E se questa non è la penultima, ovvero la S01E11, cosa’altro?
Dopo aver letto la biografia scritta da Diane, BoJack si rifiuta di mandare in stampa un libro che lo dipinge come un cavallo “egoista, narcisista e autodistruttivo”, per usare le sue parole dell’ultima scena. E quindi si ripropone di scrivere una sua autobiografia, ex novo, nell’arco di cinque giorni.
Ma quando si accorge che è un’impresa improba, ovviamente, opta per l’unica soluzione che, nella sua testa, può funzionare: imbottirsi di droghe. Da qui parte un viaggio psicotropo-onirico nella sua coscienza che dura sostanzialmente tutta la puntata, e dal quale, alla fine, riemerge un BoJack nuov... Oddio, forse... O forse no.
Ora, ho un paio rilievi su questa puntata...
Primo, il viaggio nella coscienza, come premessa e come racconto, è telefonato all’ennesima potenza. Ma d’accordo, questo potrebbe essere irrilevante.
Secondo, tutto il problema da cui muove la crisi di BoJack (lo spietato ritratto che di lui esce dalla biografia) nella serie NON esiste. Perché qualsiasi situazione abbia attraversato, BoJack non ne esce mai come un figlio di puttana che merita la berlina. Nell’intera serie si macchia di un vero gesto da bastardo (quello contro Tod), ma per il resto (inclusa la vicenda Herb) è sempre vittima di sé stesso, della sua insicurezza, o persino solo guascone. Insomma, sono più fastidiosamente dissoluti Peter Griffin o Homer Simpson, a tratti, che questo povero cavallo.
La cartina di tornasole è proprio la domanda finale di BoJack a Diane: “D’accordo, sono egoista, narcisista e autodistruttivo” (e la serie questo lo racconta ottimamente) “ma io, in realtà, sono buono?”. E qui scatta il cortocircuito della narrazione. Perché per lo spettatore definire BoJack “cattivo” è complicato, se non impossibile. Quindi decade tutta la tensione emotiva e morale del raccon...
Ehm...
Ho esagerato?
Ok, stavamo dicendo?
Ah, già, il voto...
Voto: due palle e mezza (psicanalizzate da Lucy) su cinque