La Higashimura, 5 serie in corso, è proprio come si disegna in Kakukakushikajika,
perennemente in tuta e con i capelli tirati in quel modo.
Be’ quando si veste normalmente e scioglie i capelli ha il suo bel personalino, anche se parlando di charme delle autrici di manga, per i miei gusti, nessuno nel cosmo conosciuto e anche in quello esplorato solo dalla USS Enterprise batte Kyu Hayashida.
Cioè, una che ti fa sola soletta una roba come Dorohedoro, con quei disegni e quella sceneggiatura così unica e delirante, e poi te la vedi con cappellino fedora, occhialetti, maglietta con DUE COLONNE VERTBRALI UMANE stampate sopra e la felpa dello Spiritello dei Gyoza…
ti trovi travolto da una roba nel complesso così weird che te la sposeresti su due piedi
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Tornando in topic, qualche flash su alcune delle mie letture attuali:
Soil: finalmente Atsushi Kaneko torna nel nostro Paese, dopo le ottime antologie pubblicate da D/Books anni fa e Bambi lasciato incompiuto da Kappa Edizioni. Torna, soprattutto, con la sua opera a più ampio respiro e maggiormente sottile. Un incubo delizioso e affascinante, un Twin Peaks in versione giapponese e sotto LSD, impreziosito dal tratto unico e bizzarro di Kaneko. Un Must.
Franken Fran: altra opera cult della weirditudo nipponica che sbarca felicemente in Italia. Una sorta di versione horror-gore di Black Jack, ricca di elementi stravaganti oltre ogni limite, ma dove (analogamente all’illustre manga ispiratore) ogni storia, malattia e cura sono un’allegoria (molto) colorita di alcuni aspetti controversi della natura umana. Manga delizioso nella sua semplice efficacia, capace d’intrattenere e, allo stesso tempo, innescare qualche riflessione.
La Fortezza dell’Apocalisse: opera sulla scia delle varianti nippo-weird delle infezioni zombi, à la I Am a Hero per intenderci. Agile e convincente, con alcune trovate assolutamente fuori di testa, anche se non raggiunge il succitato manga di Hanazawa per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi e non si attesta sui livelli di weirditudo offerti da altre opere analoghe, come Magical Girl of the End (vedi sotto).
Magical Girl of the End: altro manga su infezioni assurde zombie-like, come solo i giappi sanno fare. Stavolta si tratta di grottesche bambole mutanti in stile gothic lolita, ognuna con un suo ‘gimmick’ specifico che introduce trovate tanto folli quanto raccapriccianti. Il bello sta proprio nel contrasto tra le creature bislacche e il gore estremo, quasi si trattasse di una versione manga dei film di Nishimura e Iguchi, come Mutant Girls Squad. Certo, i protagonisti umani sono caratterizzati un po’ con l’evidenziatore, ma anche stykatzy dico io, visto che è roba da escapismo puro e assolve bene il proprio compito.
Exoskull Zero: meno viscerale e ‘di pancia’ rispetto al precedente Il Destino di Kakugo e la cosa che mi piace maggiormente di Yamaguchi è proprio la sua dirompente visceralità. Per ora è un’opera più composta e strutturata, interessante ma un filo meno coinvolgente se paragonata a Kakugo, sebbene sia presto per giudicarla, anche perché potrebbe impennarsi improvvisamente, come il precursore, innescando un’escalation delirante. Nel complesso, resta comunque un ottimo seinen. Sempre presente il leitmotiv del bushido, che, declinato ancora una volta nel contesto postatomico con mutanti ed esoscheletri meccanici, fa sempre la sua porca figura. I disegni sono ottimi, dinamici, con il notevole livello stilistico-tecnico raggiunto nel tempo da Yamaguchi e già mostrato nell’eccellente Shigurui.
As Gods Will 2: avevo cominciato con la prima parte quasi per scherzo, prendendolo un po’ come Assassination Classroom: un manga easy all’ennesima potenza da leggere sul trono… ma presto tutto sfocia in una sorta di versione weird di Battle Royale, con note di sottofondo che richiamano il classico letterario Il Signore delle Mosche (soprattutto nella seconda parte), e non mi stupisco che sua maestà Miike ne abbia voluto curare l’adattamento per il grande schermo. Miscela vincente di assurdità, splatter, drama e risvolti psicologico-morali, che, pur con qualche semplicionata shounen, ti tiene incollato alla storia pagina dopo pagina e ti consegna infine una metafora salace del sistema scolastico, e di conseguenza sociale, nipponico.
Per la serie coitus interruptus, contentissimo che Panini abbia riproposto e completato l’eccellente
Dragonhead, saranno dieci anni che ne attendevo la ri-pubblicazione compiuta, idem per il seminale
Kiseiju, recuperato da Goen, sebbene l’edizione non mi esalti più di tanto (formato, tipo di carta, numero di pagine per volumetto). Quella precedente di Phoenix non era certo più lussuosa, ma risultava almeno più fedele ai tankoubon originali. Poi con Goen sto con il sederino stretto finché non lo vedo finito, ché dopo Freesia fermo al settimo volume da non so quanto, non si è mai sicuri di arrivare alla conclusione
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