A me cio' che non va giu' dell'islam e' l'imposizione. La volonta' discutibile di unire legge e religione in un groviglio inscindibile. Il capo religioso e' il giurista. Studiare legge significa studiare teologia. L'Islam e' un "diritto inalienabile" (e quindi dovere assoluto) riconosciuto nelle costituzioni. La religione e' un fatto intimo e interiore. La legge deve essere autonoma dalla religione. Poi certo, confezioniamo leggi di merda e a volte cattolicamente orientate, spesso malapplicate. Ma intanto siamo liberi di essere chi vogliamo (dal punto religioso, se non altro), nessuno ci impone di pregare/ digiunare/ vendicare.
Le religioni in se' sono cosa buona, anche l'islam, se pero' "non si nomina il nome di Dio invano", cioe' non lo si usa per governare un popolo, intentare guerra, uccidere. Nessun Dio puo' volere la morte delle creature che ha creato. E una cultura che non sa ( o meglio, non vuole) scindere dottrina e legge, morale e legge, politica e religione...
Io la vedo così, pazienza se per voi è sbagliato.
Esiste un numero sterminato di paesi musulmani nel mondo, e nella maggior parte di essi c'è una netta scissione tra religione e stato. Esistono si stati teocratici, dove la Sharia è di fatto la legge di stato, ma ciò non discende automaticamente dal fatto che un paese abbia una maggioranza islamica.
Lo stesso problema della generalizzazione sorge quando si parla di "cultura islamica". Anche senza prendere in considerazione le due grandi branche dell'Islam in Medio-Oriente (Sciiti e Sunniti), non esiste un Islam uniforme, e non esiste una cultura uniforme della stessa nei vari paesi in cui viene praticata. Per dire, un musulmano senegalese può avere una cultura e persino una teologia praticamente agli antipodi da un musulmano saudita.
Può esistere un senso comune di appartenenza alla medesima religione, ma che rimane a livello puramente superficiale.
Su un punto concordo, ovvero che l'Islam è meno secolarizzato di altre religioni monoteistiche, nel senso che sopratutto in determinati contesti geo-politici non si è creata una sufficiente distanza tra religione e politica. Ci sono molte ragioni per questo (eventi storici, la relativa giovinezza dell'Islam rispetto alle sue "cugine" ecc...), ma farei fatica a definirla come caratteristica strettamente legata alla natura stessa dell'Islam, anche perché la Storia non manca di esempi passati in cui civiltà islamiche si sono rilevate più tolleranti rispetto alle controparti cristiane del tempo.
E' un discorso complicato, indubbiamente, per questo credo che i discorsi tagliati con l'accetta non aiutino.
L'unica altra cosa che aggiungerei è sul tema scottante del "dissociarsi" ed in generale dell'atteggiamento dei cosiddetti musulmani moderati di fronte a simili situazioni.
(En passant, su questo proposito, fa quantomeno sorridere che quell'Abu Omar venga preso come rappresentante dell'Islam, per non parlare di qualche commento a random su Facebook.)
Come diceva bene MrSpritz, non esiste nessun organismo unificato dell'Islam, non esistono porta-voci dei musulmani, questo proprio per la frammentarietà di questa religione. L'unica cosa che si potrebbe fare è raccogliere voci singole, ognuna dei quali ha il peso che ha.
E' vero che le voci degli estremisti sono sicuramente più forti rispetto a quelle dei moderati, ma non è così in tutti gli ambiti? A parte ad esempio manifestare pubblicamente (come è stato fatto), cosa ci si aspetta che facciano le varie comunità musulmane e gli individui che le compongono? Scusarsi pubblicamente e subito correre a dissociarsi ogni volta che qualche criminale che strumentalizza la medesima religione commette qualche atrocità? E' possibile, ma non mi sembra la risposta. E sopratutto, sarebbe un doppio-pesismo alquanto pronunciato se confrontato con qualsiasi altro fatto con dinamiche non dissimili.