Visto che recentemente il buon David Pajo è tornato all'onore delle cronache (seppur a causa di vicende troppo tristi per essere ulteriormente narrate), anche quello che (secondo me) è il suo capolavoro solista è tornato nel mio lettore CD.
Un disco del quale non si è mai parlato moltissimo, uscito in una fase (il 2001) dominata da ben altri fermenti epperò... Epperò che meraviglia questa musica modernissima ma al contempo pregna di ancestrale conoscenza della tradizione americana.
Folk ora spettrale ora corale, qui scarnamente acustico là epicamente elettrico, venato di Blues e trafitto dal Country, emotivamente intensissimo e graziato da una libertà di forme e strutture mai fine a se stessa e da una sottile vena psichedelica.
Con il ricordo degli Slint ben saldo nella mente e il santino di John Fahey sempre nel taschino, là, vicino al cuore.
Brani magnifici e strazianti, come l'iniziale Over Jordan e, soprattutto, l'epopea Sabotage, che congiunge occidente ed oriente come solo al grande vecchio di Takoma (e a pochi altri eletti) era riuscito con simile efficacia.
Bellissimo. Il lato cascione del Post Rock.