Ma Neon, tu che mi risulti essere il più "nippon-oriented" del gruppo come definiresti le visual novel?
Io ne gioco tante, probabilmente è il mio genere preferito e sappiamo entrambi che spesso e sovente si tratta di un genere pensato per un pubblico adulto.Di fronte a giochi che propongono esperienze ludiche da lettura testo che fanno dalle 30 alle 50 ore, si parla ancora di videogioco o stiamo parlando di un ibrido (tra romanzo,videogioco e fumetto) e come tale i concetti espressi nella puntata valgono ma fino ad un certo punto?
Premetto che, come ci è stato fatto notare anche in un commento sul sito del podcast, abbiamo colpevolmente lasciato fuori moltissime produzioni nipponiche.
È effettivamente un peccato, perché l'industria Giapponese è sempre stata più aperta verso tematiche così "scomode".
Tornando alla tua domanda: mi piacciono moltissimo le visual novel, soprattutto se integrano del gameplay oltre alla storia come ad esempio molte produzioni di Spike Chunsoft.
Sono effettivamente prodotti ibridi ma personalmente li considero videogiochi al 100%, quindi avremmo dovuto includerli nell'analisi.
In questo caso ci siamo limitati alle produzioni occidentali, rendendoci conto che in queste il coraggio di toccare temi scottanti è ancora limitato.
Ricordo ancora con un po' di nostalgia un numero di GX di circa 12 anni fa, in cui si spiegava la escalation del videogioco per adulti in Giappone, di come le cose siano profondamente cambiate negli anni '90 e come Sega con il Saturn abbia rappresentato per anni il porto franco delle produzioni adulte giapponesi su console. Il Dreamcast si è allineata alla politica del tempo di Sony e Nintendo, ma tutto ciò denota come quello che anche tu hai detto, come noi occidentali siamo rimasti indietro da questo punto di vista, mentre in nippolandia si sta a parlare di alti e bassi culturali e di ere ludiche.
Personalmente ti dirò, non mi dispiace affatto che siamo rimasti indietro, perchè temo la contaminazione culturale.
Ciò che apprezzo tanto delle visual novel è il fatto che dagli anni '80 fino ad adesso sono rimaste fortemente incentrate sui gusti e gli usi giapponesi. Un prodotto pensato da e per i giapponesi, con tutto il carico culturale che ne consegue.
Considerando il pacchiano-hollywoodiano che esportiamo dal cinema alla letteratura, fino al videogioco, secondo me questo divario per ora fa bene ad entrambi.