MOON di Duncan Jones
Nel prossimo futuro, l'energia per vivere sulla Terra viene dalla Luna.
Solo qui infatti può essere estratto l'Helium 3 ed è questo il lavoro che da tre anni svolge indefessamente Sam Bell, l'unico astronauta presente sulla base lunare. L'unica compagnia è offerta da Gerthy, un supercomputer che lo accudisce e governa le principali funzioni della stazione. Sam sta per tornare sulla Terra: ha terminato i tre anni di permanenza previsti dal contratto firmato con la compagnia che lo ha assunto come “harvester” e sta per riabbracciare la moglie Tess e sua figlia di tre anni, Eve. Quando mancano solo due settimane alla partenza verso la Terra, Sam comincia a stare male sia fisicamente che mentalmente: allucinazioni, deliri, incubi, visioni diurne sono accompagnate da emorragie e perdite di memoria. Mano a mano che il tempo passa, la situazione degenera, ma Sam scopre, suo malgrado, che per tutto questo c'è una precisa ragione...
Esordio col botto per Duncan Jones, figlio di David Bowie al quale Trudy Sytler (moglie di Sting), qui in veste di produttrice, mette in mano una telecamera e una sceneggiatura con lode e bacio accademico. Da questa atipica contaminazione "pop" nasce il miglior film sci-fi del 2009 e forse degli ultimi cinque anni. Una storia di solitudine, angoscia, redenzione, scoperta, libertà e umanità. Il twist, l'unicio e forse nemmeno troppo inatteso, arriva quasi subito, nemmeno a metà film, ma la tensione permane tangibile per tutta la pellicola.
Gli universi spazio temporali di Guerre Stellari e Star Trek vengono smaterializzati, dissolti e ricostruiti in un film di fantascienza "possibile", nel quale l'unico elemento in-credibile è proprio il protagonista, un meraviglioso, eccezionale, straordinario Sam Rockwell che firma la performance della vita. I suoi duetti con Gerthy, saggiamente fatto doppiare da Kevin Spacey, un Hal 9000 buono, materno e comprensivo che si esprime tramite emoticon (protagoniste della sequenza più toccante del film), il suo tenere in piedi da solo l'intero film per 90 minuti, il suo duettare con sé stesso, durante le allucinazioni che sconvolgono la sua mente sono, a essere ingenerosi, da Oscar. Moon è terribilmente claustrofobico ma diventa immeditamente il manifesto programmatico di tutti coloro che vogliono girare film di questo tipo: Jones utilizza due ambienti in croce e ricostruisce (meravigliosamente) gli esterni lunari con meno di 5 milioni di dollari e qualche modellino iperrealistico ma sa essere sempre credibile, tangibile, diretto. Moon si tiene lontano da digressioni filosofiche, pur omaggiando in ogni momento 2001, per abbracciare un messaggio più concreto e comprensibile. La fantascienza al suo meglio.
in sala (poche, è un' uscita tecnica) dal 4 dicembre.