Quotes di ferruccio (in disordine);
E invece sì. Le morali cambiano in base a periodo e contesto. Al tempo dei romani gli schiavi erano la normalità. Così come cinquanta anni fa era normale prendere a schiaffi in bambini (in Italia ancora oggi è così, ma lasciamo stare). Imporre morali attuali a opere del passato è un passatempo ozioso e puritano.
Normalità e moralità non sono la stessa cosa. E giudicare con parametri di oggi opere ed azioni di ieri è qualcosa che si fa regolarmente in qualsiasi ambito. Proprio perché la morale e l'etica sono concetti che si sono evoluti col tempo, e sulla base di quelli giudichiamo anche il passato.
Dire che la schiavitù era normale in una determinata epoca storica non significa che fosse virtuosa, così come non consideriamo un'opera come The Birth of a Nation esente oggi da critiche perché è del 1915.
Un'opera va sicuramente contestualizzata nell'epoca in cui è nata, ciò non significa che il suo contenuto o i suoi messaggi siano inattaccabili. Questo non significa un'invito a censurarli e edulcorarli, ma nemmeno ad accettarli acriticamente.
Quello che Sarkeesian dice di voler fare e quello che ottiene alla fine non coincidono. Perché il punto è esattamente che se non hai un criterio quantitativo quello che stai facendo è proporre una tesi che non può essere confutata per il semplice fatto che ti stai scegliendo i campioni da analizzare. Cioè, se l'intento di Sarkeesian non è di dimostrare che i videogiochi nel complesso sono sessisti, qual è il senso della sua operazione? Se il suo scopo fosse quello di dimostrare come il sessismo tocca i videogiochi, allora si dovrebbe fare un'analisi qualitativa. Prendere un paio di titoli particolarmente significativi, analizzarli approfonditamente, e mostrare in che modo quei contenuti sono sessisti. Ma usare come strumento analitico i tropes, cioè i cliché, cioè quello che per definizione è un problema solo quando è presente in grandi quantità, è il contrario di un approccio qualitativo. In realtà Sarkeesian fa un'operazione furbetta. La sua mancanza di rigore ha esattamente lo scopo di mostrare il sessismo come prevalente nei videogiochi, senza però offrire alcuna prova quantificabile.
E questo è un'atteggiamento comune di tutti gli -ismi e di tutti i militanti e gli attivisti. Come i fanatici religiosi che vedono peccato, sporcizia e sesso ovunque, i femministi vedono sessismo ovunque, gli antifascisti militanti vedo nazisti ovunque, gli animalisti vedono animali maltrattati ovunque etc.
Quando hai un martello, tutto sembra un chiodo, insomma.
Stai di nuovo introiettando ed attribuendo all'operazione intenti che non ha. Se ricavi dai suoi video l'impressione che tutti i giochi siano sessisti, non so che dirti. E mi sembra palesemente inutile continuare a battere su quel tasto, quindi restiamo d'accordo nel non essere d'accordo.
Considererei una critica più pertinente esaminare nel dettaglio gli esempi che porta e rispondere nel merito degli stessi. Fare il processo alle intenzioni mi sembra francamente inutile.
La soluzione è, molto banalmente, trattare i personaggi femminili come quelli maschili. Perché il videogioco non è un medium lineare, e il giocatore crea il senso tanto quando il designer. Se un giocatore di GTA si mette ad andare in giro ad ammazzare donne la "colpa" è del giocatore, non del designer che gli "permette" di farlo. Se il designer premia il giocatore, allora sì, il gioco sta incentivando questo comportamento. Ma a me non viene in mente neanche un gioco che faccia cose del genere (a parte quella parte orrenda di God of War 3 che ho citato prima).
Inoltre non si deve fare l'errore di considerare la narrativa come la base del videogioco. A parte casi limite (avventure grafiche) la narrazione è accessoria in un videogioco. La motivazione per cui Max Payne o il tipo di The Darkness si mettono ad ammazzare nemici è assolutamente secondaria. Il motivo per cui uno gioca quei giochi lì sta nella meccanica, non nella storia. Non è un caso che i giochi più action abbiano anche il maggiore uso di cliché: semplicemente in un gioco action la storia, che è contorno, deve essere presentata nella maniera più veloce possibile. Quando hai un limite di costi e di attenzione dell'utente di 3 minuti per una cutscene introduttiva non ti metti a scrivere Infinite Jest. Semplicemente il tizio è uno sbirro, gli hanno ammazzato la famiglia, ammazza tutti. Applicare gli schemi di giudizio della letteratura o del cinema è come applicare gli schemi di giudizio del balletto a una partita di calcio.
La prima parte non la riesco a recepire. Aldilà del caso specifico, il fatto che determinate meccaniche siano possibili "normalmente" in un videogioco, e che non portino ad un fail-state significa altroché che c'è lo zampino del designer. Voglio dire, in Fallout 3 non si possono uccidere i bambini, proprio perché il game-designer ha messo il veto su quell'aspetto. Non è quindi una questione di "lasciamo fare al giocatore quel cavolo che vuole e chi se ne frega". Un game-designer prende coscientemente una decisione, e in base a quello mette quegli strumenti in mano al giocatore.
In GTA gli sviluppatori hanno deciso che;
-1) Il giocatore può fare sesso con una prostituta.
-2) Dopo averci fatto sesso può ucciderla.
-3) Una prostituta uccisa rilascia soldi.
Sono tutti e tre elementi che ci sono perché lo sviluppatore ha voluto che ci fossero, e non sono di certo bugs.
Il discorso che sia incentivato o meno ha poco peso, dal momento che tale azione è possibile.
Con ciò non sto invocando una moratoria sulla mortalità femminile nei videogiochi, sto dicendo che sarebbe positivo se certi temi venissero trattati con maggiore maturità.
La tua risposta, che è in sostanza "La trama nei videogiochi è accessoria e quindi necessariamente mediocre" è una spiegazione che non mi soddisfa, e sopratutto non mi basta. Non solo perché determinati videogiochi hanno saputo dare alla propria narrazione una cura ben maggiore, ma perché almeno personalmente spero realmente che il livello odierno non sia ritenuto sufficiente e soddisfacente da tutti, e che ci sia la volontà di un'evoluzione. Sicuramente non è il mio caso.
Sicuramente puoi giudicare qualsiasi opera come pare a te. Ma io rifiuto le letture moralistiche dell'arte.
Non mi sono fatto promotore di una lettura moralistica dell'arte.
Innanzitutto il design visivo di Bayonetta è opera di una donna. Inoltre le sue proporzioni del corpo allungate e fuori misura sono ispirate allo stile degli schizzi degli stilisti. Questo lo dico per dare un minimo di contesto e per dire che non è che tutto venga da Kamiya. Inoltre l'idea che "soggetto desiderante = bene" e "oggetto desiderato = male" è un'idea fortemente semplicisitica e maschilista della sessualità. L'oggettificazione non è sempre debolezza. Una spogliarellista può sentirsi potente nel suo essere titillante. Non c'è niente che sia oggettivamente degradante, nella sessualità. E' il modo in cui qualcosa è fatto, il contesto e le intenzioni dei partecipanti che rendono qualcosa degradante o meno. E Bayonetta (il gioco) non è MAI degradante nei confronti di Bayonetta (il personaggio). Come corollario si potrebbe anche far notare che Bayonetta è un gioco giapponese, e magari si potrebbe anche evitare il razzismo culturale di considerare il femminismo angloamericano come una lente applicabile a tutto.
Con la differenza (nel discorso riferito alla spogliarellista) che, auspicabilmente, la spogliarellista è un soggetto libero da volontà altrui, autonomo e pensante, capace di prendere decisioni. Quindi non è, per definizione, oggettificata. Bensì è un soggetto.
In seconda battuta, non ho mai detto che la sessualità è degradante, ma spero che la precisazione sia inutile.
Può invece essere degradante se è l'unica caratteristica di un determinato personaggio, in quanto questo viene privato della sua identità e ridotto ad oggetto sessuale.
Non so se questo succeda in Bayonetta, e ho impiegato due post per cercare di evidenziare il mio non avere idee e posizioni chiare sull'argomento, quindi almeno per quanto mi riguarda non ho molto da aggiungere, viste che non voglio trovarmi attribuite idee e certezze granitiche che non ho.
Sul discorso della giapponesità di Bayonetta, un prodotto ripetiamolo realizzato per la fruizione di un pubblico internazionale, mi sembra bizzarra l'idea che possa essere giudicata solo con un punto di vista giapponese.
Giusto per esserne certi, sei veramente convinto che non si possano esprimere giudizi su elementi ed opere nate in una cultura diversa dalla nostra? Quali sono i confini entro i quali si esprime questa possibilità o meno di giudicare un'opera straniera? Se dicessi che un libro o un film americani sono razzisti questo farebbe di me un razzista perché sto applicando loro categorie di pensiero europei?