Quanto tempo ci vorrà prima che il genere femminile divenga _davvero_ paritetico?
Suppongo, probabilmente, così tanto che la natura stessa deciderà per noi, eliminando i sessi e tornando all'ancestrale ermafroditismo.
Scherzo, ma nemmeno troppo.
Perché la cruda realtà qual è? Che le femmine hanno iniziato ad esprimersi non più di cinquant'anni fa. I maschi, circa trecentomila anni fa, centomila in più o in meno...
Ci vorrà tempo.
Giochi fatti da donne, per donne e non giochi fatti da donne talmente pervase dalle sovrastrutture ludiche maschili, da non concepire nemmeno l'ipotesi di ripartire da zero.
A volte ho l’impressione che alcuni maschi (o “uomini”?) si facciano un autentico onore di credere a questa, per molti versi, mistificazione storica.
Che le donne siano state plagiate, sottomesse, ed emarginate da certi aspetti della società umana nella storia, non vi è alcun dubbio. Il patriarcato è reale, ed è di lunghissima durata. Alle donne è stato tolto e negato molto, per il fatto di essere donne.
Ma. Spesso si tende (ironicamente, in nome di un greater good di cui ciascuno ha una prospettiva anche molto diversa) a usare questo argomento per sminuire, o negare, ciò che milioni di donne hanno fatto per contribuire alla storia dell’umanità (“dell’Uomo” è oggi un’espressione sgradita, per restare in argomento).
Che cosa vuol dire, nel tuo post, “esprimersi”?
Perché, io sospetto, quelle statuine, collanine, abiti, e altri innumerevoli tool che conosciamo essere stati prodotti dalla nostra specie ai suoi albori, sono di certo, in parte, di fattura femminile (molto bella anche la domanda di mog_tom sulla paternità [o maternità?] delle figure rupestri). Paradossalmente, forse, in quei giorni l’arte era più paritetica di quanto non sia stata nei millenni successivi, con uomini e donne ugualmente dediti alla manifattura, di armi quanto di talismani, di pitture quanto di collane.
Anche quando sono state soffocate e tenute in disparte, le donne non sono mai state mute e immobili. Hanno sempre fatto il loro. Certe volte ho motivo di sospettare che, quando leggiamo un romanzo o un fumetto o vediamo un film e - ammirate! - il leggendario artigiano, il famoso saggio, il grande guerriero errante si scopre essere una donna, la sorpresa che lo spettatore dovrebbe provare sia un becero artificio moderno. Siamo talmente convinti che il millenario scorno e disprezzo che le donne hanno subito sia assoluto, che “il grande maestro è una donna!” dovrebbe essere un evento storico quando, magari, all’epoca non ce ne si sorprendeva più di tanto.
E ci sono innumerevoli esempi di donne estremamente rilevanti e creative in ogni epoca, in ogni campo della produzione umana. A mio parere, la nostra insistenza nel considerarle delle anomalie virtuose fa più male alla “causa” delle donne di quanto non faccia constatare che sì, le donne hanno portato avanti la storia tanto quanto gli uomini. Il fatto è che, a quanto pare, scrivere cronache è sempre stato un impegno tipicamente maschile, e il cronista della storia è spesso un uomo di notevole misoginia.
La traballante convinzione moderna, che alcuni cercano disperatamente di far passare per scienza provata, per cui non esistono differenze biologiche sostanziali tra maschio e femmina (nonostante quel bel pezzo di cromosoma che li differenzia), è la radice di molti mali e di molte cause perse.
Nello specifico settore dei videogiochi, potrebbe semplicemente darsi (ma non si può dire!) che alla maggior parte delle donne non interessi né un certo tipo di prodotto, né un certo ruolo nella sua produzione. Ma molte persone vogliono che le donne partecipini attivamente alla creazione di VG con il preciso scopo di usare quei VG per mandare un messaggio, invece di fare il gioco che vogliono davvero fare.
Quali sono, a mio parere, gli approcci sbagliati?
1) Ritenere meno “rilevante” una donna che lavora nell’industria del VG come grafica, musicista, sound designer, background researcher ecc, invece che come game designer e writer principale. Yoko Shimomura non è una figura di secondo piano in questa industria, ma il suo contributo è raramente considerato alla stregua di quello di donne che invece creano le trame, i temi e i personaggi principali di un gioco.
2) Ricollegandosi al punto 1, forzare le donne ad assumere, nell’industria dei VG, dei ruoli a cui non sono interessate, con la scusa che “non è abbastanza” per promuovere la “causa” e la “lotta” delle donne.
3) Essere pregiudizievoli nei confronti di un gioco, mai visto e provato, solo perché è direttamente prodotto da una o più donne. Ciò sia da parte dei publisher, sia da parte del pubblico. “Siete donne quindi il vostro gioco non può vendere secondo le nostre aspettative” o “siete donne, quindi il vostro gioco non potrà mai piacermi come Doom” sono le vere stronzate contro cui bisogna lottare.
4) Molte donne partecipano all’industria del VG in ruoli presunti “minori”, e negarne l’esistenza e il contributo in base al principio del “non basta, ci vuole di più” è ancor più dannoso della mancanza di donne in ruoli di “primo piano” nell’industria.
5) Tapparsi occhi e orecchie e negare che, a grandi linee, le donne - sia nel ruolo di produttrivi che di consumatrici - hanno un rapporto col videogioco differente da quello della maggioranza degli uomini. Nella mia limitata esperienza non ho mai conosciuto una donna che si comprasse una console. Nessuna che avviasse il discorso videogiochi, se non prima avviato da un uomo. Nessuna che non mostrasse un certo atteggiamento di “se proprio non se pò fa’ altro” quando invitata a giocare. Nessuna che, di fronte a un gioco che stavo giocando io, chiedesse approfondimenti, mostrando un interesse anche poco più che passeggero. Molte hanno mostrato interesse nell’aspetto artistico dei giochi, ma quasi nessuna per il gameplay.
Ciò, ovviamente, non vuol dire che il mio atteggiamento standard di fronte a una donna, per quanto concerne i VG, sia “stai al tuo posto, torna in cucina e lascia giocare gli uomini”. Ma, statisticamente parlando, per la mia esperienza personale e per quelli che sono i giochi che mi interessano, non posso partire dal presupposto che una donna che incontro per la prima volta sia una persona con cui posso stabilire un legame tramite l’argomento VG. È un pregiudizio? Sì. Ma non intende sminuire la persona che ho davanti.
Mi chiedo quali siano codeste “sovrastrutture ludiche maschili”, poi. Un simile presupposto porta a pensare che a una donna non interesserebbe creare un FPS pieno di mostri, e che esistano “sovrastrutture ludiche femminili”. Trovo ciò ancora più pregiudizievole e sessista dell’atteggiamento che vorrebbe combattere. Non sono solito approcciarmi a un gioco e, dopo qualche tempo, pensare “questo sarà opera di un uomo/di una donna”. Il tipico gioco di Miyamoto, in base a simili categorizzazioni, lascerebbe pensare a “sovrastrutture ludiche (e anche narrative) femminili”. Qui rischiamo di creare pregiudizi, pensando invece di starli contrastando. Che è poi il paradosso dell’intero debate del gender: “io non sono a mio agio nel mio corpo”, “non esistono categorizzazioni e ruoli sociali fissi basati sul sesso”... perciò modifico il mio corpo, il mio aspetto, il mio comportamento, per conformarmi ad un’altra categorizzazione che più mi si confà. Ma sempre categorizzazione è.
Perché un gioco fatto DA donne, dovrebbe essere PER donne? E perché un gioco fatto da uomini, non dovrebbe essere per donne?
Vedete bene che, restando legati a certi preconcetti, creiamo aspettative che finiscono per essere controproducenti a quella che riteniamo una giusta causa.