Be', era da tanto che un videogioco non mi faceva piangere, e forse mai nessuno mi aveva fatto piangere così e ridere al tempo stesso. Bellissimo, bellissimo finale per un grande gioco.
In 86 ore ho mancato tantissime cose. Per fortuna XC2 non è esigente come altri JRPG: il boss finale ha 10 livelli in meno rispetto a quello di XC1, e io ero di livello equiparabile, perciò ce la siamo giocata abbastanza ad armi pari.
La trama, nel complesso, è decisamente più semplice rispetto a tutti gli altri Xeno, a meno che le tantissime subquest relative ai Blade (che non ho visto) non facciano insorgere più domande che risposte. Non mi pare che ci siano i grandi pipponi filosofici degli altri giochi, e non ci sono troppi giri di parole, diecimila flashback e dozzine di definizioni che richiedono un glossario e 8000 pagine web di speculazioni. Siamo lontani dalla verbosità, dalle infinite allusioni e dagli infodump di Xenosaga.
Il tema del gioco è l'identità personale, da cui deriva il proprio destino. Chi sono gli uomini? Chi sono i Blade? E perché esistono? I Blade sono immortali, danno vita ai titani e dai titani prendono vita. I Blade vivono, in entrambe le forme, come servi degli umani, pur essendo tecnicamente esseri superiori.
Gli umani hanno ricordi, e li trasmettono; i Blade invece perdono i ricordi quando perdono il loro Driver. La perdita dei ricordi è un timore e una sofferenza per tutti, eppure i Flesheater e i Bladeeater vogliono l'oblio.
Malos si è separato dal suo Driver, è in grado di esistere senza di lui, eppure fino alla fine cerca di realizzarne l'obiettivo.
Tora non è in grado di risuonare coi Blade, ma alla fine il suo Blade artificiale si rivela quello con gli atteggiamenti più umani e "biologici" di tutti. Il momento dell'high five tra Poppi e Mithra è uno dei più teneri e commoventi di tutta la storia.
I personaggi si interrogano costantemente sui temi di agency e destiny, rivelando le debolezze di esseri di fatto immortali e, dall'altra parte, l'enorme potenziale di esseri fragili e mortali. Persino l'Architetto, che è stato in grado di creare un nuovo mondo, è un essere a metà, sospeso tra due universi che non possono incontrarsi.
Dio stavolta non è malvagio, non usa gli umani come carne da macello, e nemmeno li manovra come burattini. Per una volta, i personaggi di uno Xeno non uccidono il loro Dio per liberarsi da un giogo, ma lo ringraziano per aver loro donato la vita e la possibilità di scegliere come viverla.
Tutta la trama l'ho sentita molto leggera. Non ha i momenti di tensione, di orrore, di olocausto dei precedenti Xeno, e forse per questo è meno epico. Ma questa leggerezza ci voleva: a 20 anni da Xenogears, finalmente un gioco più ottimista, meno intricato, meno angosciante.
I personaggi sono adorabili. Nel cast principale, Nia regna suprema, con la sua schietta sfacciataggine e il suo formidabile accento; tra i Blade, Poppi nasce come comic relief e poi si evolve nel corso delle ore per non smettere mai di stupire, fino alla fine.
Mi dispiace tantissimo che la nuova patch sia stata rinviata al 2 marzo, perché io sarei già qui pronto a ricominciare da capo, questa volta sapendo meglio come gestire tutto il sistema di gioco. C'è tanta di quella roba che mi sono perso, e non mi va molto l'idea di farla come post-game.
Se il genere vi piace anche solo un pochino, provate Xenoblade 2, davvero. Parte lento, ma offre un'infinità di contenuti.