Preciso come ogni mese il prode Diduz
http://www.lucasdelirium.it/ c'aggiorna sulla lavorazione del gioco di Gilbert con la sintesi di un'intervista:
- E' rilassante tornare a lavorare coi vecchi amici su un gioco vecchio stile? Non è mai rilassante. La parte rilassante di un progetto per lui di solito è la prima metà, quando si crea di più e si finalizza di meno!
- Finora è molto contento di come sta venendo il gioco: una tester qualche giorno prima li ha chiamati per dire quanto gli enigmi fossero migliori rispetto a quelli di un'altra avventura che stava provando.
- Non ci piace chiamarlo "retro game": lo è nell'estetica, ma pensiamo al design in termini moderni. In altre parole: nessuna combinazione random di oggetti, nessun "usa tutto con tutto". Quello è l'obiettivo.
- Cosa pensa della trasparenza legata al processo di Kickstarter? E' piacevole condividere con i fan, è una bella esperienza, ma il risvolto negativo è che si sente leggermente più inibito a cambiare qualcosa, sapendo che c'è qualcuno lì pronto a notarlo. Comunicare le motivazioni delle modifiche è un'arte da imparare, e forse la lavorazione sarebbe pesata un po' meno se non avessero dovuto farlo.
- Se facesse un altro Monkey Island, forse però sceglierebbe una strada a porte chiuse: il legame emotivo della gente col marchio è tale, che giustificare le sue scelte sarebbe un'impresa titanica. "Se facessi un nuovo Monkey Island, credo che sarebbe qualcosa di impossibile da promuovere sul mercato" (s'intuisce per presentazione estetica, ma chissà... forse anche per i contenuti?). "La prima cosa che un gruppo di marketing della Disney mi chiederebbe sarebbe: come lo modernizziamo? Il che è una cosa perfettamente legittima, ma non sarebbe giusta per quel gioco. Non si tratta di parlare con la Disney, ma di parlare con le persone giuste alla Disney. E secondo me le persone giuste sono così in alto da non sapere probabilmente nemmeno di possedere Monkey Island."
- E' molto contento per la citazione di Monkey Island all'interno di Uncharted 4, è stato avvisato dallo stesso capo-designer. "E' bello sapere che Monkey Island abbia significato così tanto per le persone. Qualcuno mi ha anche detto di aver chiamato sui figlio Guybrush, anche se questo un po' mi spaventa...".
- Sviluppare personaggi che non parlavano in The Cave è stata una bella sfida, ma non sa se riproporrebbe questa soluzione. Spende comunque belle parole per la bravura degli artisti alla Double Fine.
Il Kickstarter di Thimbleweed Park è stato calibrato usando come riferimento ciò che è andato bene e ciò che è andato storto con quello di Broken Age. Una delle cose che Ron preferisce evitare è l'esposizione a un vero e proprio documentario: post e podcast sono più controllabili e ti mettono meno alla mercè dei giudizi (specie sommari, aggiungo io).
- Rispetto ai Monkey Island, forse con Thimbleweed Park sta programmando leggermente meno e scrivendo appena un po' di più, ma grossomodo professionalmente sta affrontando il progetto alla stessa maniera. Ma cosa gli piace di più? "Sono un nerd dell'anima, direi programmare, mi piace un sacco. Se potessi solo programmare da qui in avanti, forse sarei un uomo felice."
- "Come designer, vado d'intuizione ed esperienza, non sono uno che scrive grossi documenti di design. Mi piace programmare e verificare subito se una cosa funziona." I cambiamenti li implementa lui al volo, senza intermediari.
- Il momento preferito della sua carriera? Quello delle avventure per bambini alla sua Humongous Entertainment: erano avventure vere, seppur semplificate, erano qualcosa che nessuno aveva mai visto prima. Non l'avevano visto mai i bambini, non l'avevano mai visto prima i genitori. [comunque Roberta Williams c'aveva provato prima, ndDiduz]. E' triste che il mercato dei giochi per bambini attuale sia così dipendente dalle licenze: spendi tutto per la licenza e non ti rimane nulla per fare una bella cosa. La Humongous non sarebbe però mai sopravvissuta nel mercato attuale: la soglia di attenzione dei bambini oggi è molto bassa, mentre quei giochi richiedevano un impegno prolungato per seguire una storia.
- Non trova Pokemon Go molto interessante come gioco in sè (nè nuovo), ma trova interessante il fenomeno di massa, e per lui in un certo senso è persino bello pensare che la gente apra il cellulare per giocare e non per controllare costantemente Facebook e Twitter. Anche se, su 100 milioni di persone, il 90% smettesse di videogiocare a moda terminata, quel 10% avvicinato così al mondo dei videogiochi sarebbe un successo: ogni volta che puoi avvicinare più gente ai videogiochi, è sempre un bene. Dovendo cercare nella memoria, forse solo all'epoca dei primi arcade ci fu questa tendenza trasversale, nevrotica. Forse. Ma il boom di Pokemon Go per lui si deve prevalentemente alla licenza usata.
- Ama il mobile: se dovesse per una qualche ragione scegliere un solo tipo di prodotto da realizzare d'ora in poi, sceglierebbe i prodotti per il mercato mobile. Non gli piace però l'approcco economico dei free-to-play. "Mi piace l'idea di un gioco che deve funzionare per sessioni di 15-20 minuti."
- Gli piace il team che ha messo su per Thimbleweed Park: trova preziosa la possibilità di lavorare con gente che vive in altre parti del mondo e proviene da esperienze diverse, ma gli manca l'interazione fisica di un vero studio. Crearne uno, tuttavia, gli appare come un "notevole fardello".