Io sono totalmente estasiato.
C'è una caterva di roba che non mi convince, ma quello che convince è... oltre.
Ho mollato la quest principale dopo poche ore, per vagare senza meta rapito da decine di possibilità inutili e bellissime. Quindi mi sono dato un obiettivo:
scalare a caso il picco ghiacciato a est. Un po' per il puro piacere dell'esplorazione - che questo gioco ridefinisce in modi inauditi - un po' perchè, dopo altre ipotesi rivelatesi errate, ho creduto che la mappa mi indicasse sulla sua cima l'ubicazione della fantomatica fonte della saggezza.
Ho recuperato una tunica antigelo in un modo che non ricordo, e do per scontato che rappresenti la soluzione definitiva al mio problemino con le montagne... ma non è così. Non basta, fa troppo freddo qui, e non possiedo nessuna pozione riscaldante.
Perchè sia chiaro subito che IO NON CUCINO.
[Finchè le forze me lo concederanno, stresserò le possibilità del gioco per andare avanti senza sfiorare con un dito quegli insopportabili pentoloni ammazza tempo-divertimento-passione].
Mentre l'energia scivola via come acqua di scolo nel vano tentativo di raggiungere un luogo più caldo, i nemici mi accerchiano, e l'arma che impugno si spezza contro il muso di un lupo delle nevi; sfodero per errore lo spadone Goron guizzante di fuoco, trovato tempo addietro nei meandri di un tempio nascosto, e che mi porto appresso con deferenza a un passo dalla rottura... ed ecco che di colpo il freddo scompare.
Possedevo della magia potente e non lo sapevo. Sono salvo. Dovrò portarlo sempre sulla schiena per riscaldarmi, senza scordare mai di sostituirlo con armi più umili ad ogni combattimento... Ma sono salvo.
Inizio quindi a corteggiare il monte da diversi lati, prima cercando di forzare il mio bravo pezzato sul versante est, lungo percorsi non a misura di cavallo, lottando contro canaloni di neve e dirupi, scivolando e saltellando al passo, cadendo, morendo, cercando vie pensate-non-pensate, per dovermi infine arrendere e abbandonare per sempre Macchia nella tormenta, col cuore a pezzi.
[A tal proposito si affaccia uno dei tanti peccati veniali del gioco: gli stallaggi sono comodi, ma mortali per la sospensione dell'incredulità. Un cavallo amato e abbandonato al suo destino produce un impatto emotivo da preservare con forza, Nintendo. Piuttosto permettimi di prendere a nolo cavalli anonimi alla bisogna; magari ronzini sfigati non lontanamente paragonabili al mio stallone selvaggio, ma sufficienti a coprire qualche buona distanza.
Lo so, chiedo molto, ma è un gioco pensato in un modo che ti spinge a esigere sempre di più, ed è solo un bene]
Quindi decido di saltare di rupe in rupe sul verticalissimo versante ovest, aggrappato ad ogni formazione di ghiaccio, centellinando il vigore che è di poco sopra il minimo, perchè penso di aver già chiarito a sufficienza che IO NON CUCINO.
E quindi indaga col binocolo, valuta ogni tratto in sospensione con oculatezza, arranca, cadi, conquista rialzo dopo rialzo al limite delle energie, per trovare infine... Il drago.
Quel drago lì, col suo carico di simboli e immaginario orientali mai così espressivi, immerso nelle nebbie e nella neve, blu malinconico e dolente, mentre la tempesta spazza i pini attorno, i lupi ululano poco lontano, il cavallo è perduto chilometri più in basso dove le lucertole cattive ti soprendono mimetizzate di bianco...
E accompagnati da quella musica lì.
[cosa non è il sound design di questo gioco? Eh? Ve lo devo chiedere di nuovo? COSA NON E' IL FOTTUTO SOUND DESIGN MINIMALE DI QUESTO FOTTUTO GIOCO^^]
Ed ecco che inizia una battaglia che non vuoi combattere, contro un nemico che vorresti invece celebrare, difendere, tuttalpiù voltargli le spalle e non saperne più niente, mentre lui non ti attacca mai in modo convicente ma neppure fugge, come scisso tra il suo eterno ruolo di protezione, la minaccia che rappresenti, e il male che tenta di dominarlo. In una sorta di rievocazione, omaggio e parossismo di quell'altro gioco là di quel Ueda là, a cui tutto questo Zelda deve un mucchio di rispetto (anche se di ritorno).
Così ti ritrovi a volteggiare appeso nel nulla, sorvolando vallate boscose, planando tra sbuffi di vento gelido e il silenzio ovattato delle nevi perenni, rimandando l'inevitabile, scoccando sporadiche frecce poco convinte che fanno più male a te che a lui, nella speranza che l'entità malvalgia finalmente lo abbandoni... Ma non basterà, e per portare a compimento il tuo e suo destino dovrai infliggergli anche il colpo fatale. O forse no.
E il senso dell'avventura non ha mai avuto una A così maiuscola.