"Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. E invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d'impugnarne la certezza." B. Pascal
Non l'abbiamo chiesto, ma siamo qui. Il sole arde nel cielo terso e quatti mediatiamo su quel che rimane di un tappeto di rocce sedimentarie clastiche. Appena apprendiamo l'arte del movimento non ci resta che iniziare il viaggio. Non sappiamo dove, non sappiamo perché, non sappiamo quando, ma sappiamo che noi siamo poiché parliamo. E' una lingua sconosciuta, un monosillabo semplice, come ultima forma della sofisticazione, e vacuo, ma potente nella sua evocazione, che porta con sé tutta la forza del nostro essere poiché unico e inimitabile: per quante entità incontreremo nessuno parlerà come noi, per quante analogie troveremo nei nostri simili non ne troveremo nessuno che sia un nostro perfetto equivalente. Forti di un'identità affrontiamo il primo periglio, una duna che ci occlude la visione del domani. Impavidi scaliamo il piccolo dosso e come per magia l'orizzonte si dipana davanti a noi in tutta la sua rubiconda ampiezza. Ci dona non solo la visione del domani, ma quello che intuiamo sia segretamente il nostro scopo: una montagna che lambisce il cielo, squarciata da un fendente di luce. Nessuno ci dice cosa sia, ma nel nostro intimo sappiamo che quella è la meta, l'obiettivo e lo scopo, poiché senza scopo, noi non saremmo li.
Inizia il viaggio, ci lasciamo trasportare da segnali di una vita che fu. Ne calchiamo i sentieri, ne contempliamo i ricordi, osservando nel silenzio le loro memorie che assurgono dal vello di sabbia dorata. Non sappiamo se sono un monito o un incoraggiamento, non sappiamo darci ancora spiegazioni, non sappiamo ancora teorizzare, non abbiamo ancora consapevolezza se non di noi stessi e questo è un bene, poiché il sole illumina il nostro spensierato cammino e accompagna il nostro incedere sulle ceneri di un passato che non comprendiamo appieno.
Ma noi siamo il nostro passato e non tarda l'animo di chi ci ha preceduto a contribuire a formare la nostra persona. Anime di ricordi, storie di molti, lasciano il segno su di noi ampliando la nostra cognizione, la stoffa del nostro essere, contribuendo a farlo più grande poiché "l'Io diviene mediante il Tu"*. Sulla scorta della loro esperienza ci libriamo più in alto, arricchiti dal loro contributo e continuiamo ad incedere nel viaggio unico della nostra storia più agevoli, più consci di noi stessi.
Come in tutti i viaggi è impossibile non incontrare qualcuno e come in tutti gli incontri è impossibile non comunicare. Noi lo facciamo, in una struttura autopoietica, che rinnova se stessa attraverso l'interazione col prossimo, che arricchisce se stessa di nuove forze e caratteri, nella volontà di proseguire da soli o nella volontà del reciproco aiuto, nella densità e nel peso che l'aggregazione dona al nostro animo. In questi incontri diamo vita a un linguaggio unico, trasmettiamo essenza con un unico simbolo timbrico, è la nostra parola, non solo il panno acustico che riveste l'idea e l'emozione, ma una sola cosa con esse. Felici del connubio avanziamo col contributo del passato di altri, poiché solo se siamo stati possiamo essere e se noi non eravamo allora altri furono per noi, in questa congiuzione, in questa consapevolezza, in questa compenetrazione di esistenze e di passati si crea il nostro cammino e il nostro percorso verso lo scopo ultimo.
E' tutto questo una testimonianza di un tropismo sociale, una forza insita nella natura dell'essere che ci inclina verso gli altri, che furono o che sono, e che ci indica nel sodalizio la modalità più autentica della nostra esistenza. Sarebbe povero il viaggio senza nessuno con cui condividerlo, tanto meno il raggiungimento di un paradiso completamente vuoto. Ma questa comunione non è assoggettazione dell'Io all'omolagazione del plurimo poiché ognuno avvertirà il viaggio attraverso la propria unicità, tutti andremo incontro a quella montagna per il proprio sentiero seppur condiviso, tutti sotto il medesimo cielo, ma ciascuno con il suo proprio orizzonte.
Più ci rendiamo conto della sostanza di cui è composto il manto che calpestiamo con esili gambe, più la nostra consapevolezza aumenta e la più la nostra visione del reale è accresciuta, più funestamente i colori diluiscono convergendo dal caldo al freddo, il sole lascia spazio alla luna, la luce alle tenebre, in una discesa verso un precipizio di cenere, un traverso orizzonte che fa tramontare la spensieratezza che accompagnava la nostra ingenuità e la nostra beata ignoranza, attraverso paesaggi cangianti che riachiamano l'esperienza degli elementi fondamentali dell'esistenza.
Ma non possiamo fermarci, non possiamo abbandonare il viaggio, poiché cosa siamo noi se non lo scopo che ci anima? Allora non demordere è più importante che non fallire. Morire senza aver vissuto è morire due volte. Avanziamo nel diaccio, lentamente, faticosamente, indefessamente poiché "Aspera sic itur ad astra" consci che nel nostro viaggio non abbiamo vissuto 'tra' non abbiamo vissuto 'con', ma abbiamo vissuto 'per', non siamo stati monadi privi di valenze aggreganti, abbiamo condiviso, abbiamo imparato, abbiamo auscultato, non abbiamo vissuto del gelo che ora spezza il nostro cammino e il nostro volo... ne è valsa la pena... ci dissolviamo... sublimati dalla nostra breve esistenza.
E qui inizia l'apoteosi, la nostra trasfigurazione, l'ascesa verso il cielo, la nostra beatificazione, la realizzazione del nostro scopo, non raggiungendo la vetta, abbiamo raggiunto la vetta. E quando si diventa dei, non c'è altro e più importante atto creativo che dare o donare la vita, disseminiamo il nostro essere per farne assurgerne un altro che possa imparare da ciò che siamo stati, per vedere il futuro attraverso i suoi occhi e affinché egli veda il passato attraverso ciò che siamo stati in grado di donargli, una nuova vita, un nuovo simbolo, una nuova parola che possa essere pronunciata in quel vello dorato che ausculterà un nuovo ed unico suono... un altro vero viaggio. Poiché il rapporto col vero non è né solitario né esclusivo: o si va verso la verità insieme o non è l'amore della verità che spinge o guida.
*Martin Buber