l'ho spiegato, non siamo pesci, ci adattiamo quasi immediatamente. Il fatto che il 100 per cento lo abbia considerato formativo lo dimostra. E neanche è valido secondo me il concetto del "stai fuori, hai maggiore stimolo ad acquisire una migliore posizione lavorativa". Quella è questione di indole.
L'indole non può nulla se non è solleticata dalla necessità.
Un tempo, in particolari fuori dall'Italia, era la famiglia che ti impartiva il sempre ottimo calcio nel culo invitandoti a cercar fortuna. Al giorno d'oggi questo non accade più e siamo anzi alla scomparsa del costrutto morale in virtù del quale una persona dovrebbe trovare la sua indipendenza non appena possibile. Questo, unito alla (per conto mio disgustosa) tendenza a rifiutare lavori e mansioni manuali/pratiche, finisce col sfornare intere generazioni pronte ad abitare un improbabile pianeta popolato da due uniche classi sociali, gli avvocati e gli esperti di comunicazione.
Ciò che una persona può fare per evitare questo triste fato è atterrare nel mondo vero il prima possibile (il che non significa "non laurearsi", eh), e irrobustire per bene la spina dorsale. Anche perché è solo nel mondo vero che ti rendi conto di tutta una serie di cose, ad esempio:
-se con la tua ipotetica anima gemella è solo una storiella o se il rapporto è "vero", a prova di convivenza quotidiana
-se oltre a studiarlo, il lavoro per cui ti sei preparato ti piace anche farlo
-se in un posto si può vivere o non si può vivere
tutte cose che se le capisci a 40 anni sei fottuto.
Inoltre aggiungo una cosina che però io considero importante: da quando vivo da solo (dal 2006 cioè), ho completamente riscoperto il rapporto con i miei genitori. Prima era una coabitazione in cui ovviamente c'era affetto ma anche forzature, tensioni, invasioni di campo ecc
Adesso c'è un limpido rapporto tra adulti che si vogliono bene e ogni volta che si cena insieme (a casa mia o a casa loro) è una piccola festa.