Archiviato Control e con Death Stranding alle porte, mi son detto: dai, proviamo Hellblade, che dura poco!
Devastazione emotiva.
Una delle esperienze più intense, strazianti e travolgenti che abbia mia provato con questo medium. Un pugno allo stomaco, che attanaglia le viscere e ti straccia il cuore. Che botta! Non fosse per Kojima, Hellblade sarebbe il mio #BEOTA a mani basse.
Sbavature ce ne sono, certo che ce ne sono. Il mio primo livello è stato quello delle illusioni, dove la cifra ludica classica (allinea i pezzi appesi, passa sotto i cerchi) strideva come un violino scordato in quella che già si preparava a essere una sinfonia. Poi però il tutto comincia a funzionare meglio.
Gli enigmi basati sulla pareidolia si contestualizzano.
La fisicità del combattimento si fa catarsi emotiva.
L'esperienza si diversifica, gli incubi si intensificano.
C'è ancora qualche elemento di disturbo (un enigma un po' troppo "giocoso" qui, un muro invisibile lì, un camera ballerina là) ma ormai sei nella testa di Senua e non puoi uscirne. Una protagonista struggente, un coro di voci che fanno eco alle sue emozioni. Teatro e videogioco non sono mai stati così vicini.
Perfetto no. Ma unico sì.