Quello che non mi è chiaro è come mai, con tanta lungimiranza politica e capacità di analisi, voi neanche al 4% siete arrivati.
Il motivo è molto semplice: LeU è stato caratterizzato dalla totale, incontestabile, irrecuperabile MANCANZA DI CREDIBILITA' dei personaggi che lo hanno creato e che poi ne hanno gestito in maniera pessima e padronale le liste, escludendo del tutto i movimenti sociali che, all'inizio, avevano alimentato il progetto.
Del resto Bersani, Rossi, Dalema, Errani, Epifani, Visco, ecc... erano quelli che, negli anni '90, facevano il pacchetto Treu e le privatizzazioni e che, fino a pochi mesi prima erano nel PD votando porcate come il Jobs Act o la Buona scuola.
Un progetto, LeU, partito anche bene ma finito con l'avere senso esclusivamente per consentire a tali personaggi di poter rientrare in parlamento dopo il niet di Renzi, che non li avrebbe ricandidati manco per sbaglio.
La mia adesione a LeU non è stata né immediata né acritica, anzi, non ho mai nutrito particolari speranze, tanto che avevo pronosticato un risultato pure peggiore (ma semplicemente perché ho fatto campagna elettorale parlando con la gente e mi sono potuto rendere conto di come fosse repellente proprio per le categorie sociali alle quale avrebbe dovuto rivolgersi, vale a dire quelle più deboli).
Poi ho accettato lo stesso di candidarmi in parlamento (in una posizione defilatissima e senza possibilità di essere eletto) perché, percependo Grillo come un pericolo concreto per la democrazia in Italia, mi ero posto l'obiettivo di portargli via anche solo 1 voto (il solito discorso "nel tuo piccolo cosa fai per migliorare o non peggiorare le cose").
Comunque, a parte le battute (oddio, neanche tanto... ^^), è abbastanza lapalissiano che il pubblico non sia male a prescindere, ma perché, in Italia, storicamente gestito in maniera clientelare e corrotta (generalizzo, chiaramente: le eccellenze ci sono anche in questo ambito).
Ma di grazia, come si fa, realisticamente, a invertire la rotta, soprattutto in situazioni ormai disperate? Meritocrazia, trasparenza nella gestione, gare ben fatte: lo sai chi ci ha provato di recente? Un certo Ignazio. Lo sai chi l'ha trombato? Quel carcinoma della burocrazia e nomenclatura comunale, principalmente, appoggiata da tutte le lobby che stavano per perdere le proprie rendite, il tutto cavalcato da chi ben sai (che infatti ha restaurato lo stato quo ante, alla faccia del rinnovamento).
Come sai, perché ne abbiamo parlato molto qua sopra in passato, sulla questione Marino con me sfondi una porta aperta. Io l'ho sempre sostenuto ed ammirato proprio perché s'era capito benissimo il gigantesco lavoro di pulizia che stava facendo.
Però ti rigiro la domanda: chi è stato che, a quel carcinoma di burocrazia e nomenclatura comunale ed ai centri di interesse dai quali dipendevano, ha dato legittimità politica oltre ai 5S ed alla destra? Proprio il PD romano, che invece di difendere e sostenere il suo sindaco è andato persino dal notaio per farlo dimettere.
Sempre per rimanere nel pratico, a me non piace particolarmente l'idea di un'ATAC privatizzata, ma la firma al referendum dei radicali l'ho messa, che sinceramente non è possibile continuare a far sopravvivere un'azienda che ha 11k dipendenti di cui solo 3k e rotti autisti/macchinisti.
Ogni caso è ovviamente differente e ben conosco la situazione di ATAC (non vivo a Roma ma la mia compagna sì e abbiamo amici, parenti e conoscenti nella capitale) ma anche qui un conto è il principio un altro è l'applicazione.
Come dicevo poc'anzi: curare le storture del pubblico eliminandone la sfera di influenza tramite le privatizzazioni è come curare un raffreddore tagliandosi un braccio.
Per finire posto una interessante riflessione di Rosa Fioravante, giovane politologa entrata di recente nel comitato costituente di LeU (perché non ci sono solo i Bersani ed i Dalema, anzi dopo la sonora sconfitta si sta cercando, con moltissima fatica e senza essere certi di riuscirsi, di fare piazza pulita e ripartire da zero, cioè quello che, dentro al PD, non si fa, purtroppo, lasciando praterie a roba pericolosa ed autoritaria come Grillo).
il Partito Democratico è nato (attenzione: non è diventato!) con la logica di quello che io chiamo "il camaleonte ideologico". Il teorema è semplice: se metti il PD accanto a qualunque cosa, esso diventerà a quella subalterno.
Quando andava di moda la lotta alla casta il PD ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti come chiedevano i grillini e tappezzato le città di manifesti "vuoi tagliare le poltrone?", quando l'odio per gli immigrati sembrava aumentare e dare consenso ha messo Minniti a stringere accordi per i lager libici e per scatenare i sindaci sceriffi con improbabili ordinanze comunali ecc. Queste alcune delle cose accadute di recente.
Tuttavia, non è Renzi ad aver inventato e usato il camaleonte ideologico: esso è connaturato all'idea dei padri fondatori. Così, quando andavano di moda le privatizzazioni e lo smantellamento dello Stato, Prodi, D'Alema e Bersani si sono prodigati nell'attuazione di quel modello. è cosa nota. A prescindere da come la si pensi sul tema del rapporto pubblico-privato, è un esercizio di stile dire "è venuto il momento di ripensare quel modello, però ai tempi era giusto". Non era "giusto": era di moda. Per decidere se fosse giusto o sbagliato bastava aver letto Keynes o Von Hayek o vivere secondo un principio semplice: "Qualunque cosa dica Milton Friedman, bisogna fare l'esatto opposto", non ci vuole molto infondo. Oppure si può dire oggi come ieri "sono d'accordo con un modello di società non socialdemocratico", punto. Tirare in ballo i tempi è una foglia di fico, quella a cui si fa riferimento era l'egemonia culturale e il PD e i suoi antesignani si sono sempre adeguati e si adeguano ancora all'egemonia culturale vincente, senza mai mai mai tentare di proporre un'alternativa. Come ve lo spiegate che oggi un intero gruppo parlamentare invece di fare opposizione non faccia altro che dire "le cose che fa il Governo noi le abbiamo fatte prima e meglio"?
Da sempre, a mio giudizio, questo è il più grande male del cosiddetto centrosinistra italiano, che ha lasciato che si consumasse il proprio consenso (e che scomparisse per motivi anagrafici) senza mai crearne di nuovo, puntando solo alla gestione dell'esistente: dell'esistente elettorato ex pds-ds ecc. e dell'esistente sistema politico ed economico che funzionava per i pochi e non per i molti. Io non ne faccio una colpa alle dirigenze del centrosinistra vecchio e nuovo, non si sono arricchiti privatizzando, non si sono "venduti", non hanno fatto nulla di diverso da ciò che credevano fosse opportuno. Ne faccio una colpa ai loro supporter di oggi, che sarebbero tanto più utili alla causa dell'opposizione e a quella della ricostruzione se adottassero un altro semplice principio oltre a quello sopra menzionato: il rispetto si deve a tutti, ma la fedeltà si deve ai valori, alle idee, alle culture politiche e ai collettivi, non ai destini dei singoli.
Un altro contributo interessante e condivisibile (che tra l'altro risponde anche alla domanda "che ve ne frega del PD a voi che non ci siete dentro?"), mi dispiace linkare dal Pacco Quotidiano ma andateci attivando l'adblock:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/19/se-il-pd-diventa-il-partito-del-torto/4568308/Pdt, partito del torto. Esiste un partito del torto e la certezza altrui è che abbia torto persino quando dimostra la sua ragione. Il partito del torto è oggi interpretato, scritto e proposto dal Pd il quale vive una stagione buia che va persino oltre i suoi demeriti. E’ la stagione della sinistra che non trova più idee, non ha parole e soprattutto gli manca la reputazione per avanzare un progetto. Non ha credito presso l’opinione pubblica. E’ la medesima crisi reputazionale di Autostrade per l’Italia che porterà il governo, al di là dell’esito giudiziario della drammatica vicenda, a insistere per la revoca della concessione e anzi a fare di questo atto un cavallo di battaglia.
Come sia stato possibile per il Pd non ritenere che il principio di realtà – quel ponte di Genova è caduto, e quel ponte era assoggettato alla cura e alla manutenzione di un soggetto che aveva sottoscritto un obbligo a fronte di un corrispettivo (il pedaggio) – dovesse avere la meglio su ogni altra considerazione è un mistero. In un dramma di tale portata l’azione di revoca appare adeguata, misurata, in una parola: giusta. E come sia stato possibile che per qualche settimana il Pd, un partito che si rifà agli ideali della sinistra, non abbia ritenuto giusto, corretto, adeguato il bisogno di rafforzare i diritti dei lavoratori, resi così enormemente precari da una corsa al ribasso che ha mortificato oltre ogni ragionevole misura la dignità di chi lavora, è un altro sacro mistero.
Cosicché tutte le azioni sguaiate, le parole fuori misura, gli atteggiamenti e le posture in alcuni casi nettamente fascistoidi di cui hanno dato prova i rappresentanti del governo, con la Lega intenta a rendere l’immigrazione il capro espiatorio di ogni devianza, promuovendo iniziative persino disumane, perde purtroppo di peso e vaga sullo sfondo.
Il primo piano della scena è ciò che ieri abbiamo visto ai funerali di Genova: la folla che chiedeva a Salvini e a Di Maio di tener duro. “Tenete duro”, dicevano. Cioè: non vi piegate ai compromessi, non aderite a negoziati in cui chi ha responsabilità trova il modo per sfuggire ad essa. Soprattutto: fate in modo che per una volta i potenti paghino per le loro colpe.
E’ una domanda populista? E’ una richiesta esagerata o misurata? E’ vero o falso che il capitalismo di relazione in Italia ha sempre ottenuto una corsia preferenziale, e sussidi, e contratti e benefit che l’hanno messo al riparo da qualunque accidente? E dentro questa verità il Partito democratico, assoggettato in questo caso a Forza Italia, la cui leadership soffre della medesima crisi di reputazione, non muove un muscolo.
E anche quando segnala che le responsabilità di governo esigono uno stile più sobrio, che Salvini e Di Maio non possono rendere il ponte crollato come sfondo per il loro teatro propagandistico, poi perde la misura e, anziché riflettere su quel che bisogna dire ad Autostrade per l’Italia, se convenire o meno con il proposito della revoca, fissa l’istantanea di un selfie – quello di Salvini con una signora ai funerali – che appare un atto vergognoso e barbarico.
Si deve alla ragione e al contegno di una ex deputata del Pd, Cristiana Alicata, che “sommessamente” consiglia al suo partito di riguardarsi tutta la scena e capire che in quel selfie Salvini è caduto senza colpe, per avere di nuovo il senso della estraneità del Pd al corpo sociale più numeroso, al cosiddetto popolo.
Però avere un partito perennemente imputato di essere nel torto, nuoce ai tanti suoi militanti e dirigenti che hanno passione e mostrano dedizione verso il bene comune. Nuoce persino al governo che ritiene così di gonfiare ancor di più il petto ed esondare dagli argini del contegno e della misura, giudicando i like su Facebook l’unica controprova attendibile alla sua azione. Avere un partito sistematicamente adagiato nel torto sviluppa una democrazia deviata, promuove una deriva plebiscitaria, assicura a chi ha oggi il potere assurde posizioni di rendita.
Voglio dire che il danno è incalcolabile per tutti, anche per chi è lontano da quel mondo o vi si oppone e l’avversa. Una società per azioni, come una srl, porta i libri in tribunale oppure dichiara estinta la sua missione.
Il Pd dovrebbe seguire l’esempio e capire che la reputazione per riconquistarla ha bisogno di una casa nuova, di dirigenti estranei alla storia recente, di volti inattaccabili e di decisioni anche drammatiche, anche definitive.