Ironia della sorte, una delle migliori recensioni/spiegazioni di Arrival viene da un saggio del 1969, di cui riporto una parte:
"I nostri progenitori costruirono la loro idea del mondo partendo da un'idea che oggi definiremmo geocentrica, e arrivarono a conclusioni speculative circa il destino dell'anima in seno ad un cosmo in cui ancora oggi si trovano intrecciate l'attuale geografia e la scienza dei cieli.[...]Il loro edificio poggia su una concezione del tempo diversissima da quella moderna, che è metrica, lineare, monotona. L'universo di allora non poteva avere nulla in comune con il nostro, derivato com'era dalla rivoluzione apparente degli astri, dalla pura cinematica.[...]
Il Tempo Cosmologico, la "danza delle stelle", come lo chiamava Platone, non era semplice misura angolare, un ricettacolo vuoto, com'è diventato ora, per contenere la cosiddetta storia, cioè quelle soprese paurose e senza senso che la gente si è rassegnata a chiamare fait accompli, si pensava che esso fosse abbastanza possente da esercitare un controllo inflessibile sugli eventi, plasmandoli alle proprie sequenze in un sistema cosmico dove passato e futuro si chiamavano l'un l'altro, da profondità a profondità.
Maestosa e tremenda, la Misura ripeteva e rieccheggiava la struttura in molti modi, scandiva il Tempo, era fonte delle inesorabili decisioni che determinavano la "scadenza" di un dato istante[...] così che il Tempo tendeva ad essere essenzialmente oracolare: esso presentava, annunciava, per così dire, orientava gli uomini verso l'evento come più tardi doveva fare il Coro della tragedia greca.
Quale che fosse l'idea che l'uomo poteva formulare su se stesso, il dispiegarsi di fronte a lui dell'evento consacrato lo proteggeva dall'essere il "sogno di un'ombra". (Il mulino di Amleto)