Bad timing, I know… ma meglio tardi che mai, no
?
Qui le risposte a tutti i tuoi dubbi. E mi raccomando, prima di uscire dalla pagina, lasciami anche tu un insulto nei commenti, ché a 100 vinco uno zainetto griffato giopep.
Letto e apprezzato, analisi lucida, precisa, che talvolta sfocia in un’arringa appassionata, volta a mettere in luce i valori principe di un prodotto diffusamente bistrattato. Come sai, non concordo su alcuni presupposti e corollari concettuali del discorso, ma, nel complesso, la tua è una dichiarazione d’amore e quindi è un bel leggere, anche a prescindere dai punti di vista
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Doverosa nota di merito a Giopep e ai patron di Outcast, che hanno mostrato rara onestà intellettuale e amore verso il pluralismo di opinioni nell’ospitare un approfondimento tecnico in disaccordo con l’opinione espressa nella recensione ufficiale. Ho sempre trovato questo tipo d’iniziative (così come le doppie review) molto interessanti, in quanto lasciano più spazio all’analisi personale e, al contempo, forniscono una valutazione maggiormente poliedrica, sfaccettata, del prodotto.
Il punto è che *tutte* le recensioni parlano di NG3 come di un gioco drasticamente peggiorato da NGII, mentre la verità è che a fronte di un ridimensionamento quantitativo (meno armi, mosse e nimpo), sono stati corretti tanti limiti strutturali di NGII. Inoltre, dopo la Russia e il Sudamerica di NGII, lamentarsi dei livelli di NG3 è follia pura. NGII aveva alcuni livelli memorabili, ma anche altrettanti osceni. In NG3 sono tutti belli. Non hanno praticamente nessun risvolto platform, ma la qualità media delle situazioni è altissima.
La mia opinione dettagliata in merito all’estetica mi pare di avertela girata in MP, ma per riprendere il filo del discorso, si diceva…
Riguardo all’estetica dei primi due episodi. La grandeur barocca e soprassatura di colori, che sfocia le kitsch, è una direzione artistica che può non piacere, ma è una direzione artistica, dove la mano autorale è ben visibile e il concetto di scelta iconografica marcato. Quest’ultimo può portare a una figurazione che non incontra il gusto di tutti e sicuramente definisce un concetto di ‘bello’ sui generis, ma è uno stile e molto ben studiato, che, tra l’altro, traduce in maniera amorevolmente ‘poetica’ la grafica 8 bit originale, con attenzione alle scelte/limiti di colore del NES (pensa alle superfici organiche sbrilluccicanti in fuxia o in viola acceso) e anche a quell’ingenua ma affascinante miscela di elementi tipicamente giapponese anni Ottanta (mostri abbinati a militari e a ninja, location che spaziano da New York alla dimensione infernale, passando per templi antichi… la medesima del NES). Per quanto riguarda l’estetica dei personaggi, per esempio, se vedi l’OAV di Ninja Gaiden prodotto durante gli anni Ottanta, tra spie, mutanti e commando, ti rendi conto dell’appassionata cura filologica seguita da Itagaki e del come sia riuscito a modernizzare quell’iconografia senza snaturarla, rendendola, al contempo, personale.
A questo si somma il come l’estetica degli ambienti restituisce l’organicità del level design, in tal senso ricorda il pezzo di ‘Venezia’ in cui sali sulla fortezza del licantropo e ti trovi su una terrazza dove puoi osservare l’intera città e ricostruire tutto il percorso tracciato sino a quel momento, come fosse una VERA terrazza che si affaccia su una VERA città che hai appena visitato, non uno sfondo. Una cosa del genere non mi sembra di averla mai vista prima in un action game e, dal mio punto di vista, onore al merito.
Ora, ripeto, l’approccio può piacere o meno, chiaro. L’estetica, al netto degli aspetti tecnici, è in buona misura soggettiva e, di conseguenza, si possono avere opinioni diverse in merito, ma parlare di “follia pura” mi pare un’esagerazione, dai
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Il Sudamerica stesso non lo vedo proprio come un orrore: cammini sull’acqua distruggendo al volo droni e schivando razzi, salti tra le palafitte per finire i commando, giri come Trazan per la foresta amazzonica fino a cadere nella buca di un verme gigante, esci tra rovine precolombiane bagnate da un acquitrino e popolate da demoni con un cannone assurdo, sfoci sulle cascate dell’Angelo (or sort of) per fiocinare draghi immensi, poi scendi in un tempio infernale, guizzi su un fiume di sangue, che scorre in una foresta pietrificata, sino allo scontro con una demonessa-falena. È un caleidoscopico delirio kitsch, follemente estetizzante, desideroso di stupire e spiazzare, vario tanto nella forma quanto nell’interazione… e qui non parlo solo di elementi platform, l’ho spiegato e ribadito, ma di rapporto analogico con un ambiente frastagliato, che fa della versatilità atletica e della profondità marziale di Hayabusa un unicum creativo, in grado di portare l’action game su un altro livello, mai visto prima.
Per me questo è stato l’elemento migliore introdotto da Itagaki e l’ho sempre apprezzato esplicitamente, nero su bianco, sin dal primissimo
Ninja Gaiden per Xbox. Che tu o altri lo riteniate marginale, superato o eliminabile, è legittimo, ma che in questo campo
Ninja Gaiden 3 operi una sottrazione radicale rispetto al passato (perciò snaturante, a livello di dinamiche complessive) è innegabile. In tal senso, il disappunto da parte di chi ritiene l’aspetto in questione centrale e caratteristico della serie mi pare assai motivato. Anche a fronte del come questi elementi sono stati risolti nel terzo episodio, ovvero in maniera blindatissima, tramite QTE mal congeniati e peggio integrati, che spezzano il ritmo dell’azione, andando a detrimento del comparto su cui il gioco punta di più, ovvero quello del combattimento liscio. Anche quelle abilità atletiche che sono state formalmente conservate risultano integrate in maniera scriptata nel level design e disgiunta dal resto dell’azione. In ogni caso non si tratta di un impoverimento meramente quantitativo, ma soprattutto qualitativo, che incide in maniera non indifferente sui lineamenti del game design nel suo complesso. All’indomani di prodotti come
Batman: Arkham City, mi aspettavo che un
Ninja Gaiden 3 ambisse ad approfondire ed espandere in maniera creativa quel dialogo con l’ambiente creato da Itagaki.
Pure sulle componenti dell’inventario, come la varietà di armi, di ninpo e il potenziamento graduale di combo, arsenale, magie e salute, è stata fatta un’operazione sottrattiva, che tu stesso ammetti. Anche in questo caso, dici che sono il retaggio di un game design obsoleto, l’epurazione di orpelli inutili… è legittimo, again. Ma, al contempo, non è un’aberrazione se esiste chi rintraccia in seno alla medesima struttura quegli elementi che, uniti al level design ‘interattivo’ e alla natura eterogenea degli avversari, infondono uno spessore ‘tecnico’ tout court al prodotto, definendo, alla fin fine, l’action game in quanto tale. Non mi dilungo oltre su questo punto, ché l’ho già discusso qualche pagina fa in questo topic.
Per queste ragioni, a me
Ninja Gaiden 3 pare, appunto, più un picchiaduro a scorrimento, molto tecnico, sì, ma tecnico nel sensu stricto del combat system. Sono pignolo a sottolinearlo? Forse, però è una constatazione che mi viene dal giocato, da quando mi guardavo intorno in cerca di risorse/soluzioni ‘altre’ e mi trovavo circondato solo dal perimetro di un’arena, dove persino l’appoggio sui muri non è permissivo come in precedenza. Non puoi far altro che combattere e combattere… e farlo bene (ché ad Hard, già verso la metà della run, ti devi guadagnare il terreno con un certo impegno). Non ho mai negato che quest’impostazione generale stimoli l’approfondimento del combat system e che abbia una sua coerenza interna, sebbene pensi che alcune dinamiche legate allo Steel on Bone potessero essere addolcite, per esempio attraverso una telecamera più funzionale a trarre miglior profitto dalla chain, una volta che è partita. Poi sono convinto che la dedizione, la pratica e la passione possano limitare al massimo queste ‘zone grigie’ e costruire un’esperienza di combattimento robusta, articolata, gratificante.
Tutto ciò significa migliorare in toto i due prequel? Direi che siamo proprio su un altro genere, con un altro respiro e un’altra vocazione, ma, anche in questo caso, l’amarezza da parte di chi non vedeva nel solo combat system la raison d’etre dei giochi precedenti mi pare più che motivata. Per dirlo con un paragone un po’ ardito, è come se
Tomb Raider diventasse di botto un third person shooter.
Chiudo ritornando al punto di partenza, con l’estetica, stavolta inquadrata in ottica disgiunta dal level design. Tu dici che la Russia di
Ninja Gaiden II è IL male, qui concordo, ma ospita praticamente quegli stessi elementi che connotano il leitmotiv figurativo del terzo episodio, fatto di ambienti e personaggi più realistici, a tema metropolitano o militaresco, con un’ombra di sci-fi futuristico. In
Ninja Gaiden 3 il tutto è esacerbato da un maggiore verismo rappresentativo, in linea con scelte cromatiche atte a privilegiare tonalità livide, cupe e non squillanti. Per chi, come detto all’inizio, apprezzava il design originale, questa declinazione lascia per lo meno perplessi, è come passare da
Devil May Cry (ma più trash) a
Metal Gear Solid (ma meno elegante)… esteticamente parlando, ovvio.
Di fronte a questa rielaborazione ho provato a tratti un’ombra di nostalgia, soprattutto rivedendo l’aggiornamento di alcuni scorci dei prequel, tra i quali alcuni del Sudamerica stesso, riproposti in Ombre del Mondo (il fiume di sangue, con quei toni più cupi, mi ha intristito, è diventato quasi anonimo). Poi, sinceramente, a me l’estetica, in generale, pare poco ispirata e scarsamente varia, sarà proprio per la vocazione verso un maggiore realismo e una certa sobrietà, che stride sferragliando con i pomposi barocchismi d’Itagaki (i quali, nel bene o/e nel male, colpivano l’occhio), ma non ho rintracciato comunque notevoli guizzi di creatività, né elementi che mi abbiano particolarmente stupito… quei pochi che provano a farlo alla vecchia maniera (come la ‘kumo onna’ gigante) mi hanno comunque lasciato tiepido, sembrandomi a loro volta fuori contesto in questa nuova impostazione.
Con ciò non mi sembra di aver demolito, lapidato o ingiustamente maltrattato
Ninja Gaiden 3. Si tratta di un’analisi personale e priva di ‘rant’, davvero, semmai un po’ amara, ma questo è coerente con quel che ho gradito dei primi due episodi e che qui non ho trovato rappresentato (perciò, tantomeno evoluto). Non ho negato, né nego tuttora, la bontà o l’appetibilità del titolo in sé per chi ama l’action incentrato sul combat system. Quindi giocone? Sì, ma lo dico proprio a denti stretti, ché
Ninja Gaiden 3 ha fatto di tutto per non farsi amare da chi ha apprezzato a trecentosessanta gradi la struttura action dei due prequel (e da chi ha apprezzato la struttura action a trecentosessanta gradi dei due prequel). In sintesi, per me Team Ninja ha vestito Haybusa con un nuovo completo stiloso, ma che gli sta anche un po' stretto.
Grazie dell’attenzione, ora siete liberi di scaricarmi addosso i ninpo che volete, ché non sono tra i fan sfegatati del gioco… ma tenevo comunque a chiarire il mio punto di vista indipendente, assai diverso per motivazioni e pensiero da quello degli hater
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