No, non lo conosco, grazie della segnalazione, cmq!
Io quello che ho visto in tanti anni di politica attiva dentro le istituzioni principalmente locali (Comuni, province e regioni) ma anche nazionali è che c'è un misto di ignoranza, incompetenza, incapacità gestionale, non volontà di assumersi responsabilità e, viceversa, volontà di sfruttare mediaticamente ogni cosa.
Poi ci sono i "tecnici", comunali, regionali, ministeriali, poco importa, che si approfittano di una politica imbelle, inadeguata, debole e spesso connivente, per imporre scelte politiche precise.
Tutto ciò ha un nome ed è frutto di un percorso, che si chiama "selezione al contrario": sono andati avanti i peggiori che sono i più servili (perché così non potevano mettere in ombra i loro diretti superiori, quelli che gli han fatto fare carriera e poi, una volta usciti di scena, hanno consentito di prendere il loro posto) e spesso i più furbi.
Dal 1992 ad oggi c'è stato poi il grande cancro del "vincolo esterno", cioè i trattati UE. Dato che la nostra classe dirigente non ha un briciolo di preparazione politica, economica, sociologica, ha pensato bene di mettere il pilota automatico su una serie ininterrotta di scelte politiche che hanno avuto (e avranno) conseguenze catastrofiche sul nostro paese, perché così hanno avuto la scusa per non prendersi responsabilità ("ce lo chiede l'Europa").
Va da se che, invece, chi dietro le quinte spingeva per quelle scelte, un'idea di come va il mondo ce l'aveva benissimo e sapeva altrettanto bene che, tali scelte, avrebbero fatto i propri interessi. Son stati più bravi di noi a fare azioni di lobbing, questo gliene va dato atto.
Prendiamo ad esempio Confindustria.
Cosa ha significa per Confindustria l'adesione a Maastricht, il vincolo esterno, l'austerity imposta per trattato, le privatizzazioni, la deregolamentazione del mercato del lavoro, la libera circolazione di capitali e merci? Per sommi capi tre cose:
1)sconfiggere uno dei movimenti operai più forti al mondo, che con le lotte fatte dal dopoguerra all'inizio degli anni ottanta (lo spartiacque fu il referendum sulla scala mobile) era riuscito a strappare diritti e salari adeguati a scapito dei profitti (basti vedere come è variata, negli ultimi trent'anni, la quota salari sul PIL e quella profitti sul PIL)
2)rinunciare al mercato interno per il ben più profittevole mercato estero (almeno nell'immediato, perché poi basta un'influenza in una provincia cinese a far crollare entrambi), trasformando l'Italia in un paese esclusivamente esportatore con un surplus manifatturiero di oltre 100 miliardi di dollari, surplus che finisce tutto in profitti per pochi, mica in ricchezza per tanti
3)avere accesso a prezzo di saldo ai tanti asset industriali pubblici svenduti dalla sciagurata stagione delle privatizzazioni, con il doppio risultato di eliminare la concorrenza pubblica e di appropriarsi di tecnologie ed impianti all'avanguardia a prezzi stracciati
Solo ora, dopo trent'anni di profitti alle stelle, qualcuno anche dentro Confindustria, si sta rendendo conto che questa situazione non fa più nemmeno i loro interessi spiccioli ed immediati, sull'altare dei quali ha sacrificato la tenuta stessa dell'Italia come paese industrializzato.
Non c'è un "grande vecchio" che complotta dietro le quinte, ma una rete di associazioni, università private, centri di pressione, personalità schieratissime in posti influenti (pensiamo a Guido Carli, a Ciampi, a Prodi -che lo fecero presidente dell'IRI!- a Padoa Schioppa, ad Amato, allo stesso Paolo Savona, che nonostante le cazzate della Lega fu il ministro dell'industria che avvio le privatizzazioni, ecc...), società tipo l'Istituto Bruno Leoni, il cui economista capo Riccardo Rossi fu consulente alla politica economica del governo Dalema e così via.