La rivista Forbes ha definito Spectre come "il peggior film di 007 degli ultimi 30 anni”.
Non sono assolutamente d’accordo, trattasi in ogni caso di un buon film ma capisco il punto. Il ciclo di Craig è arrivato al capolinea a causa dell’esaurimento propulsivo della fase muscolare del personaggio e questo film è ambiguo nel proporre una formula interamente soddisfacente. Dopo averne esplorato la genesi comportamentale, il passaggio di consegne tra il “vecchio” e il “nuovo” deve necessariamente invertire la rotta e ribaltare ancora una volta il concetto.
La caratteristica saliente di Spectre consiste essenzialmente nel recupero della struttura narrativa delle pellicole bondiane anni ’60, con tutto quello che ne deriva e conosciamo. E con essa l’iconografia plastificata del personaggio che non si concede altra introspezione che la missione stessa da ottemperare poiché sono chiari ed evidenti i cardini caratteriali su cui poggia.
Ma non solo per quanto riguarda questo aspetto. La filosofia del corpo del Bond fisico e furibondo di Casino Royale ha lasciato spazio a sequenze d’azione più corte, meno coreografate, in cui il procedere narrativo prende il sopravvento in minutaggio e distensione. Per cui si avverte una risignificazione che sarebbe bene inquadrare come l’allineamento ormai concluso con il periodo classico del personaggio. Dopo il ciclo con Brosnan (James Bond eccezionale ma funestato da sceneggiature terrificanti) e con il pungolo di Mission Impossibile e Bourne la serie aveva necessità di svecchiare modi e tempi di suggestive cartoline del passato, non più in sintonia con nuove estetiche ed orientamenti. Il Bond di Casino Royale non è un raffinato gentiluomo con licenza di uccidere ma un rozzo energumeno istintivo, provocatorio e sovente sporco di sangue. E’ sincero ma sprovveduto, prova affetto in modo non strumentale, il focus si sposta dalla dirompenza dell’azione all’interiorità tormentata. Questo processo si è acuito (ma anche definito) con le delusioni intra-narrative di Quantum of Solace e l’intimismo di Skyfall e oggi Spectre ci consegna lo 007 che fu. Un buon indizio sono le scene di sesso che, a questo giro, sono accessorie, innaturali e a tratti ridicole, come certi amplessi ritagliati negli interstizi di storia e dialoghi per giustificare e glorificare la mitologia del personaggio. Dimentichiamo le storie con Vesper e Camille, un certo sentimentalismo romantico è deceduto con alcune figure chiave del reebot cinematografico con Craig, a partire da M.
Questa è la chiave interpretativa adatta, e permette di enucleare il nocciolo della questione: mai come in questo caso il pregio coincide con il difetto.
Il ritorno alla narrativa classica ci ha restituito un film che non giustifica ben 150 minuti di durata, avendo in mente i contenuti, le scene e i dialoghi. Troppe le dilatazioni, le ripetizioni e nello specifico, alcune scene sono abbastanza prive di senso pratico senza tuttavia essere sufficientemente valide dal punto di vista visivo. Non può certo sostenere che il film pecchi di cura, il notevolissimo gusto di Mendes ci restituisce spazi e arredi di assoluta magnificenza e spesso vi sono orpelli artistici a sottolineare alcune scene.
Sprecato, tuttavia, il cast. Il rammarico più grande arriva da Christoph Waltz, la cui terribilità giogionesca andava pensata e sfruttata meglio. Nelle due-tre scene consistenti che lo riguardano si distingue per un ruolo da deus ex machina che di mefistofelico ha ben poco, ripete senza alcun tipo di giustificazione il mantra “Io sono - c’ero – sapevo – tutto secondo i piani – tutto come previsto- bwahahahahahaha!” fino alla ridicola scena della pulizia odontotecnica che fa abbastanza sorridere. Se pensiamo ai personaggi di Bardem e di Mikkelsen dei film precedenti non c’è proprio partita e il rammarico è peggiore se pensiamo alla bravura dell’attore. Che dire poi della Bellucci? Pochi minuti per limitatissime righe di testo ma sufficienti a far imbarazzare chiunque. E’ vero che la natura dona e la natura toglie ma per amore dell’arte non si potrebbe semplicemente accettare di essere doppiati? Nemico poco sfaccettato, donne facili, scagnozzo fumettistico e una prevedibilità narrativa che sa tutto di già visto, seppur in una confezione eccellente.
E’ stato tutto bellissimo ma è giunta l’ora di cambiare. Nuovamente.