Autore Topic: [Libri] Ragazza con paesaggio - Jonathan Lethem  (Letto 737 volte)

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Ultimamente sono alla ricerca di autori nuovi, autori che non ho mai letto e di cui non conosco niente. Dopo Jonathan Carroll ho scoperto un altro Jonathan, che fa di cognome Lethem. E che scoperta...!

Se pensate di aver letto autori capaci di caratterizzare alla perfezione le proprie creature, i personaggi dei loro libri intendo, beh, non avete ancora letto Lethem. Questo bastardo, in questo romanzo, riesce a far sembrare veri, fottutamente reali, i bambini che ci vivono. Con le loro paure, le gioie, i giochi, il piacere delle scoperte, tutto, tutto, tutto.
E li fa muovere in una scena molto particolare, quella di un altro pianeta, il pianeta degli Archisti.

Non posso rovinarvi le sorprese e i momenti più intensi del romanzo (che sono poco dopo l'inizio e alla fine), ma vi garantisco che Lethem è un uomo straordinariamente sensibile e dotato, in grado di farvi rimanere a bocca aperta per quanto meravigliosamente è in grado di usare le parole.

Anche il finale è in tono con il resto: si ha il sentore di qualcosa, ma non si riesce ad intuire in anticipo l'enorme portata degli avvenimenti che accadranno. Non ci sono trucchetti, deus ex machina: è semplicemente Lethem che gioca, anche con crudeltà, con le proprie creature.

Il libro è edito da Marco Tropea Editore e costa 13 Euro.

Vi riporto l'incipit. Già in queste poche parole potete rendervi conto della bravura di Jonathan Lethem.

Citazione da: "Jonathan Lethem"
Madre e figlia lavoravano insieme per vestire i due bambini, infilandoli dentro le mute. I piccoli gli sgusciavano fra le mani, eccitati, impazienti, gli occhi che fuggivano a destra e a sinistra. A tratti quasi mugolavano di piacere. Stavano andando in spiaggia tutti e quattro e i loro corpi dovevano essere perfettamente coperti dal sole. I bambini non c'erano mai stati. La ragazza sì, una volta sola. Se ne ricordava appena.
La ragazza si chiamava Pella Marsh.
La famiglia stava per andarsene lontano, in un posto impossibile. Era la distanza stessa a inquietarli, quella distanza che dovevano ancora percorrere. Era come un contagio, che aveva invaso lo spazio della loro famiglia. Quindi la gita alla spiaggia era un pretesto, una piccola spedizione per evitare di parlare di quell'altra spedizione più grande.