Ma il problema non è solo di budget o di riciclo, quanto piuttosto di impostazione: avessero tagliato o ridimensionato drasticamente tutto ciò che non è combattimento, avremmo avuto uno dei giochi più incredibili di sempre.
O meglio: se tutto il gioco fosse stato come la tenuta Hirata e i dintorni di Ashina fino a Gyonobu compreso.
Lì infatti Sekiro da il meglio di se, in particolare la tenuta Hirata.
Ci arrivi che intanto è una sezione completamente opzionale e già lì ti esalti. Poi è tutto l'insieme che davvero risplende diventando uno dei momenti più incredibili di tutta la generazione.
La struttura della mappa è fortunatamente lineare ma anche vasta e complessa senza essere dispersiva, ricca di spunti di interesse, cose da fare e vedere e con vari percorsi secondari che consentono tanto di esplorare (ben remunerati, visto che trovi componenti di strumenti protesici e grani di rosario) quanto di sperimentare vari approcci al superamento degli ostacoli sia naturali che "viventi". Persino le meccaniche stealth, superficiali e poco utili, vengono molto ben sfruttate.
Ancora: ci arrivi che non hai padroneggiato bene le meccaniche, ogni nemico, anche il più innocuo dei gallinacci, può diventare un pericolo mortale e di conseguenza la tensione si taglia col coltello, alimentata dal temporale notturno che fa risplendere di pioggia ogni superficie e, sopratutto, da una colonna sonora pazzesca, con quegli archi iper-ansiogeni che si sciolgono in una melodia epica e solenne quando inizi a combattere.
Ma c'è di più: il senso di mistero e pericolo che ammanta ogni angolo, la natura e la disposizione delle squadre nemiche che ti costringono a sperimentare e ragionare e pianificare ma anche ad agire con precisione chirurgica, l'elemento soprannaturale e visionario dato dal mercante nel vaso e dalle carpe, la narrazione ambientale per mezzo dei dialoghi dei poveri abitanti del villaggio origliati da dietro le finestre, il palazzo in fiamme.
E poi i boss: il cacciatore di Shinobi che ti insegna la contromossa Mikiri, Jouzu l'ubriacone in apparenza invincibile ma che puoi affrontarlo in molti modi anche con l'aiuto di un samurai alleato e soprattutto lei, Falena, il boss (fino ad ora, fra quelli che ho visto) migliore del gioco.
Un insieme esplosivo di messa in scena, game design, level design di coesione ed ispirazione clamorose.
Poi continui ad esplorare i dintorni di Ashina che per altro sono molto ben strutturati con lo stesso principio della tenuta Hirata (anche se più in piccolo), combatti il gigante incatenato (altro boss spettacolare), i vari generali Ashina (tutti scontri tesissimi e adrenalinici), trovi la valle col dio serpente da cui nasconderti, il palanchino da cui accecarlo, arrivi nel cortile dove c'è la battaglia campale con Gyonobu che fa irruzione improvvisa a cavallo urlando, l'uso del rampino per fargli perdere equilibrio. Uno scontro epico e indimenticabile sotto la neve che cade placida e ricopre tutto incurante del sangue versato.
Nel frattempo hai imparato le basi del sistema di combattimento che rimane davvero fenomenale ed è il vero pezzo forte di Sekiro e ti esalti come un bimbo.
Battuto Gyonobu e scoperto il Tengu che vuole ammazzare "i ratti" pensavo davvero di trovarmi davanti al gioco della generazione.
Poi però qualcosa cambia, si incrina, non funziona più.
Il toro è la prima avvisaglia, un nemico davvero mal studiato e mal realizzato e non divertente. Poi c'è il castello Ashina.
L'idea sulla carta è vincente e molto rispettosa del giocatore: darti vari percorsi su cui ripiegare se trovi un ostacolo troppo difficile.
Il guaio è la realizzazione. Queste mappe inutilmente vaste e arzigogolate ma nel contempo vuote e dispersive, disorientanti in quanto prive di punti di riferimento visivi funzionanti e penalizzate dalla drammatica uniformità estetica degli ambienti, non divertenti da esplorare anche a causa di controlli e telecamera poco adatti alla bisogna (per usare un eufemismo) e, diciamocelo, pure poco ispirate visivamente, con un decimo sì e no del fascino paralizzante della tenuta Hirata o dei dintorni di Ashina. Inoltre i collegamenti\scorciatoie fra le varie zone sono inutili, troppo distanti e a causa del loro scarso numero falliscono nel dare il senso di "mondo organico e coeso" che era forse nelle idee di From.
L'ascesa al monte Kongo si riprende, perché torna all'impostazione lineare ma non troppo di Hirata e Ashina, ma più in piccolo, meno brillante pur mostrando alcuni fra i boss migliori del gioco (il cavaliere e il centipede).
Poi però la forra col fortino, la valle sommersa, il villaggio Mibu e il tempio della sorgente sono pure peggio, perché nel frattempo si aggiunge il riciclo spietato dei boss (e pure di quelli meno divertenti e più cheap, tipo i senza testa e i guerrieri Schichimen), il peggioramento del level design che si fa blando, dispersivo e confusionario e il decadimento della cura grafica che, quantomeno nelle prime fasi, è nettamente maggiore.
Nel contempo pensi al sistema di combattimento totale che hanno ideato e sviluppato e ne vuoi sempre di più.
Succede quindi che vuoi combattere, vuoi metterti alla prova, vuoi sfidare boss nuovi e sempre più creativi e feroci e... non li trovi. Perdendo tempo fra esplorazione fatta male, nemici comuni che oramai sono carne da macello e riciclo di boss (brutti) già battuti.
Quindi prosegui verso la fine con un grosso amaro in bocca per l'occasione sprecata, fermo restando che, con un sistema di combattimento così GARGANTUESCO e grazie alle fasi riuscite (che, quando riescono, spaccano tutto), si tratta senza dubbio di un gioco straordinario e, come Control e Astral Chain (gli altri due giochi della mia Top 3 2019), imperfetto e necessario.
Però, cara From, nel seguito usa 'sta benedetta Katana per tagliare via tutto il superfluo che, purtroppo, rischia (e, spesso, ci riesce) di prendere il sopravvento su ciò che è invece indispensabile.