Axelay (1992, Konami, Azione)
La mia famiglia.
La mia città.
Il nostro sistema solare, Illis.
E l'invasore alieno che da mesi lo bombarda.
Ripenso a tutto questo, mentre la cabina di pilotaggio finisce d'illuminarsi intorno a me. Le nostre forze armate sono allo stremo, l'estrema linea di difesa sono io e queste tonnellate di metallo e positroni che mi avvolgono, pronte a una partenza disperata. L'arma finale che dovrà lanciarsi nel cuore del nemico: in una parola, Axelay.
Dopo trenta secondi alla guida del caccia interstellare, mi è chiaro perché sino a ora è rimasto nel cellophane.
Leggera e manovrabile come il polpettone, la Axelay solca gli spazi siderali in un impeto suicida. È una delle migliori calamite mai viste per i laser nemici, che però si limitano fortunatamente a disabilitarle l'arma in uso, una delle tre principali che possiamo scegliere all'inizio di ogni livello. I missili ausiliari, soprattutto nelle missioni viste dall'alto, è meglio tenerli sempre attivi. Saranno gli impatti meccanici, contro rocce oppure acciaio, a mandarci al Creatore all'istante, e tanti saluti all'hitbox obesa che ci portiamo appresso.
Ogni missione completata (vivissimi auguri) ci regala un nuovo bizzarro armamento, pronto a renderci felici per qualche istante e subito tradirci. Si era parlato di missioni viste dall'alto perché Konami, con la sfrontatezza ch'era sua di diritto e la schizofrenia che si teneva stretta sin dai Contra, decide di alternare la prospettiva di gioco ad ogni livello, per dimostrare di riuscire a progettare livelli e armi che funzionino in ogni situazione.
La missione può dirsi riuscita. I livelli verticali godono di uno splendido effetto di curvatura dell'orizzonte, che però ci toglie un sesto dello spazio di manovra. Si continua ad avvertire la claustrofobia anche nei livelli orizzontali, ma un po' meno, perché non siamo più uno scaldabagno alla deriva nello spazio, ma qualcosa di paragonabile a una Vic Viper a media potenza.
Merita oggi? Konami vuole ancora dire la sua in merito agli sparatutto per SNES, dopo il mezzo fiasco di Gradius III. E lo fa con un gioco lussureggiante che non scende a compromessi, richiedendo dedizione e un'ottima memoria. Axelay non è difficilissimo, ma neppure facile: ogni centimetro di strada sottratto a Signora Morte è legittimo merito di esultanza. Sono cose che si potrebbero dire di ogni sparatutto, però qui siamo davanti a un gioco che ci fa sentire impotenti per stupirci col panorama, ammalia e ci resta sottopelle, anche e soprattutto se non si è particolarmente affezionati al genere. E infatti incassò poco...