Invece mi chiedevo, il Topic l'ha aperto Eugenio, ma non ha commentato ancora. Quando la recuperi? Sono curioso di sapere cosa ne pensi.
Ho visto la serie in un lampo, poco dopo la sua uscita; il periodo era intenso, e così ho perso l'occasione di scriverne a caldo. Col senno di poi, tanto mi ha coinvolto sul momento, quanto mi ha lasciato poco già sul breve periodo. Ma, attenzione: non per difetti della serie che, anzi, trovo una delle novità televisive più fresche degli ultimi anni. Il fatto è che molto di ciò che vediamo deriva o comunque attinge a tecniche e strumenti tipici del teatro, così come pure l'approccio generale è di chiara matrice teatrale. E praticando amatorialmente teatro, alla fine mi sono ritrovato in un certo senso a casa, in una dimensione nota, e l'entusiasmo provato durante la visione è scemato.
Note personali a parte, in realtà si potrebbe scrivere moltissimo di questa serie: sulla sua metareferenzialità, sull'uso sapiente che fa dei tre piani di narrazione, sull'intersecazione di due piani temporali, sulla rottura della quarta parete. Magari accenno qualcosa, nella speranza sia di stimolo ad altri interventi.
Attenzione: di seguito vi sono anticipazioni che possono alterare la neutralità di visione.
Sulla metareferenzialità, occorre osservare l'intreccio tra il linguaggio della protagonista - che nel tempo della sua azione anticipa o posticipa parti del suo racconto - con il linguaggio della narrazione - con stacchi temporali slegati da quanto rivelato da Prairie -. Sempre lasciando intendere vi sia altro, sempre spingendo lo spettatore a usare i riferimenti interni all'opera per cercare - e trovare, come verrà esplicitato nel finale - soluzioni esterne.
La metareferenzialità è strutturale, non è a servizio dell'opera: è il tema portante.
Sui tre piani di narrazione, distinguiamo: la Prairie autodiegetica onniscente che racconta ai suoi interlocutori e allo spettatore quanto accadutole in passato; la Prairie autodiegetica con focalizzazione esterna che vive gli eventi successivi al racconto ma è ignara degli effetti che produrranno alla sua sua realtà; e la voce narrante della Prairie regista che si rivolge direttamente allo spettatore. Tutte le voci narranti hanno consapevolezza di un pubblico, il quale non è pienamente consapevole di esserlo finché non avviene una rivelazione.
Sui due piani temporali, il primo, esplicito, è dato dalla narrazione lineare di quanto accaduto a Prairie; il secondo, implicito, è dato da come questa narrazione modifichi la sua seconda vita. Non si tratta di due piani paralleli ma di piani intrecciati, perché in vari punti si toccano ed è necessario accada qualcosa nel presente di Praire affinché lei possa proseguire il racconto del suo passato; e viceversa. E non si tratta di linee temporali ma di piani, perché entrambi non hanno una sola dimensione - dal passato di quanto accaduto al presente di quanto narrato -, ma necessitano di una seconda dimensione temporale - dal presente delle due narrazioni al presente della Prairie regista, e quindi al presente dello spettatore -, per essere dispiegati.
Sulla rottura della quarta parete, è implicita fino alla conclusione del racconto quando, dichiarata, diviene esplicita. Lo spettatore viene messo a parte di una storia, finché la storia diviene la sua.
Chiaro è qui l'intento di smuovere un'azione consapevole, o almeno una presa di coscienza, in chi abbia visto la messa in scena. Un po' come negli spettacoli teatrali, quando l'attore si rivolge direttamente al pubblico o con una domanda o con una provocazione aperta; anche qui ci si trova nella condizione in cui ci viene chiesto di fare qualcosa. E noi sappiamo che anche il non fare niente, di per sé è un'azione: scelgo di stare fermo, di aspettare altri agiscano. La stasi e l'attesa passano attraverso il vaglio critico, sono volute. Sono agite.
L'alternativa, c'è. Possiamo fare qualcosa.
Facciamolo.
In questo contesto, penso di averlo fatto.