Vediamo cosa dice l'intervistato nell'articolo:
Sono consapevole, come ho già segnalato sopra, dei profondi limiti di questa soluzione e penso che coloro che la attaccano dovrebbero proporre soluzioni alternative che vadano nella stessa direzione egualitaria.
Se non offrono altre opzioni e si limitano a riproporre l’obsoleto ‘maschile neutro’, retaggio dell’atavica subordinazione delle donne rispetto agli uomini, devo dedurre che dietro alle pur legittime obiezioni estetiche si nasconda un atteggiamento ostile alla parità tra i generi e più in generale all’evoluzione della società in senso paritario e antidiscriminatorio.
Dunque non dice che se non usi l'asterisco sei sessista, ma che forse sotto sotto lo sei se continui imperterrito a usare il maschile neutro nel rivolgerti a un pubblico anche femminile, senza cercare un'alternativa che più ti aggrada. E nell'articolo ne propone un'altra* già in uso (il raddoppio).
È piuttosto diverso
Esempio, il solito:
Se non ti piace nero puoi usare di colore. Oppure afroqualcosa, o quello che ti pare.
Se invece continui a usare negro perché "nero è un colore, suona male, si fa confusione, whatever", il dubbio che dietro l'obbiezione estetica si nascondano del razzismo o dell'ipocrisia, più o meno consapevoli, è logica stringente.
Paragone improponibile, per un discorso di
logica stringente.
E il fatto che tu parli di
logica stringente dopo aver partorito una fallacia logica inequivocabile è, per quanto mi riguarda, agghiacciante, come altri interventi dello stesso tenore.
L'inglese non ha molte parole "gendered", al di fuori di quelle relative al maschio e alla femmina di specie animali, create per ragioni di ovvia differenza biologica quando andavamo in giro con gli attributi al vento.
La maggioranza delle lingue neolatine invece ha parole gendered per quasi tutto, e la maggioranza di queste ha perso il genere neutro molto tempo fa. L'imbarazzo che l'inglese prova di fronte a termini gendered venuti da altri lingue, per puri motivi di pelosa correttezza politica, farebbe tenerezza, se non l'avessero trasformato in una bomba atomica socio-politica.
Non (voler) capire che usare un maschile generico risparmia, allo scrittore quanto al lettore, lo scomodo, illeggibile, fastidiosissimo (non) obbligo di scrivere "il/la signor/a si è recato/a presso il/la figlio/a per portargli/le" ecc ecc, è perverso.
Volerci vedere dietro, quasi necessariamente, un intento denigratorio, è ai confini della paranoia (e oltre, per fin troppe persone al mondo).
Il paragone con un termine universalmente accettato come dispregiativo è disonesto.