Riesumo questo thread perché mi sembra il più vicino alla questione che voglio affrontare.
$60 for a Game in 2014 Is "Insane," Former Bulletstorm Dev SaysThe Astronauts: "In 2014, $60 for a game is a little insane"La 7th gen (2005-2013) è stata la prima generazione di console ad offrire videogiochi a prezzo variabile; per così dire, "modulato" sul valore del gioco.
Ma da dove deriva quel valore?
Chi ha deciso quanto valgono i giochi commercialmente?
Sicuramente il mercato PC, sempre più strettamente compenetrato con quello console, ha influito molto sulla percezione del "prezzo giusto". I PC gamers duri & puri si sono ritrovati a giocare la stessa roba che c'è su console, e molti consolari hanno cercato su PC prestazioni superiori, senza dover rinunciare alla vastità della ludoteca. Molti hanno potuto godere di entrambi i tipi di piattaforma. E questo, unitamente a Steam & compagnia, ha scosso la vecchia concezione di valore e di prezzo.
Però. Secondo me, almeno su console, il prezzo "giusto" è stato, originariamente, imposto. Dai publisher.
In seguito, i giocatori hanno cominciato a formarsi opinioni su che cosa "vale" e che cosa "non vale" un determinato prezzo.
Per Scorreggione, Castle of Illusion Remastered non "vale" 15 euro; ne "vale" 12.
Ancora nella 6th gen, se avessimo potuto pagare 15 euro un tie-in o un gioco su licenza dedicato a un pubblico infantile, i videogiochi avrebbero avuto maggior successo tra le mamme.
Se però, nella 6th gen, quel gioco su licenza fosse stato della qualità di Castle of Illusion Remastered, i giocatori esperti avrebbero sicuramente detto che a 15 euro era regalato. E l'avrebbero comprato per sé, non per i nipotini.
Se andiamo a calcolare l'inflazione, i giochi NES e SNES costavano anche di più dei 60-70 euro che paghiamo oggi per un gioco nuovo, boxato, di uno sviluppatore/publisher di rilievo.
Va anche considerato che, all'epoca, la maggior parte dei giochi avevano un valore "percepibile" molto simile. Se non era proprio un gioco di merda, buggatissimo e ingiocabile, come facevi a dire che per esempio SMB3 "valeva" più di MegaMan 2?
La differenza di prezzo, in realtà, nei negozi è sempre esistita.
Super Mario Land 2 costava 55.000 lire, laddove la maggioranza dei giochi Game Boy ne costava al massimo 45.000. Fu poi in epoca Pokémon che arrivammo a 70.000, forse persino 80.000.
Ricordo che Street Fighter 2 SNES uscì tra le 179.000 e le 199.000, mentre Yoshi's Island e DK Country viaggiavano tra le 160.000 e le 170.000, e invece MegaManX ne costava 120.000.
Oggi, ci vuole del revisionismo bello e buono per dire che MMX "vale" 40.000 lire in meno di quegli altri giochi.
Ma che cosa determinava queste differenze?
Oggi, la Virtual Console di Nintendo non fa distinzioni. E mette allo stesso prezzo SMB3 (1988, tra i giochi tecnicamente più incredibili per NES) e giochi come Donkey Kong e CluClu Land (1983, primordi del Famicom, addirittura pre-SMB).
E questo fa incazzare me come tutti gli altri.
Eppure... Castle of Illusion Remastered. Duck Tales Remastered. Davvero "valgono" così poco, agli occhi degli acquirenti? In questo caso non parliamo di giochi vecchi. Parliamo di giochi fatti oggi, con la tecnologia di oggi. Un gioco simile non "vale" 15 euro?
È condivisibile: un gioco da 60€ deve avere un valore "percepito" di 200€.
Ma è questo che ha rovinato i VG.
Aumentare artificialmente il contenuto con filler e DLC e/o pompare l'aspetto tecnico, aumentando il budget a dismisura, per aumentare il valore "percepito" e "giustificare" i 60€.
Risultato: salvo i giochi con imponente aspetto multiplayer, nessuno compra più a prezzo pieno, e persino la metà del prezzo pieno è "troppo".
Non c'è da stupirsi che il single player stia scomparendo.
Ma del resto sembra un bene: se è vero che il 70-80% dei giocatori non finisce i giochi (immagino che si intenda la modalità single player), allora l'unico modo per farti continuare a giocare e non farti pensare di aver buttato i soldi è darti la possibilità di giocare ogni giorno, per un anno (o due, dipende da quando esce il sequel), con altre persone. Così stai comprando un abbonamento, un abbonamento a prezzo stracciatissimo: all-you-can-play per un anno, o più!
E poi giochi con production value stellari e contenuti di eccelsa qualità, tipo Rayman Legends, già ancor prima di uscire vengono etichettati come giochi da recuperare nel cestone delle svendite.
Pur essendo giochi che davvero "giustificano" il prezzo di partenza.
Ma non nella percezione generale.
The Last of Us sì; Rayman Legends no.
Da quel che ricordo, i semi di questa situazione sono stati piantati da PS2.
PS2 era la console che aveva tutto.
Era la console dove la sperimentazione ha raggiunto il picco.
Chiunque poteva produrre giochi che prima erano impensabili - tecnicamente, concettualmente, commercialmente - e i giochi venivano pubblicati. La massima espansione del gioco giapponese in USA; in Europa arrivava roba che pochi anni prima avremmo dovuto comprare import, al 130% del prezzo originale.
È stato lì', credo, che almeno in me è realmente nata la percezione del diverso valore dei VG. Perché, finalmente, me ne potevo permettere di più, certo; ma anche perché c'era veramente di tutto, e non aveva proprio senso che tutto uscisse allo stesso prezzo.
Katamari Damacy "vale" quanto Ico che "vale" quanto Final Fantasy X che "vale" quanto RE4 che "vale" quanto Mr Mosquito che "vale" quanto SOCOM che "vale" quanto MGS2 che "vale" quanto Zettai Zetsumei Toshi?
Certamente no.
Nella 7th gen, un titolo come Ico non sarebbe mai, mai, mai uscito a prezzo pieno. Non sarebbe nemmeno uscito boxato, almeno in occidente. In Giappone stava su un CD-Rom; già solo leggere quello, nella prospettiva odierna, sarebbe bastato a declassarlo a titoletto DD da 15 euro. E non avrebbe avuto il seguito che ha. Non a caso, il remaster HD è uscito a 30 euro pur includendo 2 giochi, e perfino molti nostalgici hanno aspettato i saldi sul PSN.
La PS2 si è ritrovata nella scomodissima posizione di avere tutto, ma quasi allo stesso prezzo. Ed era evidente che non poteva continuare così. Ma PS2 non aveva il DD, e non c'era il mercato di adesso. Pertanto, sono certo che alcuni, come me, su PS2 hanno giocato meno di quanto possibile, per questo motivo. Da parte mia, ho poco amato PS2 anche per questo. C'era troppo, ed espandere i propri gusti costava troppo, perché di sicuro, da una prospettiva economica, non compravo Katamari se nello stesso periodo usciva un titolo che oggi chiameremmo AAA.
Tuttavia, su PS2 c'era la particolarità che la maggior parte dei titoli, sia tradizionali che sperimentali, condividevano bene o male lo stesso livello tecnico. I titoli con production value alla MGS3 erano pochissimi.
Il modello di mercato attuale, applicato ad una situazione del genere, avrebbe aumentato le vendite di qualsiasi gioco, incentivando ulteriormente la sperimentazione e l'innovazione. Non dovevi spendere tantissimo per un gioco AAA, tecnicamente parlando; i giochi AAA se la giocavano in gran parte sui contenuti, e non tanto sui lustrini e la colonna sonora orchestrale, come oggi. I giochi "minori" non sfiguravano troppo, tecnicamente; semmai, erano gli AAA che lasciavano tutti indietro in un enorme calderone di titoli buoni, anche ottimi, ma privi di quell'eccezionalità tecnico/contenutistica che richiedeva, non tanto grandi budget, quanto grandi designer e grandi team. Non erano Katamari o Maximo a valere di meno, erano MGS, RE4, FFXII ad essere alla portata di pochissimi. La forbice qualitativa non era ampia come oggi, seppure emergessero già differenze di valore.
Con l'avvento del modello attuale avremmo potuto avere un mondo dei VG veramente democratico, ma è successo qualcosa: il balzo quantico dell'HD.
Improvvisamente, non era più possibile per tutti giocare sullo stesso piano.
Improvvisamente, il gioco AAA richiedeva budget pazzeschi e tempi di sviluppo prima impensabili.
Quello che prima si distingueva per un polish d'eccezione, ora doveva anche (o solo) sfruttare il massimo dei massimi della tecnologia, altrimenti poteva essere un buon gioco, ma tecnicamente era "da PS2" (ciao, Demon's Souls!) e quindi non valeva meno, ma MOLTO meno.
E, nemmeno tanto pian piano, ai contenuti di gioco si sono sostituiti i production value.
Che cosa stai pagando, coi tuoi 60 euro?
Che cosa "vale" davvero i tuoi 60 euro?
Se nemmeno una roba allucinante, che su console tocca i 1080p inarrivabili per quasi tutti, come Rayman, "non vale" 60 euro?
E laddove sono solo i production value, ormai, a distinguere un titolo AAA single player, per il multiplayer non sono necessari.
Il sub-HD di Call of Duty "vale" 60 euro al day one; li "vale" di più di un engine grafico pazzesco che gira a 1080p.
Non c'è un "e quindi?" in questo post.
Non offro soluzioni, innovazioni, conclusioni.
Dico solo che se il sistema di prezzi attuale fosse esistito nella 6th gen, avrei giocato di più, più volentieri, scoprendo cose nuove, e senza rimetterci in qualità tecnica.
Oggi, se voglio giocare qualcosa di innovativo, è vero che magari costa poco, ma quasi certamente ha una grafica da SNES, oppure è artisticamente un guazzabuglio hipsteriano con influssi a metà tra Andy Warhol, Salvador Dalì e la Venere degli Stracci, con colonne sonore techno-trance, pieno di autoreferenzialità e citazioni gratuite dal mare magnum della pop culture 1977-oggi, e in generale troppa voglia di essere "alternativo". Per tacere del mobile gaming e del suo design quasi sempre forzato e grottesco fin dall'icona.
La forbice dei prezzi ora è più ampia, ma lo è anche quella tecnica. E tra le due non c'è stretta correlazione.