Se incrociamo il topic della politica con quello sui cambiamenti climatici, diventa più difficile ironizzare sulle affermazioni di Jello in merito all'asservimento della politica a logiche disumane di mercato.
Sicuro che con barriere allo scambio di merci l'inquinamento si ridurrebbe? Nutro forti dubbi
Un prodotto assemblato in Cina con componenti prodotte una in India, una in Giappone, una Thailandia, una in Indonesia ed una a Taiwan e che poi deve essere re-esportato in America in effetti non ha nessun impatto sull'ambiente.
Questo senza voler considerare il problema principale delle delocalizzazioni: la concorrenza al ribasso su salari e diritti che genera disoccupazione e di conseguenza salari più bassi e meno diritti anche nelle zone più sviluppate.
Detto ciò la questione ambientale è intimamente legata a quella delle disuguaglianze e sono entrambe collegate alla lotta di classe che si diceva prima.
Anche perché c'è un altro elemento: la tanto sbandierata "conversione ecologica" necessita di investimenti enormi ed in tempi relativamente brevi, investimenti che proprio per queste due caratteristiche possono essere solo pubblici con, in più, uno Stato che ha un ruolo dirigista, cioè indirizza la politica industriale dove vuole lui in base a specifici obiettivi (nel nostro caso l'ecocompatibilità) con il privato che gli va poi dietro.
Peccato che tutto ciò sia vietato per legge dai trattati europei (tra concorrenza e aiuti di stato).
Il famoso piano europeo presentato in questi giorni è una burletta, sono quattro spicci che, per di più, andranno a vantaggio di paesi come la Polonia, che nemmeno è nell'euro e che quindi avrà un ulteriore aiuto nell'essere competitiva al ribasso con gli altri paesi europei più di quanto già non lo sia. Il tutto perché le grandi aziende tedesche hanno delocalizzato laggiù praticamente tutta la loro catena di subfornitori e sarebbero profondamente danneggiate da una politica ambientale restrittiva.
TFP Link :: http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/01/15/green-deal-a-italia-360-milioni-ma-dovra-pagarne-900-_fcf88a6e-55bd-40b2-bca2-37b8a77daf81.htmlTFP Link :: https://coniarerivolta.org/2020/01/13/green-deal-lausterita-non-puo-salvare-il-pianeta/----
Cambiando discorso (ma in realtà il discorso è sempre lo stesso), a proposito di "compiti a casa":
TFP Link :: http://contropiano.org/news/news-economia/2020/01/10/quegli-zombie-che-saggirano-per-leuropa-le-banche-tedesche-0122837?fbclid=IwAR3gCwqreLKypC4dee7r1f40dfige4zRHzRgOfubWUrmLjOOSzBcnx29Sk8L’Eba (Autorità bancaria europea) ha pubblicato il suo rapporto periodico in cui lancia l’allarme proprio per gli istituti di Francoforte. Diversi gli indici presi in esame, ma neanche uno risulta positivo o almeno tranquillizzante.
Se si prende il Roe (ritorno per capitale, volgarmente chiamato anche “profitto”) la media delle banche più importanti nell’ultimo trimestre dello scorso anno si ferma allo 0,3%. Ed è andata persino bene, visto che nel terzo trimestre c’era stato addirittura un segno negativo (-0,1,%). Si potrebbe pensare “ma stanno guadagnando, poco ma guadagnando; dov’è il problema?”.
Sta nel raffronto con le altre banche europee. Quelle greche, che se la passano ancora male, possono vantare un quasi confortante +3,2%, mentre quelle francesi sono al 6,5 e le spagnole al 7,3. Nulla in confronto a quei “giganti italiani” che possono far segnare addirittura un +8,5% (comunque con un piccolo calo dello 0,1 rispetto al trimestre precedente).
Vabbeh, come Roe stanno male, i tedeschi, ma in qualche altra parte faranno bene… No. Se si prende in considerazione il rapporto tra costi e ricavi (più sono alti i costi, peggiore è la situazione) quelle di Berlino fanno segnare l’84%, molto peggio di Francia (72%) e Italia (64%), per non parlare di quelle spagnole (53%).
Se si passa poi alla qualità dei titoli posseduti, il rapporto fair value (la percentuale di quelli vendibili, cioè liquidi, sul totale) è da paura: nelle banche tedesche è solo il 19%. Il che significa che sono piene di spazzatura, carta straccia comprata ai tempi del boom dei “prodotti derivati” ma oggi senza possibili compratori. Denaro buttato via, ma che resta a bilancio come “attivo” solo perché, finché quei titoli non arrivano “a scadenza”, a nessuno fa comodo veder esplodere il sistema bancario tedesco e con lui tutta l’Europa.
In questa classifica, seguono a ruota quelle francesi, che stanno appena meno peggio (27%) avendo anche loro ecceduto in eccessi speculativi andati a ramengo. La media Ue è comunque su un preoccupante 30%, ma quelle italiane sono le più liquide di tutte visto che hanno un 64% di titoli immediatamente vendibili.