L'analisi costi benefici commissionata dal governo è metodologicamente discutibile per diverse ragioni: incorpora costi che da un pdv di benessere collettivo non ha senso mettere in conto (tra cui i costi dei mancati introiti di pedaggi e concessioni autostradali), non incorpora benefici certi (tra cui i costi della mancata realizzazione) ed è limitata alla singola tratta senza considerare che si innesterebbe in un corridoio commerciale pan-europeo * (
qui maggiori dettagli). Tra l'altro non sembra siano stato pubblicati i dati alla base dell'analisi, quindi anche accettando acriticamente la loro metodologia, non è possibile una controverifica (questo viene citato nel video linkato da Keigo: dal lato dei mancati introiti, i pedaggi vengono considerati per intero, pur essendo internalizzati dalle società di gestione per il 90%, o come avrebbe senso, per la frazione che rientra a titolo di tassazione sugli utili?).
A me pare che questa analisi costi benefici sia solo un'altra foglia di fico per una classe politica che non ha alcuna visione reale. La facciamo un'analisi costi benefici dell'ennesimo salvataggio di Alitalia, con un progetto che, già dalla fase embrionale, è evidente non abbia nessun senso economico? No? Ci beviamo ancora che l'Alitalia è un asset strategico nazionale. Ah ok.
* E' su questo punto che si basa la critica Corte dei conti UE del progetto della TAV europea, che sarebbe "un sistema disomogeneo di linee nazionali senza un coordinamento adeguato a livello transfrontaliero, progettato e costruito dagli Stati membri in maniera isolata, da cui risultano collegamenti insoddisfacenti". Il mio pensiero al riguardo è che questa critica può essere mossa alla maggior parte della costruzione europea: la politica fiscale e di bilancio, il sistema finanziario e bancario, le professioni, e via andando; in questi ed altri ambiti il processo di integrazione è lentissimo (e per certi versi pure in rallentamento). Il punto è: accettiamo che si proceda a piccoli, piccolissimi passi, ma verso una direzione che è stabilmente quella di creare un blocco in cui ognuno vale di più di quanto possa mai sperare come singolo in un mondo dominato da USA e Cina, oppure vogliamo fermarci qui (o tornare indietro)? Entrambe le risposte sono di natura politica prima che economica. Ma i nostri politici dovrebbero dirci chiaramente la loro posizione (ahah vabbé).