Copincollo dal profilo pubblico di Peter Freedman:
OLIMPIADI: PERCHE' NO
Le ragioni del NO alle Olimpiadi romane non sono riassumibili in Mafia capitale o nelle tante vicende di malgoverno e corruzione romane. O almeno non solo.
Se così fosse avrebbe ragione chi sostiene che con la paura non si combina nulla, che certe occasioni vanno colte se non altro per cambiare alcune pessime abitudini italiane. Non è così.
Le Olimpiadi sono diventate una trappola economica ovunque: nella ricca ed efficiente Londra come nell'arrembante Pechino, ad Atene come a Rio. I soldi che vi vengono investiti - solo una piccola parte dei quali erogati dal CIO mentre la quota maggiore è a carico delle città e delle nazioni ospitanti - vanno ad arricchire alcuni, pochi beneficiari, ma in nessun caso le comunità.
Certo, quando partono i lavori per la costruzione degli impianti e delle infrastrutture, anche chi vi lavora - l'operaio, il progettista, il lavoratore edile, l'addetto ai servizi - ne trae un reddito. Ma è un reddito temporaneo, che durerà il tempo necessario alla realizzazione di quelle grandi opere. Poi tutto cessa e quasi mai si continua a investire, per esempio, per la manutenzione e la conservazione degli impianti costruiti: chiedete ad Atene, a Torino (olimpiadi invernali) o alla stessa Roma (i mondiali di nuoto 2009, per non dire dello stato di degrado in cui versa lo Stadio Flaminio).
Sono opere importanti? Sono necessarie? Le città ne hanno tratto giovamento? No. Nella maggior parte dei casi quelle opere sono servite unicamente per disputarvi i Giochi, poi sono rimaste lì, a marcire. Mantenerle in uso o convertirle costa troppo, si preferisce quasi sempre abbandonarle al loro destino. Si calcola che dopo due anni dai Giochi, più del 90 per cento dei posti di lavoro generati cessa di esistere. Detto in altre parole, i Giochi olimpici sono un modo costosissimo per creare dei posti di lavoro temporanei e senza prospettiva: la tanto vituperata Regione Sicilia al confronto sembra un miracolo di lungimiranza.
In tutti i Giochi finora disputati, i preventivi di spesa sono stati regolarmente sforati. A Londra 2012 si era partiti da un preventivo di poco inferiore ai 3 miliardi di euro per poi arrivare a ben oltre i 12 miliardi, e di questi solo una piccola parte sono giunti da investimenti privati (sponsor, aziende locali e internazionali). Sui costi di Pechino 2008 non è mai stata fatta piena luce: qualcuno dice 40 miliardi di euro, altri di meno. Quelle che però si sa è che i costi per la realizzazione degli impianti sportivi hanno ampiamente sforato i preventivi (fonte Xin Jinbao, uno dei più importanti quotidiani cinesi) mentre per le infrastrutture la spesa è salita a 28 miliardi di euro. Nessuno discute la potenza produttiva cinese, ma è un fatto che appena dopo Pechino 2008 laggiù il PIL ha subito una contrazione di 3 punti, scendendo dal 9,5 al 6,5%.
Ho citato, non per caso, l'esempio di Paesi ricchi. Ma né Barcellona (1992), e neppure Sidney (2000) trassero giovamento dal grande evento: in entrambi i casi l'economia di quelle città subì una frenata. Andò meglio ad Atlanta 1996 perché la città era già dotata di impianti e infrastrutture che arano già utilizzate. Quanto ad Atene 2004, sappiamo che i costi sostenuti e il flop turistico contribuirono in maniera decisiva al default ellenico. A Rio de Janeiro, dopo la sbronza dei mondiali di due anni fa e quella delle Olimpiadi di questa estate, cominceranno a piangere tra qualche mese, quando cominceranno a fare seriamente i conti, intanto Lula e Djilma hanno cominciato a pagarne i costi politici.
Più i grandi eventi sportivi sono divenuti grandi eventi finanziari, più è cresciuta la corruzione. Quella interna al CIO e ai vari comitati olimpici nazionali e quella dei pescecani della finanza e dell'edilizia che sono pronti ad avventarsi su un ghiottissimo boccone: le mazzette sono il pane quotidiano e la lista delle inchieste e dei processi in corso si sta allungando. Per questo quando leggo "Ma noi abbiamo Cantone e l'ANAC" mi scappa da ridere: è come andare alla guerra moderna armati di lance e di tanta buona volontà.
Lo ripeto: i Giochi sono un affarone per la rendita del suolo (e il suo consumo selvaggio), per i grandi costruttori, per gli speculatori e per i mazzettari, mai per i cittadini delle città che li ospitano. E ci guadagnano un po' anche i media, certamente alcune testate e alcuni giornalisti ai quali la visibilità, l'attimo di gloria (le olimpiadi sono di solito divertenti per chi ne scrive) ma anche il regalino generoso, il viaggio spesato tutto-compreso in cambio di un articolo ossequioso non dispiace affatto. Chi scrive ricorda benissimo quanti omaggi giungevano in redazione da questa o quell'azienda nei 18 mesi che precedettero Italia 90.
Il lascito è quasi sempre disastroso. In termini di tasse da pagare per rientrare dalle spese - a Grenoble (1968) hanno finito di pagare le sovrattasse forse un anno fa, a Soci non si sa come faranno -, sia in termini di megastrutture rimaste lì, inutili e dunque inutilizzate. Chiedete ai torinesi che cosa se ne faranno della pista da bob di Cesana (61 milioni di euro), del trampolino per il salto di Pragelato. O chiedete ai romani con la memoria non eccessivamente corta cosa ne è stato del centro di Tor Vergata destinato ai mondiali di nuoto. Oppure chiedete agli ateniesi che fine hanno fatto i 22 siti olimpici del 2004: vi risponderanno che 21 di essi hanno cessato di funzionare dopo un mese dalla fine delle olimpiadi, ma il loro mantenimento è costato e costa al governo greco qualche centinaio di milioni di euro l'anno.
Dunque Olimpiadi NO Grazie. Lo so che se si chiede ai cittadini molti di loro (ma quanti davvero?) diranno di SI'. Pensano che sia "bello" ospitare l'ecumenico evento (sapete, lo spirito olimpico, la fratellanza...), che qualcosa di buono comunque ne verrà, che bisogna anche "pensare positivo", che "basta con l'idea che in Italia non si può fare nulla". Ma non è l'Italia: è il mondo intero che non può più permettersi le Olimpiadi siffatte e il loro meccanismo capace di mettere in ginocchio le economie meno forti e in difficoltà quelle più ricche.
Non c'è bisogno di Mafia Capitale per dire NO alle Olimpiadi, basta il loro "normale" ciclo economico. Se poi vi aggiungete il Cecato, i palazzinari, la Legacoop e gli svariati clientes, l'esito è semplicemente letale. Per noi: gli altri, pochi ma buoni, ci campano che è una meraviglia.