille altri personaggi solo perché mi hanno raccontato qualcosa di me senza che
pretendessi fossero me.