Autore Topic: [PS2][XBOX] Red Dead Revolver  (Letto 2090 volte)

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Offline Kintor

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[PS2][XBOX] Red Dead Revolver
« il: 07 Nov 2004, 19:45 »
Da quando il 3D ha soppiantato definitivamente il 2D, e le potenzialità di calcolo delle diverse console hanno iniziato a permetterlo, diversi videogiochi sono stati realizzati in maniera da far compiere al gameplay di un determinato genere balzi da gigante.
Pensate a HL, a MGS, a Shenmue.
Prodotti che hanno centrifugato le meccaniche standard, ampliandone largamente gli schemi e spostandone in là i confini. Talvolta anche invadendo il territorio di altre tipologie di giochi, finendo col riunire dentro di sé diversi generi accessori, che quando ben amalgamatigli possono dare vita ad un capolavoro che rivoluziona il genere principale. E così, tali prodotti creano nuovi standard per il gameplay di quel genere.
Talora, invece, la casa produttrice preferisce limitarsi ad affinare uno standard consolidato, raffinandone gli schemi al punto da creare comunque qualcosa di straordinario, perché seppur non espande i confini di un genere, fa toccare allo stesso vette di eccellenza prima solo immaginate. Pensate in questo caso a Ocarina Of Time, a Halo, a Ninja Gaiden.
Ecco, RDR è un titolo che probabilmente, se fosse uscito alcuni anni fa, sarebbe davvero un bel gioco. Se fosse stato creato prima che Kojima configurasse l’odierno metro di paragone dell’action game cinematografico, RDR si potrebbe considerare un grande gioco. Se fosse uscito prima che DMC ridefinisse i contorni del pure action game, RDR sarebbe un grande gioco. Ma peccato che sia arrivato sugli scaffali solo nel 2004, e che il giocatore oggi pretenda quindi ben altro.
A dispetto della piacente introduzione, dove lo stile Rockstar trasuda di frame in frame, e dell’elegante menu a tema western, sotto la cartina tornasole troviamo uno sparacchino in terza persona senza grandi pretese, che punta spudoratamente tutto sull’insolito scenario in cui è ambientato.
Rockstar ripropone con frequenza i noti cliché dei film western, senza però mai avventurarsi nella farina del proprio sacco, e compiendo il madornale errore di lasciare sempre il giocatore con un palmo di naso proprio quando una situazione o una cut-scene ben realizzata inizia a gasarlo e a persuaderlo di imminenti variazioni di gioco o altre significative novità. Errore a mio avviso, ripeto, madornale, perché il grande game designer sa quando deve alimentare l’acquolina in bocca al giocatore, e quando invece deve spingere sull’acceleratore con le novità ludiche.
Limitazione che tuttavia viene sufficientemente offuscata da una a tre ore di gioco, a seconda del vostro amore per i semplici sparacchini in terza persona e della suggestione che sa esercitare su di voi uno scenario tanto originale (in ambito videoludico, ovviamente) ed evocativo.
La prima sparatoria, la prima fucilata in pancia, le prime compravendite al negozio in cui tra un livello e l’altro si può accedere hanno indubbiamente il loro sapore.
Subito tornano alla mente sequenze memorabili di cui strepitosi interpreti furono Lee Van Cleef, Gian Maria Volonté, e soprattutto Clint Eastwood (sulle cui sembianze è stato modellato Red, il protagonista del gioco). Un sistema di controllo complesso ma non oppressivo aiuta a calarsi nei panni di Red senza doversi soffermare eccessivamente sui comodi tutorial disseminati nei primi livelli. E la rilettura Rockstar del bullet-time riesce a nasconderne l’ormai nauseabondo abuso grazie sia all’incremento scenico che produce l’utilizzo di questa tecnica da parte del giocatore, sia alla buona implementazione della stessa nel gameplay. I duelli fuori dal saloon non potrebbero essere più divertenti ed appaganti.
Il fascino del Vecchio West interviene a salvare la baracca anche nelle frequenti cadute di qualità che oberano la meccanica di gioco: al termine della breve ma intensa sparatoria (con tanto salvataggio di sceriffo dal boss di turno) che interessa uno dei primi stages, si viene catapultati sul tetto di un treno in corsa, a scansare i marrani che ci puntano e ad evitare di cadere giù dal vagone per un contatto con uno dei ripetitivi ostacoli posti lungo il percorso...E tuttavia, poterlo finalmente fare anche in un videogioco gonfia l’animo di soddisfazione.
Ma è pur sempre cosa da poco. La ventina di stages da percorrere per assolvere l’esperienza (sempre che di esperienza sia lecito parlare) non serve tanto ad aggiungere punticini alla voce Longevità, quanto a tediare ulteriormente il giocatore sbadigliante dinanzi ad un titolo che non solo non riesce a decollare, ma neppure dà mai la sensazione di provarci. Come già detto, un’opera che edifica ogni suo auspicio di intrattenimento sul fascino dell’ambientazione: questo è Red Dead Revolver.
E quando l’occhio si abitua al buon design di cui ancora una volta è autrice Rockstar, quando il pollice destro non sente più aria di nuovo nell’inizialmente gaudiosa estrazione dell’arma durante i duelli, emergono definitivamente tutte le carenze di un titolo che con la manna ludica dei MGS, dei Ninja Gaiden, dei Prince Of Persia, non ha nulla da spartire.
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