Dopo cinque anni di insostenibile silenzio sono tornati i Massive Attack.
Invero "E'" tornato, poichè dell'originario trio è rimasto solo un elemento, quel Robert Del Naja - 3D - responsabile di tutte le suggestioni indotte dai precedenti dischi, soprattutto Mezzanine, catalizzatore di suadente brutalità e angelica purezza.
Questo 100th Window (titolo ispirato ad un libro che tratta della privacy internettiana) rappresenta fino al midollo l'umore, sempre più pessimo, di questo controverso artista.
Incerto se ripercorrere le vie di Mezzanine (What Your Soul Sings è quasi un sequel di Teardrop) oppure guardare verso nuove strade, il disco si muove lungo atmosfere funeree e lugubri, sostituendo la potenza viscerale delle chitarre con una dose massiccia di elettronica, mirata come forse non mai ad instillare nell'ascoltatore un senso di angoscia e paranoia difficilmente descrivibili.
L'album chiede di essere ascoltato rigorosamente in cuffia, per poter assaporare le sonnacchiose e dilatate stratificazioni della produzione, maniacale e minuziosa come sempre.
100th Window è il respiro glaciale di 3D nei padiglioni auricolari, è una fredda, distaccata contemplazione di un mondo devastato e folle, osservato dal calduccio della propria abitazione, socchiudendo la finestra accortamente per non far entrare troppo freddo...
Special Cases, forse l'antisingolo per antonomasia, dopo una sinistra apertura di campanellini si getta in uno scenario disegnato da un lento giro di basso, pervaso da spettrali droni macabri che accompagnano per mano la voce della brava Sinead O Connor (guest-star di lusso), terminati i 5 minuti del viaggio, mi sento come trapassato dalla mano dell'oblio... Svuotato, attonito.
Di nuovo bellezza, malinconia e devastazione si alternano come sfaccettature contrastanti nel lavoro dei MA: What Your Soul Sings eleva verso un'atmosfera dolcissima, composta da cristallini loop di arpa immersi in un tappeto di ampissimo respiro, dove si stende benvolentieri Sinead, sussurrando il motivo sottovoce, con estrema delicatezza.
Butterfly Caught e Antistar offrono atmosfere indiane al cantato sofferto di 3D, puntando verso artisti come Talvin Singh e Nitin Sawhney, ma tenendo fede ad un rigore retro-elettronico quasi da anni ottanta, la tecnologia ha perso qui ogni fascino e suggestione avveniristica per favorire un'esplosione puramente emotiva e globale.
Il momento più ispirato del disco è probabilmente rappresentato dall'incredibile suite di Everywhen, un minimale viaggio elettronico sorretto da un epico loop di chitarra appena accennata. Qui troviamo ancora la voce di Horace Andy (già apprezzata nei precedenti lavori), funzionale esclusivamente alla maestosa, architettonica progressione musicale. Il brano avanza fiero lungo quasi 8 minuti di eccellenza sonora, rappresentando forse il punto più alto della dub glorificata dal gruppo di Bristol.
Altro brano degno di menzione è Prayer For England, che vede tornare in azione Sinead per un brano di denuncia dal bellissimo testo, che si avvale di soluzioni musicali particolarmente care a chi ha amato Bluelines (album d'esordio): basso incalzante e carico, percussioni sostenute ed una generale atmosfera ruvida quanto elegante. Qui riconosciamo la splendida energia viscerale della cantante irlandese, che accantona le delicatezze per offrire una performance più decisa e carismatica.
In conclusione una splendida opera degna dei precedenti lavori, seppur non rappresentando un capolavoro (poichè comunica con un linguaggio non troppo dissimile dal precedente), il parto di 3D è ben lontano dalla release di maniera, così come le tante soluzioni mainstream che imperversano nel nostro mercato.
Un cd alienante e alienato, immerso in una sistematica e compiaciuta malinconia, talvolta opprimente e doloroso, da vivere esclusivamente nell'intimo per vivere uno spicchio del nuovo secolo in musica, senza confini.