Ma le aziende statali cinesi danno solo molto lavoro e servono a produrre, in perdita, materiali (es. acciaio, alluminio) per far prosperare altri segmenti dell'economia. La crescita cinese è dovuta principalmente alle aziende private.
Quando la Cina era fortemente sotto il controllo statale, prima di Deng Xiaoping, non c'era prosperità.
Ma quindi il fatto che per la prima volta nella liste delle prime 500 compagnie al mondo la maggioranza sia cinese (e siano tutte pubbliche) è perché producono tutte acciaio a basso costo?
Detto ciò, le uniche aziende italiane che sono in grado di giocare ad armi pari con le grandi multinazionali anglosassoni sono Leonardo, Fincantieri, ENI ed ENEL. Guarda caso tutte a maggioranza pubblica (cioè ciò che resta della grande industria di stato italiana smantellata e svenduta ad inizio anni '90).
Un altro contributo per capire meglio la realtà cinese ed evitare stereotipi (è in inglese ed è lunghetto e soprattutto non è aggiornatissimo, dal 2013 ad oggi ci sono stati ulteriori cambiamenti soprattutto con il "discorso di natale" di due anni fa, ma ne vale la pena)
TFP Link :: https://monthlyreview.org/2013/03/01/china-2013/?fbclid=IwAR0WWJLP97bDIvGJJjWkPL7me9lyUZFnAg3ZZBzdJQ0ziZbjbyHlbG9FcMsDetto a scanso di equivoci: il modello cinese rimane autoritario ed ha introiettato, almeno nella sua prima fase, alcuni elementi tossici come lo sfruttamento dei lavoratori, ma si sta trasformando molto rapidamente. E, cmq, io non voglio la Cina in Italia, voglio che si ritorni, molto banalmente, ad un modello di economia mista nel quale il pubblico è prominente rispetto al privato, ovvero il modello che ha trainato in occidente i "trenta gloriosi" fra il 1946 ed il 1976.