Questo discorso su "il mondo" che deve prendere in considerazione il videogioco come medium maturo, "forma espressiva umana" o non so che non ha sostanza: qual'è il soggetto? Chi deve prestare attenzione, dare dignità al videogioco? La TV? Le accademie? Marzullo? Il videogioco è già considerato con tutti i crismi da chi si interessa al videogioco. Gli altri, quelli che parlano per sentito dire, non hanno nessuna voce in capitolo, e anche se parlano lo fanno senza che la loro voce abbia alcun peso in un discorso fatto col cervello.
Per cui non c'è da andare come un nintendogs all'attacco del culo da leccare di qualche estabilishment per dare "dignità" al videogioco, c'è gente che considera l'atto stesso del giocare immaturo e degradante, ma che valore può avere una posizione del genere? Fortunatamente Miyamoto è considerato un genio, Mario 64 un capolavoro e una pietra miliare, e solo un ignorante può mettere in discussione il valore artistico di queste opere. Così come solo un ignorante può davvero mettersi a sezionare opere cercando di dividere gli aspetti che le compongono nel tentativo assurdo di compararli, decontestualizzandoli con elementi analoghi addirittura di altri medium, non solo di altre opere. Tipo comparare una Maserati con un cavallo, una torta al cioccolato con uno sformato di carciofi, una sinfonia con un pezzo grindcore.
Queste cose hanno, comunque, un'origine. Lpf, mentre ti ostini a cercare di fare parallelismi tra la critica cinematografica e quella videoludica, rifletti sull'inutilità di quest'operazione. La "critica cinematografica" non la si può considerare un unicum, una recensione di Variety ti dice se un film avrà successo commerciale, una di Ciak cerca di dire allo spettatore pagante se è il caso di portare soldi alle casse dei nostri cinema per vedere un film, una di Duallanti cerca di trovare delle cose da dire del film, in generale. Quest'ultima è critica e basta, le altre sono propaggini di un sistema di commercio: la stampa e il cinema sono interdipendenti, e che un certo cinema vada bene, che lo star system funzioni, è importante anche per le riviste, che si basano sugli stessi giri economici. Allora cominciano le forzature: le mitiche classifiche dei 100 film più belli della storia: critiche allucinanti che comparano il nuovo di Boldi e De Sica a Cronemberg inventando una specie di sfida natalizia tra qualità e divertimento decerebrato... tutte cose utili per dare una direzione a gente che usa il cinema come diversivo nella propria vita, ma dal punto di vista critico sono assolutamente inconsistenti, perchè sono mediate dalla necessità di far comprare la cosa. E' da lì che nasce il voto, da lì che arrivano cose tipo "pollice alto e pollice basso", è lì che c'è bisogno di usare criteri assoluti come "bello e brutto". E' un criterio di catalogazione, non critico.
E nel cinema una cosa del genere non è manco troppo complessa, perchè la narrazione cinematografica è abbastanza standardizzata. Tre atti, due ore circa, un protagonista, conflitto, sfida e risoluzione: comunque giri la frittata, la stragrande maggioranza dei film si basano sullo stesso scheletro, e per far capire allo spettatore se ha senso spendere i soldi, basta cercare di valutare la qualità della realizzazione di questo canovaccio. Non a caso i giudizi di questa "critica/catalogo" riguardo alle opere meno convenzionali sono molto contrastanti storicamente, Kubrick è solo uno degli esempi più eclatanti. Per non parlare delle cinematografie straniere: l'uso di un linguaggio realmente diverso mette a maggior ragione in crisi il sistema "bello/brutto", perchè molto dipende dall'impossibilità di percepire il fluire del film in maniera spontanea, viste le barriere culturali.
La critica/catalogo, che ha preso piede soprattutto nell'ultima metà del secolo, è divenuta praticamente l'unica critica del videogioco per motivi storici. Ma il problema è che i videogiochi
da sempre sono tutti diversi tra loro: lo stesso termine "videogioco" è semplicemente una categoria commerciale da scaffale: serve, e molto, perchè permette al consumatore di non confondersi e comprare senza mal di testa, ma di fatto comprende cose mostruosamente diverse sia nella forma che nella struttura, in una maniera ben più radicale rispetto al cinema, anche se si considerano contrasti tipo "fiction/documentario". E' un calderone inadeguato per definire la complessità del medium: si potrebbe dire che alcune opere di fatto appartengano a medium diversi. Alla critica/catalogo serve lo stesso gruppo di banalizzazioni e semplificazioni da scaffale per orientare il consumatore: arrivano quindi le pagelle grafica/sonoro/giocabilità/longevità/sarcazzità, che hanno anche, senza grande colpa, influenzato i giocatori stessi nel percepire "a scomparti" il videgioco, cosa che nelle altre arti non è mai successo sul serio perchè per fortuna nessuno ha pensato di criticare un film parlando di "sceneggiatura/regia/costumi/recitazione/musiche" e la musica per "armonia/melodia/ritmo", per quanto volendo si può fare, tutte le cose del mondo nascono da una somma di tante parti. I vostri discorsi (Lpf e Giobbi) nascono da un malinteso, o da una deformazione data da anni di UNA critica (non de LA critica), che cercava di fare più o meno onestamente un lavoro di diffusione del prodotto-videogioco, in primo luogo.
Però, sul serio: se dobbiamo discutere seriamente di qualcosa, mettiamo via voti, confronti assurdi, teorie strampalate, scale di valore da catalogo e altro, perchè non serve. E quindi, quando uno si trova davanti
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un Path of Neo che ludicamente sia quello che è, ma che extraludicamente, come opera, sia capace di veicolare e restituire al fruitore tutto quello che può veicolare ed offrire la trilogia cinematografica...
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Non è che deve usare la motosega e tranciare giudizi
a meno che non sia il suo rulo perchè fa parte della linea editoriale di quello a cui collabora, ma può tranquillamente dire che "ludicamente sia quello che è, ma che extraludicamente, come opera, è capace di veicolare e restituire al fruitore tutto quello che può veicolare ed offrire la trilogia cinematografica..."
E siamo a cavallo. Perchè cercare di capire se questo sia "bene o male" non è critica, è catalogo.