Io, dopo oltre 10 ore di gioco, sto trovando un po' ribaltate le cose che ho letto.
Il piatto forte del titolo è il gameplay. Unico, peculiare, non proprio classificabile oltre alla stretta dicitura di "walking simulator" e, cosa più importante, molto citazionista rispetto agli esordi dei contesti tridimensionali. DS è proprio un manifesto del recupero del level design problematico rispetto ai criteri interpretativi del giocatore. In tal senso è lento, ma è un adagio ragionato. E' contemplativo ma con un occhio alla strada da percorrere in chiave ostativa. Si offre come un contesto da saggiare con prove empiriche e da scrutare senza timore di noia, almeno fino a questo punto. Non sarà il massimo della giocabilità in senso classico, ma possiede delle regole, una sfida, il ricorso al pensiero laterale. Il tutto poi immerso in un contesto tecnico e artistico di pregio, mentre si gioca.
Sogno un Tomb Raider con questa esplorazione e con relative difficoltà deambulatorie, sarebbe una bomba concettuale capace di restituire valore al franchise.
Perplesso, invece, sulla narrazione e il valore registico. Qui mi pongo un po' tra Kiavik e Neme, per motivi disparati. Non ho seguito né visto trailer, se non uno, prima dell'uscita per cui arrivavo abbastanza vergine. Eppure, questo polpettone di fantascienza, esoterismo, futuro ipotetico e velleità sociali mi lascia tra l'ammorbato e il disinteressato, anche perché vedo parecchi conflitti di natura stilistico-estetica che m'indispettiscono, quando non mi infastidiscono proprio. In questo senso è un Kojima assai peggiorato nella regia e nella narrazione per immagini, per cui, abbandonata la regia da blockbuster, s'infila malamente in certi stilemi registici nolaniani e refniani che lo vedono molto in difficoltà.
Vediamo quello che succede ma l'allegoria mi sembra povera e l'estetica non impeccabile.